
Progetto Eden
Primavera-estate 2024
in copertina:
Francesco Jodice, Atlante, film, HD, 9 minutes, 2015, 03:44
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ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-2218-2
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Progetto Eden dà spazio e immagine alle mete, indaga le “nature” dei destini perseguiti, le concrete “cadute” dei traguardi immaginati e gli strumenti di lavoro, vita, pensiero attivati per raggiungerli. “Origine è la meta”, ha sostenuto Karl Kraus. Se l’Eden è l’origine in quanto tale è sempre perduta, quindi può essere solo posta come aspirazione. Nelle tesi Sul concetto di storia Walter Benjamin ha denominato “progresso” il progetto della modernità che spinge a porre l’Eden come fine, ma è proprio la fissazione sull’obiettivo che continua ad allontanare dall’origine, vivendo costantemente nella malinconia del paradiso perduto. Giorgio Agamben invita a ragionare su cosa significa abitare: le risposte possibili fanno incrociare ideali spesso sfocati, opportunismi consolidati, situazioni trovate e già direzionate, nelle quali insediare necessità e desideri. La meta è un’immagine che può sfuggire, è identificata o con il vivente primigenio e incorrotto o con la città perfetta in base al modularsi del rapporto cultura-natura, è interiorizzabile al prevalere di astrazioni o irrealizzabile al cospetto di neorealismi. La meta, agognata, precisa il senso del viaggio; a volte il viaggio appare come l’unico strumento atto a metterla a fuoco.
Autori
Sara Marini (Editoriale); Guido Morselli (Citazione); Asad Khan (Progetti); Luigi Guzzardi (Progetti); Aurora Pizziolo, Marko Pogacnik (Building); Andrea Tagliapietra (Saggi); Giovanni Careri (Saggi); Daniel Sherer (Saggi); Alain Guiheux (Saggi); Mario Lupano con Chiara Valerio (Inserto); Camilla De Boni (Ring); Vincenzo Gioffrè (Archivi); Federico Deambrosis, Caterina Franco (Archivi); Filippo De Dominicis, Benedetta Di Donato (Archivi); Zoë Cope (Racconti); Cristina Díaz Moreno, Efrén García Grinda (Racconti); Roberto Gigliotti, Eliana Saracino e Walter Niedermayr (Viaggi); Juan Carlos Dall’Asta, John Latto (Viaggi); Iacopo Prinetti (Fundamentals); Marco Marino (Fundamentals); Luca Ruali, Anna Cecchin (Fundamentals); Francisco Portugal e Gomes (Fundamentals); Marco Cillis (Fundamentals); Nick Roseboro (Fundamentals); Niloofar Amini (Fundamentals); Claudia Oliva Saavedra (Fundamentals).
Indice
Abstract dei contributi
Sara Marini
Progetto Eden
Parole chiave
Eden, paradiso terrestre, meta, terra promessa, ambiente
Progetto Eden dà spazio e immagine alle mete, indaga le “nature” dei destini perseguiti, le concrete “cadute” dei traguardi immaginati e gli strumenti di lavoro, vita, pensiero attivati per raggiungerli. “Origine è la meta”, ha sostenuto Karl Kraus. Se l’Eden è l’origine in quanto tale è sempre perduta, quindi può essere solo posta come aspirazione. Nelle tesi Sul concetto di storia Walter Benjamin ha denominato “progresso” il progetto della modernità che spinge a porre l’Eden come fine, ma è proprio la fissazione sull’obiettivo che continua ad allontanare dall’origine, vivendo costantemente nella malinconia del paradiso perduto. Giorgio Agamben invita a ragionare su cosa significa abitare: le risposte possibili fanno incrociare ideali spesso sfocati, opportunismi consolidati, situazioni trovate e già direzionate, nelle quali insediare necessità e desideri. La meta è un’immagine che può sfuggire, è identificata o con il vivente primigenio e incorrotto o con la città perfetta in base al modularsi del rapporto cultura-natura, è interiorizzabile al prevalere di astrazioni o irrealizzabile al cospetto di neorealismi. La meta, agognata, precisa il senso del viaggio; a volte il viaggio appare come l’unico strumento atto a metterla a fuoco.
