
Magic
Primavera-estate 2022
in copertina:
Letizia Battaglia, Ospedale Psichiatrico. Via Pindemonte, Palermo, 1983 (ristampa 2016). Courtesy MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Collezione Fotografie del MAXXI
Tutti i contributi pubblicati in questo numero sono stati sottoposti a un procedimento di revisione tra pari (Double-Blind Peer Review) ai sensi del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, ad eccezione dei testi presenti nelle rubriche Citazione, Inserto e Racconto.
ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-0817-9
DOI 10.1400/289275
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Il mondo reale vive e coabita con l’onirico, il surreale, il sogno, il simbolo, il mito, la favola, la magia. Se ciò che è concreto può apparire chiaro, misurabile, dimensionabile, oggettivo e razionale, comunque, a volte, qualcosa sfugge. Una vasta bibliografia e un’immensità di opere da secoli inseguono quel qualcosa in fuga, quella scia, quell’intangibile che può alterare la realtà. Riti di attraversamento dello spazio, misteri che offrono inalienabili profondità temporali alle scene, architetture tatuate di simboli o impostate su figure e forme capaci di costruire connessioni, città il cui senso e significato non si esauriscono nel dato oggettivo: la magia è il nesso impalpabile tra la realtà e altro, è cercare una possibilità nell’esistente.
Autori
Sara Marini (Editoriale); Franco Purini (Editoriale); Luigi Ghirri (Citazione); Cherubino Gambardella (Progetti); Carlos Casas (Progetti); Michel Carlana (Progetti); Petr Stolín, Alena Mičeková, Filip Šenk (Progetti); Redazione Vesper (Racconti); Luca Porqueddu (Racconti); Massimo Crispi (Racconti); Adelita Husni-Bey (Racconti); Andrea Gritti (Saggi); Emanuele Garbin (Saggi); Ilaria Bussoni (Saggi); Luka Skansi (Saggi); Superstudio e Luca Galofaro (Inserto); Michela Bassanelli (Archivi); Stefano Pifferi (Viaggi); Milo Adami (Viaggi); Angela Squassina (Tutorial); Kevin Benham (Dizionario); Demetra Vogiatzaki (Dizionario); Sonia D’Alto (Dizionario); Damiano Di Mele (Dizionario); Giuseppe Caldarola (Dizionario); Esther Giani (Dizionario).
Indice
Abstract e contributi in accesso aperto
Sara Marini
Magic
Il mondo reale vive e coabita con l’onirico, il surreale, il sogno, il simbolo, il mito, la favola, la magia. Se ciò che è concreto può apparire chiaro, misurabile, dimensionabile, oggettivo e razionale, comunque, a volte, qualcosa sfugge. Una vasta bibliografia e un’immensità di opere da secoli inseguono quel qualcosa in fuga, quella scia, quell’intangibile che può alterare la realtà. Riti di attraversamento dello spazio, misteri che offrono inalienabili profondità temporali alle scene, architetture tatuate di simboli o impostate su figure e forme capaci di costruire connessioni, città il cui senso e significato non si esauriscono nel dato oggettivo: la magia è il nesso impalpabile tra la realtà e altro, è cercare una possibilità nell’esistente.
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Franco Purini
Attendere una magia
La parola magia ha più di un significato. All’interno di un elenco approssimativo e limitato essa indica qualcosa di impossibile e di straordinariamente sorprendente che si avvera; la trasformazione di una lontanissima potenzialità in un atto; un mistero che ci ha perseguitato nel tempo il quale, improvvisamente, si fa chiaro; un mondo fantastico, desiderato e sognato, che si rende fisicamente attuato, come il realismo magico di Massimo Bontempelli.
Per me la magia si identifica, nel modo più forte e durevole, e quindi determinante, nella metamorfosi, vale a dire nella mutazione incessante dei viventi ma anche delle entità non viventi, queste apparentemente sempre le stesse. La principale opera di Ovidio ci rivela che è proprio questo il continuo modificarsi del mondo in tutti i suoi aspetti, compresi quindi quelli umani, il principio che consente al mondo stesso di esprimersi nel tempo. Anzi, ciò che chiamiamo tempo è proprio la metamorfosi, un’ideale ma anche concreta successione di trasformazioni che rendono la vita un incrocio incommensurabile e pluridimensionale di accadimenti, di cambiamenti successivi che fanno di ciascuno di noi altrettanti labirinti animati. Labirinti mobili che camminano dentro una serie di labirinti stabili, e sempre più grandi, in un viaggio senza limiti, un coinvolgente non finito.