Guido Morselli
Città d'oro
Parole chiave
Crisopoli, Dissipatio H.G., Guido Morselli, città, apocalisse
Breve estratto da Guido Morselli, Dissipatio H.G., Adelphi, Milano 1977, pp. 11-12.
Asad Khan
Warren Cave. Dark Eden Under-Construction
Parole chiave
Fusione della criosfera, entropia climatica, estinzione antropica, pulsione di morte, annichilimento generativo
Il progetto offre un’analisi filo-computazionale dello scioglimento della criosfera attraverso immagini di nuvole di punti di tipo forense e un testo esegetico, incentrato su un sistema di grotte di ghiaccio in rapida fusione chiamato Warren Cave. L’opera inquadra i cambiamenti climatici come umane espressioni dell’entropia cosmica, allineando l’estinzione allo slittamento dell’universo verso l’equilibrio attraverso le pulsioni di morte geocosmiche e come gesto di auto-annullamento dell’intera specie. Lo scioglimento di Warren Cave de-stratifica eoni di documentazione geologica, in un ritorno inerziale alle condizioni inorganiche primordiali che hanno preceduto l’emergere della vita. Le immagini articolano una matrice generativa di annientamento per Dark Eden under-construction, rendendo percepibili le conseguenze architettoniche della forzatura antropica al suo stato avverso.
Luigi Guzzardi
Un giardino dentro un grattacielo. La via verso l’Eden di Carlo Scarpa in un appartamento a Udine
Parole chiave
Carlo Scarpa, Udine, hortus conclusus, interni, restauro
Carlo Scarpa nel 1960 è chiamato dalla coppia Zilio-D’Ambrogio per la sistemazione di un appartamento nello stabile Rinci a Udine, edificio noto anche come “grattacielo” e piena espressione del moderno. Le intenzioni dell’architetto sono tese alla realizzazione di un paradiso. Lo spazio della casa Zilio-D’Ambrogio vede il suo fulcro, speculare allo spazio del lavoro artistico per la committente, nell’allestimento di un hortus conclusus. Come già definito per il giardino della Fondazione Querini Stampalia a Venezia, l’hortus-giardino rinvia a una sintesi più profonda, derivando la parola giardino dall’idea di paradiso terrestre e legandosi a immagini che la tradizione della pittura veneta aveva offerto a Scarpa come occasione di confronto e riflessione per sostanziare e alimentare la sua natura di artista. Partecipe del pensiero di pittori e artigiani, Scarpa mutua in questa opera la costruzione di veri “ambienti”, eden dove ordinare gli elementi della naturalità offerti all’esperienza del paradiso quotidiano.