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Luigi Ghirri
Il paese dei balocchi
Breve estratto da Luigi Ghirri, Il paese dei balocchi, in Idem, Niente di antico sotto il sole. Scritti e interviste, a cura di Francesco Zanot, Quodlibet, Macerata 2021, pp. 51-52.
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Cherubino Gambardella
La casa magica
Ci sono molte ragioni per fare un’architettura che si riservi un ambito di magia togliendosi di dosso il peso di essere responsabile di aumenti di anidride carbonica nell’aria, di incrementi degli scarti di lavorazione, di immani produzioni di rifiuti a valle dei processi di demolizione per produrre nuova cubatura.
Il mare magico, la pozza interna degli accadimenti simultanei avvenuti senza cigolio è il luogo concettuale dove attingere a forme senza tempo, sagome intense e popolari, che ci portano a rimbalzare tra le forze misteriose di uno specchio liquido unico e prodigioso. Braudel ce lo racconta triste e pieno di traffici, Eliot doloroso e contemporaneo con l’annegamento di Fleba il fenicio, Matvejević denso come un uovo, Pamuk interminabile come il labirintico svolgersi della sua Istanbul. Questo fantastico lago salato ha una vita troppo nota per non riferirsi a quegli architetti dell’“eterno presente” che fin qui ho evocato come in una seduta spiritica.
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Carlos Casas
Chid/Avalanche. L’architettura domestica vernacolare nel Pamir, le sue dimensioni cosmologiche e magiche e la sua trasposizione in un progetto audiovisivo
Avalanche è un progetto di impegno a lungo termine dedicato a Hichigh, uno dei villaggi abitati più alti del Pamir in Badakshan, Tajikistan. Partendo dalla cosmogonia delle tradizioni locali e dalla loro musica, è sia un’installazione audiovisiva che un progetto architettonico che rispecchia, traspone e distilla i concetti della casa tradizionale pamiri o Chid. È un lavoro multiformato, una ricerca etnografica estesa e un film, basato e ispirato dalla millenaria ricchezza spirituale della regione e dalla sua ecologia umana e geografica, una meditazione audiovisiva sulla scomparsa e il trascorrere del tempo, così come l’inarrestabile valanga della civiltà. Il progetto si propone di convertire l’ambiente spaziale e cosmico di una casa pamiri, uno spazio che può essere trasformato dalla sua funzione rituale in mezzi contemporanei di scambio rituale, utilizzando proiezioni, suoni, luce, calore, temperatura, fumo, odori e altre possibili espressioni architettoniche e scultoree. Avalanche intende occuparsi delle dimensioni fisiche e spirituali del suono, attraverso la musica tradizionale ma anche e soprattutto di come le pratiche contemporanee incarnino i metodi e la musica tradizionali per incanalare nuove pratiche di guarigione e, talvolta, altre più esoteriche.
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Michel Carlana
Wunderkammer. Una camera e alcune reali illusioni
Wunderkammer, letteralmente “camera delle meraviglie” o “cabinet of curiosities”, è un termine solitamente utilizzato per indicare l’ambiente di una residenza destinato a raccogliere artefatti ed esemplari rari. Wunderkammer è, prima di tutto, un concetto di luogo. Un vasto e articolato dispositivo per comprendere ed esibire la realtà e, non per ultimo, per incantare il pubblico osservante.
La trasposizione di significato della locuzione Wunderkammer, termine in una certa misura “domestico”, se amplificata di senso e applicata ad un ambito differente, trasforma ciò che solitamente è ordinario in ciò che non lo è: una piccola e piacevole opera di prestigio; un gioco, una specie di incanto teatrale di un mago.
La scuola di musica di Bressanone è un progetto urbano, prima ancora che architettonico, un’opera che prova ad approfondire i significati delle parole “camera” e “vuoto” e tenta di riscrivere il modo con cui si osserva quanto ci circonda. Wunderkammer è, in questa scuola, un momento di astrazione (e, in alcuni casi, di straniamento) concesso a chi passeggia per la città e svelato a chi si affaccia dai molti varchi dell’edificio. Un modo differente di guardare quello che ci circonda, una piccola e infantile illusione.
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Petr Stolín, Alena Mičeková, Filip Senk
Blur
Progettato come un evento architettonico complesso, l’edificio dell’Asilo Nová Ruda enfatizza il ruolo dinamico dell’abitare. L’edificio è un intenso microcosmo che si trattiene e rimane sobrio nella forma e nel colore per lasciare ai bambini che lo abitano e lo percorrono lo spazio per esplorare le potenzialità della fantasia, costruendo nuove e inaspettate relazioni. Grazie al suo velo esterno il progetto gioca con diversi accorgimenti che continuano a valorizzare l’esperienza spaziale, propone grandi viste aperte, alti soffitti, ma anche ambienti più piccoli e nascondigli. Non è solo l’atto di sfumare in sé a essere stimolante. Queste relazioni sono il mezzo per incantare il mondo, perché riescono a trasformare delle distanze prive di significato in qualcosa di personale ed esistenziale. C’è anche un’intimità che nasce dall’esperienza individuale di scegliere come muoversi negli spazi interni. Qui sta la magia: percepire lo spazio in un luogo che è tanto delicato da poter contenere un movimento così potente.
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Redazione Vesper
Un percorso d’ombra e un altare che brucia. Steilneset Memorial di Peter Zumthor e Louise Bourgeois
Racconto del Memoriale di Steilneset alle vittime della caccia alle streghe, progettato dell’architetto Peter Zumthor e dell’artista Louise Bourgeois nel Finmark a Vardø, Norvegia tra il 2001 e il 2011.
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Luca Porqueddu
Oltre il Continente della Ragione
Solcando il Mar Tirreno, oltre il Continente, è possibile ipotizzare un viaggio lungo le coste e nell’entroterra della Sardegna. Dall’incontro accidentale di luoghi, architetture, riti, oggetti e situazioni, l’inspiegabile umano e naturale invita i viaggiatori ad abbandonare le inoperanti categorie della ragione per essere nuovamente “dominati dalle illusioni”.
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Massimo Crispi
Colloquio sentimentale
In un gelido parco invernale il protagonista del racconto si ritrova, senza volerlo, ad ascoltare nella nebbia uno strano colloquio di memorie sentimentali e non. Ma coloro che dialogano non sono persone in carne e ossa. L’atmosfera magica e grottesca viene improvvisamente interrotta da una presa di coscienza da parte sua.
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Adelita Husni-Bey
La seduta
Estratto da Adelita Husni-Bey, THE READING, 2017, installazione all’interno del Padiglione Italia Il mondo magico, a cura di Cecilia Alemani, 57. Esposizione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia, Venezia 2017.
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Andrea Gritti
Da Firenze a “Psicon”. Cronache di un viaggio all’interno e all’intorno dell’architettura
I nove numeri e i due quaderni pubblicati a Firenze dalla rivista internazionale di architettura “Psicon” sono le principali testimonianze di un’impresa culturale interrottasi in circostanze analoghe a quelle che l’avevano promossa. Tra la fine degli anni Sessanta e la seconda metà degli anni Settanta, la Facoltà di Architettura di Firenze si era trovata al centro di un intenso movimento di docenti, che, durante la contestazione studentesca, avevano avviato ricerche sperimentali o, al contrario, le avevano dovute interrompere. Tra i professori, sottratti alla paralisi didattica della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e reclutati a Firenze, c’erano Eugenio Battisti e Marcello Fagiolo, che, nell’estate del 1974, si erano uniti a Marco Dezzi Bardeschi per dare avvio a un progetto editoriale “ingegnoso” e “fecondo”. Stimolati da circostanze singolari e fortunose, i tre fondarono la cooperativa “Psicon” e il centro studi Ouroboros. L’emblema che scelsero per suggellare il loro sodalizio fu la versione piranesiana del “re serpente”, nel quale il rettile che si morde la coda incrocia gli strumenti dell’arte: un compasso, un carboncino, una penna d’oca, un pennello.