Aurora Pizziolo, Marko Pogacnik
In procinto di salpare. Il Centro servizi sociali e residenziali Olivetti di Iginio Cappai e Pietro Mainardis a Ivrea
Parole chiave
Olivetti, serra, megastruttura, cellule architettoniche, tecnologie d’architettura
La progettazione del Centro servizi sociali e residenziali Olivetti di Ivrea, affidata nel novembre 1967 agli architetti Iginio Cappai e Pietro Mainardis suscitò, fin dal suo completamento, nel 1976, un notevole interesse da parte della critica. Cappai e Mainardis erano stati incaricati di progettare “un residence con le stesse caratteristiche di quello di Gabetti e Isola” per “Talponia”, ma la prossimità dell’area di intervento al centro antico di Ivrea indusse il duo veneziano a formulare un programma che ponesse in primo piano la vocazione pubblica dell’edificio. La loro proposta, infatti, combinò in un unico e complesso organismo le residenze temporanee per ospiti e lavoratori in viaggio, richieste dalla Olivetti, con nuovi servizi per la cittadinanza. Prende così forma un’edenica serra che ostenta una concezione megastrutturale e che concretizzava, nelle intenzioni degli autori, un incontro tra i valori olivettiani di “Comunità” e quelli di impegno etico e professionale che Cappai e Mainardis avevano maturato durante la loro esperienza accademica presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Andrea Tagliapietra
Costruire al tempo della fine. La Dispositio novi ordinis di Gioacchino da Fiore
Parole chiave
Liber Figurarum, Gioacchino da Fiore, utopia, escatologia, storia della filosofia
Per la cultura cristiana la meta di tutte le mete è l’éschaton, la fine intesa come compimento della storia, dove il “buono” che pronuncia l’Altissimo sulla scena della creazione del Genesi diviene il “molto buono” dell’Apocalisse. Nell’orientamento finalizzato della storia non c’è quindi un semplice ritorno all’Eden, come avviene nelle mitologie nostalgiche dell’età dell’oro, ma un incremento, la realizzazione di un “progetto”, anticipato nelle “forme di vita” cristiana, perfezionato mediante l’experimentum mundi, ma sempre senza perdere mai di vista la fine. Nel XII secolo Gioacchino da Fiore pensa che un tempo penultimo, ossia, benché in vista della fine, ancora interno all’economia di quella storia che vede il succedersi delle tre età del Padre, del Figlio e dello Spirito, debba affrontare l’experimentum mundi della territorializzazione dell’ideale cristiano, inteso nei termini di un’estensione dell’utopia monastica all’intera societas christiana. Ecco che le figurae gioachimite contenute nel Liber figurarum mostrano la loro leggibilità nella prospettiva dell’architettura.
Giovanni Careri
Twist again. L’Eden ritrovato nel Giudizio universale di Michelangelo
Parole chiave
Adamo ed Eva, Giudizio Universale, Michelangelo, danza, corpi
L’importanza del riquadro con la Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso nell’ambito del disegno escatologico che governa gli affreschi sistini non ha bisogno di essere ribadita: vi si rappresenta l’accesso dell’umanità alla condizione mortale e il suo conseguente ingresso nel tempo della storia. In che cosa consiste la condizione edenica in questo affresco? La parte sinistra presenta un confronto tra Adamo ed Eva, due figure in contrapposto, e una donna serpente che porge ad Eva il frutto proibito. La figura serpentinata non è l’immagine di un serpente ma l’invisibile matrice formale in forma di spirale che fa muovere e ondeggiare le figure immobili della pittura. L’Eden perduto da Adamo ed Eva è quindi quello dove il corpo si muove, ondeggia con furia, danza libero. Opponendo la figura in potenza, che è la forma serpertinata, all’animale condannato a strisciare, Michelangelo propone un’idea energetica del paradiso perduto, un luogo al quale contrappone il peso dei corpi invecchiati dei progenitori scacciati dal paradiso, che avanzano verso la loro nuova vita a malincuore torcendosi verso il luogo che hanno dovuto abbandonare in contrapposti forzati, ormai simili al serpente che li ha traviati.
Daniel Sherer
Trouble in Paradise. Il giardino delle delizie di Bosch e l’architettura della storia sacra, 1490-1510
Parole chiave
Hieronymus Bosch, Prado, architettura sacra, architettura dell’eden, giardino delle delizie
Il contributo esamina le architetture dell’Eden, della Terra e dell’Inferno rappresentate nel Giardino delle delizie terrestri di Hieronymus Bosch, alla luce del ruolo che esse svolgono nella logica visiva del trittico. Questa dimensione “costruita” dell’immagine fornisce un punto di partenza per una nuova lettura dei parametri della rappresentazione del Paradiso Terrestre nel Nord Europa del 1500 e del suo rapporto con la visualizzazione della storia sacra. Nel pannello dell’Eden, Bosch altera radicalmente l’immagine medievale dell’hortus conclusus, il giardino chiuso inteso come luogo di perfezione prelapsariana, rimuovendone le mura. Questo sviluppo coincide con la sua trasformazione in una sorta di hortus extensus punteggiato da torri e fontane. Questa riproposizione delle convenzioni architettoniche fungeva da preludio a un Inferno racchiuso da mura fortificate. Lì le torri e le fontane scompaiono, sostituite da rovinose mura di cinta e torri fortificate che ardono nell’oscurità. È come se le mura dell’Eden fossero migrate all’Inferno, invertendone il significato. L’Inferno e l’Eden, in termini architettonici, si scambiano così le proprietà, anche se la perfezione vitale e l’armonia verdeggiante del primo sono sostituite dalla perpetua rovina e dalla sinistra decrepitezza del secondo. Il pannello centrale, che mostra la terra antidiluviana, media tra i due esterni e funge da spazio per questo trasferimento.