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Emanuele Garbin
Promontorium somnii: il bordo invisibile dell’architettura
Il disegno d’architettura è da sempre e per lo più un disegno di contorni, e ogni contorno è un limite tra quello che si vede e quello che non si vede: in quanto tale il disegno necessariamente partecipa del visibile e dell’invisibile. Nel contorno si vede innanzitutto il visibile – non sempre tutto il visibile, e non ogni volta lo stesso – ma su quel bordo ci si può disporre a pensare e a “vedere” anche l’invisibile e l’incomprensibile. L’invisibile preme il disegno dall’interno – e allora a premere è quello che non si vede dentro e sotto i contorni che si chiudono – e dall’esterno, ed è quello che non si vede dietro o davanti al disegno e al piano su cui l’immagine si compone. C’è l’invisibile che sta poco dentro o poco fuori della cornice del disegno: quello che sta fuori è escluso dall’intenzione che inquadra l’oggetto, quello che sta dentro è occultato dall’attenzione e dall’evidenza stessa dell’oggetto. C’è finalmente il limite estremo del visibile e del comprensibile, ed è il cerchio dell’orizzonte centrato sull’oggetto e il soggetto della rappresentazione, e di quella porzione di mondo che li contiene entrambi.
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Ilaria Bussoni
Conoscere senza sapere. Il cantiere estetico del fare mondo
Il reincanto sembra essere la premessa contemporanea di qualunque pensiero dell’emancipazione. Diversamente dal passato, quando la critica allo stato di cose muoveva le leve della causalità a partire da numeri e misure, quando la teoria sociale della trasformazione si pensava in analogia al motore e la previsionalità della salvezza o della dannazione era calcolabile, la reazione al presente sembra richiedere un incipit di tutt’altro tenore. Non sorprende dunque che il sensibile sia la cornice di riferimento dentro la quale si riconoscono esperienze del fuori, prassi di nuove alleanze con il vivente o persino l’inorganico che si configurano come alternative sovrapposte e mischiate all’ontologia prevalente. Alterità radicali, ma non totalizzanti. E non è un caso che il giudizio estetico – proprio perché relazionale e conoscente – sfoci in un ribaltamento del canone prevalente e nel superamento della convenzione. Tra le pratiche giardiniere, il reincanto si darà non per l’estasi dei profumi o l’impatto dei colori dei fiori, ma nella capacità di fare mondo a partire dalla percezione sensibile di essere parte di una medesima forza vitale.
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Luka Skansi
Spazio, magia e ricordo. La genealogia di un’iniziazione alla contemplazione
I grandi architetti dei monumenti e dei sacrari alla lotta antifascista in Jugoslavia, Bogdan Bogdanović, Zdenko Kolacio e Edvard Ravnikar, dedicano al rapporto tra “primitivismo”, astrazione e relazionismo spaziale una parte sostanziale della loro carriera, sia professionale che teorica.
Kolacio dedica i suoi studi teorici a Stonehenge, alla tradizione dei dolmen e dei menhir, interpretandoli successivamente nei suoi lavori in chiave contemporanea. Ravnikar cerca di fondere nei suoi monumenti l’arte neolitica dei popoli dei Balcani con l’arte orientale e quella di Max Bill e Henry Moore, lavorando su raffinatissime tensioni spaziali tra oggetti, percorsi e luoghi. Bogdanović, che focalizza la sua intera creatività alla ricerca di mitologemi, di figure, forme e linguaggi archetipici, in grado di creare degli elementi primi della nuova cultura rivoluzionaria jugoslava, guarda alla tradizione delle necropoli neolitiche ed etrusche come alla scultura sumera, ittita ed egizia.
In questo contesto, il Memoriale ai ventisei partigiani congelati e il Memoriale di Tićan sono progettati da Zdenko Sila per incitare alla “magia di un’estasi laica”, attraverso un particolare legame simbolico e spaziale con la natura (l’eterno), e con l’esperienza del significato della morte (la memoria).
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Luca Galofaro
Il rituale del serpente. Superstudio e Le dodici Città Ideali
Le dodici Città Ideali sembrano il frutto di un rituale che ha avuto bisogno di un tempo lungo, cinquanta anni, per poter essere finalmente decodificato e apparire di fronte a chi legge e guarda come una profezia sulle forme della città contemporanea.
Superstudio produce due immagini contrastanti per ognuna delle dodici città. La prima è un’immagine, costruita attraverso il racconto, in cui agiscono di concerto lo spazio e il desiderio, l’architettura e il rito, lo scambio e la morte, la visione e la forma nel suo divenire. Il tutto figurato, reso leggibile nel linguaggio stesso, con una splendida suggestione che definisce il carattere organico della soglia come condizione essenziale dello spazio da abitare. Le città descritte sono in realtà ciò che Benjamin definisce come riti di passaggio, cerimonie connesse alla morte, alla nascita, al matrimonio, al diventare adulti, temi fondamentali della ricerca del gruppo fiorentino. Nella vita moderna questi passaggi sono divenuti sempre più irriconoscibili e impercettibili per questo necessitano di essere reinventati attraverso lo spazio della città.
La seconda immagine è pura forma e definisce visualmente lo spazio descritto a parole. Nell’immagine si condensano anche tutti gli strati del ricordo involontario dell’umanità, è potente ma anche fragile perché frutto della sintesi di un singolo individuo, il progettista. La magia è frutto della collisione tra queste immagini che diventano simboli.
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Michela Bassanelli
Interni come scatole magiche: dalle ambientazioni domestiche alla sala da ballo Lutrario di Carlo Mollino
Carlo Mollino architetto sciamano crea interni come scatole magiche. La dicotomia tra ciò che sta fuori e la complessità dello spazio interiore genera salti percettivi, sorprese, ma anche mistero. Attraverso un percorso che si muove dalla sua formazione, dal milieu culturale e dal rapporto con Italo Cremona, vengono indagati alcuni aspetti caratterizzanti la sua poetica, sempre alla ricerca di una continuità spaziale ottenuta non solo da un punto di vista geometrico ma anche dalle scelte dei materiali, dei rivestimenti, dei colori e delle luci. L’articolo si concentra sul disvelamento e sul racconto per parti della Sala da ballo Lutrario (Torino 1959), progetto che sintetizza le ricerche effettuate dall’autore in ambito domestico. L’interno è uno spazio altro, fatto di emozioni contrastati: una machine célibataire composta da diaframmi di diversi spessori e consistenze, colori e simbolismi.
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Stefano Pifferi
“Lo Stradone” per “Remoria”. Per una rilettura storico-esoterico-visionaria di Roma
Luogo mitico sin dalla sua fondazione, “nuova Gerusalemme” e città celeste, gloria e giubilo del creato ma anche museo a cielo aperto e ponte tra classicità e modernità, Roma nel corso dei secoli, attraendo come una calamita di pietra tipologie di viaggiatori tra le più diverse, ha sempre rappresentato un unicum rispetto alle equivalenti altre città e/o capitali. E lo sguardo di quei viaggiatori ne ha evidenziato l’alterità e la stratificazione e commistione di alto e basso, divino e umano, reale e metafisico, leggenda e quotidianità.
In una chiave di lettura eretica, che denunci l’assenza di ogni “grande bellezza” e certifichi l’onnipresenza del terzo paesaggio Clémentiano presente ovunque a devastare l’idea della classicità latina o l’essere museo en plain air, si incroceranno due testi di autori “stanziali” diversi ma interrelati: Lo Stradone, romanzo di Francesco Pecoraro, e Remoria, saggio/grimorio visionario di Valerio Mattioli, per una rilettura storica, esoterica, visionaria della Roma che persiste e resiste alle stratificazioni costruttive come a quelle costitutive mostrando ad ogni svolta, di strada quanto autoriale, sorprese e nuove codifiche.
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Milo Adami
Diaporama. Viaggio nell’obsolescenza di un dispositivo
Un viaggio nella storia di un dispositivo obsolescente, il diaporama o audiovisivo, particolare genere di documentario, scritto, pensato e montato in una sequenza di diapositive proiettata su schermo o muro, accompagnato da una partitura musicale e sonora su vinile o audiocassetta.
Il diaporama con la sua elementare quasi ineludibile struttura drammaturgica e con il suo dispositivo magico, o fantasmagorico, torna a interrogarci in un’epoca, quella digitale, di immagini veloci. Sviluppando il suo racconto in una sequenza di 80/140 immagini fisse che si installano sullo schermo come un’incisione rupestre, il diaporama ci riavvicina al carattere magico e ipnotico delle immagini, restituendo loro un peso specifico.