Alain Guiheux
Forme-paradis
Parole chiave
Architettura dell’eden, architettura del paradiso, teoria dell’architettura, narrazione dell’architettura, controstoria dell’architettura
Riguardo al paradiso, si tratterà di un racconto di scoperta sul quale avremo più lungamente riflettuto (è un luogo reale o una realtà spirituale, o entrambe?) e che è stata meta di numerosi viaggi, sia reali che virtuali. Mentre, per quel che riguarda l’architettura, dal momento che le verità sono svanite, la narrazione ormai sarà sempre da reinventare, come ci apprestiamo a fare in questo testo. Che si tratti di racconti d’avventura o di meraviglia, i loro temi, le loro regole e le loro figure saranno esaminati per individuare un’architettura. In altre parole, in questa sede il paradiso non sarà considerato come una trascendenza religiosa o progressista, ma come una forma di architettura specifica nella sua presenza materiale e nella sua organizzazione. Inoltre, si tratterà di un progetto architettonico in forma di narrazione e di immagine. Il paradiso trasporta l’architettura in un’altra dimensione, nella quale non obbedirà più ai dettati delle sue regole e categorie, delle sue norme e delle sue antinomie sociali e disciplinari; in altre parole, l’architettura sarà, per noi, un racconto della meraviglia, una forme-paradis.
Mario Lupano, testo di Chiara Valerio
Eternità e veleno
Parole chiave
Erbario, Eternit, modernità, Monferrato, collezione
L’inserto documenta la mostra “Mario Lupano - Erbario 900 | Herbarium 900”, a cura di Mario Ciaramitaro e Alberto Restucci, tenutasi presso lo spazio di Aarduork a Venezia dal 19 maggio al 16 giugno 2023. “Erbario 900” affonda le sue radici in una collezione di piante ed erbe disseccate raccolte nella campagna del Monferrato, terra d’origine di Mario Lupano, e si intreccia con le vicende di Eternit, materiale iconico di una modernità tanto eterna quanto velenosa e prodotto proprio a Casale Monferrato. Il contributo si compone di fotografie e disegni ed è introdotto dal testo Tra i fiori e i davanzali he never spoke of madness. Su Erbario 900 di Mario Lupano scritto da Chiara Valerio.
Camilla De Boni
Meraviglioso urbano vs Paradiso mediatico
Parole chiave
Estate Romana, Milano 2, città, media, immaginario
Due diverse idee di architettura, che sottendono paradisi terrestri destinati alla collettività, sono poste al centro di un confronto tra due modelli antitetici di Eden che combinano l’utopia dell’immaginazione e il realismo di un desiderio sociale dentro ipotesi lucide e visionarie di città. È il 1976 e da un lato, a Roma, l’architetto Renato Nicolini è stato appena nominato assessore alla Cultura dal sindaco Giulio Carlo Argan. Dall’altro, a Milano, l’imprenditore Silvio Berlusconi sta per concludere la costruzione di una delle realizzazioni che lo renderà più orgoglioso: Milano 2. Le due azioni si depositeranno in due idee di spazio differenti: Nicolini propone un’azione pubblica, sostenuta da un entourage politico e culturale del tutto eccezionale, che pone al centro lo spazio della città e il suo uso; Berlusconi è il promotore di un’iniziativa privata che promette di fondare un’alternativa allo spazio esistente attraverso la costruzione di un quartiere per 10.000 abitanti. L’estate romana e Milano 2 non sono solo visioni di città, ma luoghi concreti e abitati (o nel caso milanese ancora abitabili) nei quali esperire lo scontro tra il reale e gli immaginari che lo informano. Entrambi i progetti sono riconducibili alla definizione di una città che assume il dato mediatico con ragioni e finalità diverse.