Questo testo è il racconto di un viaggio di scoperta, non un saggio esaustivo ma l’inizio di un recupero in fase di sviluppo, studio e crescita.
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Angela Squassina
Il linguaggio arcano della traccia materiale. Un’esplorazione temporale dell’architettura attraverso la stratigrafia
In Notre-Dame de Paris Victor Hugo definì l’arte edificatoria come il più grande libro di pietra scritto dall’uomo, nelle cui forme e simboli si intrecciano didattica e conoscenza.
Ma accanto ai termini di questo linguaggio iconico e intenzionale – colto o popolare, essoterico o esoterico ma pur sempre condiviso e mediato dalla cultura – le costruzioni umane ci riservano un ulteriore piano di lettura di natura geroglifica, affidato ai segni sedimentati nel tempo sulle superfici.
In questo senso la stratigrafia degli elevati, da semplice tecnica archeometrica diviene forma di sguardo, che si focalizza sulla materia degli edifici ed è capace di traslitterare il significato delle tracce, consentendo forme di esplorazione temporale delle architetture del passato, sia in senso diacronico che sincronico.
Attivando canali conoscitivi differenziati – razionale, percettivo, emozionale – l’approccio stratigrafico incoraggia una relazione con il costruito impostata sulla cura, al tempo stesso suscita riflessioni sulla valenza culturale, oltre che tecnica, del progetto di conservazione.
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Kevin Benham
Power
Sulle Flint Hills del Kansas, nel pomeriggio caldo e soleggiato del 29 agosto 2019, un gruppo di vigili del fuoco si unisce al National Park Service e allo United States Department of the Interior presso la Tallgrass Prairie National Preserve per accendere un fuoco lungo un tratto di un miglio della Highway 177 a Strong City, Kansas. La sezione di un miglio era stata accuratamente scelta in anticipo per un'opera di land art intitolata Mile Long Burn, con l'intento di creare un intervento di land art di lunga durata, rinvigorire la crescita della vegetazione della prateria e tenere a bada le specie invasive.
Quel giorno la potenza del fuoco si rivela magica. La potente trasformazione della flora, da distesa bruna e crespa a fonte elementare di carbonio, è una componente critica dell’ecologia delle praterie. Il potere del fuoco è intrinsecamente legato all’origine delle piante, in quanto responsabili di due dei tre elementi essenziali per l’esistenza del fuoco: l’ossigeno e il combustibile.
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Demetra Vogiatzaki
Quō
Nel 1499, l’editio princeps dell’Hypnerotomachia Poliphili, o Lotta d’amore di Polifilo in sogno, fece la sua enigmatica comparsa nella rinomata stamperia di Aldo Manuzio a Venezia. Polifilo era un amante dell’architettura e, soprattutto, un uomo dal cuore spezzato che si addormentava e sognava. Sognava un mondo magico fatto di fitte foreste, isole paradisiache e innumerevoli monumenti stravaganti popolati da ninfe promiscue e draghi sinistri. Forse gli oggetti più curiosi e, di conseguenza, più studiati prodotti dalla prolifica immaginazione di Poliphilo sono i meravigliosi progetti architettonici che popolano questo mondo onirico; monumenti impossibili sia nella concezione che nell’esecuzione che forgiano frammenti di architettura classica in combinazioni eccessive (in scala), ossessive (nei dettagli) e improbabili (licenziose). Amplificato dalla sua enigmatica autorialità, l’elaborato continuum di architettura e sogno messo in scena dall’Hypnerotomachia esercita una notevole pressione sullo status quo dell’architettura, proprio nel momento della sua definizione come disciplina rinata e razionale.
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Sonia D'Alto
Release
La magia è una pratica speculativa e una strategia per liberare memorie e conoscenze relegate ai margini. Nelle pratiche artistiche – così come nelle vite ribelli – innesca alleanze di rivolta che agiscono attraverso diverse temporalità e soggettività, movimenti liberi dai sistemi di potere e il divenire di uno strumento metafisico di resistenza. Dando vita a un moto intermittente, il perturbante si insinua ad accogliere e incarnare molteplici temporalità, in un continuo montaggio e smontaggio che opera attraverso gli strati della storia. Emblematica in tal senso è la pratica performativa di Chiara Fumai, letteralmente infestata dagli spiriti. Il suo corpo, in preda a ripetute possessioni, diviene corpo politico in grado di tessere alleanze con le lotte femministe e altre questioni sociali. Un’ulteriore battaglia con il presente – un presente pervaso dalle eco del passato – è stata intrapresa da Le Nemesiache, un gruppo e una realtà politica che incardina nel femminismo metodologie mitologiche, ribadendo la necessità che i gruppi femministi non si facciano sopraffare dalla paura, dall’isolamento, dalla competizione, e dimostrando che tempo e spazio sono barriere culturali da superare.
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Damiano Di Mele
Destino
Il concetto di destino è operante in diversi campi, dalla religione, attraverso le rappresentazioni mitiche, fino alle più discrepanti posizioni filosofiche moderne. Nel tempo il termine fatum viene sostituito da destino: mentre il fato non può essere cambiato e segue un ordine “non modificabile” – dettato dalla divinità –, il destino può essere manipolato poiché esso è definibile dalle azioni umane, è subordinato a quel libero arbitrio che si oppone a qualsiasi predestinazione. Di questa opposizione si fa interprete l’architetto Fernando Higueras (1930-2008), nel progetto per la sua casa-studio denominata Rascainfiernos, una dimora magica, misteriosa e surreale, realizzata nel quartiere Chamartín di Madrid. Un rifugio della mente e del corpo, che accoglie e sintetizza l’idea contemporanea di destino in cui l’uomo è padrone delle proprie azioni. L’amico Francisco Nieva, leggendogli i tarocchi, lo vede nell’arco di tre anni sottoterra. Per esorcizzare il destino, l’architetto decide così di costruire una caverna artificiale, scavata a “mani nude”, capace di evocare un immaginario che rimanda a quell’oscuro universo dell’incantesimo, della magia, dove vivrà per altri trent’anni.
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Giuseppe Caldarola
Evocazione
L’evocazione è, in termini generali, l’invito a manifestarsi che si rivolge a entità misteriose o latenti; è sollecitazione a stabilire contatti tra mondi differenti; è rito diretto a chiamare, per virtù magica, sia un’anima dal mondo infero, sia una divinità dalla sede abituale mediante pratiche che usano gesti e formule capaci di stabilire relazioni, di provocare avvicinamenti.
L’architetto pratica l’evocazione – e diviene esso stesso evocatore – in quanto si rende depositario della conoscenza degli elementi da evocare e procede nella composizione del progetto ricorrendo all’uso di “gesti” e “forme”, quasi mettendo in atto un rito.
Nell’eclettismo italiano, gli architetti attivi nel dibattito sullo stile nazionale offrono alcuni riferimenti teorici sul potere visivo delle forme, dei lemmi stilistici, dei sistemi segnici, dei linguaggi. Ettore Bernich (1850-1914), architetto romano, può dirsi figura centrale per esemplificazione di questi indirizzi, dove l’evocazione diviene richiamo alla memoria, monumentalizzato, di passati più o meno prossimi.
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Esther Giani
Fantasia
La fantasia alimenta il potere trasformativo dell’immaginazione; è un sistema interpretativo “altro”, rimanda a una visione alterata, critica, disordinata della realtà, apre il campo a una narrazione libera, incardinata su propri statuti, di razionalità interna. Il fantastico è una crisi, una interruzione, attraverso cui è possibile decifrare un ordine segreto, o proporlo come alternativo.
Molti studi, partiti da posizioni disciplinari diverse, convergono su un nucleo legato alla possibilità di disporre della fantasia, considerata come pulsione potente. Le ricerche si collocano in diversi campi come, ad esempio, la creazione artistica, ma anche la produzione scientifica, la comunicazione, le politiche in senso lato. I meccanismi segreti della fantasia sono stati indagati da opposti fronti, tanto dalle neuroscienze, quanto dalla critica d’arte. Le diverse accezioni di fantasia che emergono definiscono distanziamenti dal reale, interpretazioni del mondo che si costruiscono attraverso strutture mentali autarchiche, soggettive, ma anche collettive.
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