Vincenzo Gioffrè
Hortus e paradeisos, oggi sylva. L’opera di Pietro Porcinai per il villaggio turistico di Nicotera Marina
Parole chiave
Progetto di paesaggio, arte dei giardini, paesaggio selvatico, Pietro Porcinai, Calabria
Il villaggio turistico Valtur di Nicotera Marina (Calabria) nasce nei primi anni Settanta sul sedime di una pista di aeroporto militare dismesso. Pierfilippo Cidonio, autore del progetto architettonico, prevede un impianto che si ispira alle avanguardie degli anni Settanta, all’architettura organica e al brutalismo. Pietro Porcinai, chiamato a cooperare con Cidonio, interviene con la costruzione di un paesaggio potente, evocativo, bellissimo. Ispirandosi ai sistemi dunali naturali mediterranei, realizza un paesaggio di dune artificiali che protegge il villaggio turistico dai venti sferzanti e dalla salsedine. Per i giardini previsti all’interno del villaggio, Porcinai reinterpreta in chiave contemporanea il connubio tra il concetto greco-romano di hortus e quello persiano-orientale di paradeisos. L’abbandono della struttura da oltre dieci anni ha innescato un rapido processo di inselvatichimento; oltre alle piante originarie che crescono in forma libera una ricca fauna selvatica colonizza le architetture futuriste lasciate vuote dall’essere umano.
Federico Deambrosis, Caterina Franco
Paradisi per le masse nelle pagine de “L’Architecture d’Aujourd’hui” negli anni Trenta
Parole chiave
Tempo libero, riviste di architettura, turismo di massa, Francia, Alpi
Negli anni Trenta le traiettorie della cultura progettuale, del tempo libero e del concetto di massa si intrecciano ripetutamente perimetrando un campo operativo e dialettico a cui si rivolgono da diverse prospettive politici, industriali, scienziati sociali, architetti e pianificatori. La cosiddetta quarta funzione assume allora una inedita rilevanza come componente irrinunciabile di un ciclo in cui la forza lavoro si rigenera. Il caso francese è particolarmente interessante nella cornice europea e le riviste di architettura consentono di mappare il dibattito. Attraverso lo spoglio sistematico de “L’Architecture d’Aujourd’hui”, si delinearà un quadro sintetico dove emergono i protagonisti, le concentrazioni geografiche e le evoluzioni tipologiche connesse all’affermazione di nuove pratiche collettive.
Filippo De Dominicis, Benedetta Di Donato
La genesi dei villaggi Valtur nella corrispondenza di Luisa Anversa, 1965-1971
Parole chiave
Valtur, paesaggio, paradiso, Gio Ponti, villaggi turistici
Il 17 febbraio 1971 Gio Ponti scrive a Luisa Anversa dopo aver visitato il villaggio Valtur di Ostuni, progettato dalla stessa Anversa. Per Ponti, Ostuni è “illusione di un piccolo paradiso”, salvezza di fronte a una società contemporanea minacciata da “competizioni ideologiche […] e cupidigie commerciali”. L’osservazione di Ponti muove dalla capacità di Anversa di aver saputo ricreare “la realtà naturale di un ambiente” anzitutto volgendo le spalle a quanto vi era attorno. Una condizione di alterità, quella di Valtur, che Ponti non esiterà a definire “soccorrevole, proteggente e materna”. Ma è proprio su questa percezione – proteggente e materna – che si materializzerà l’inversione, il corto circuito di una collettività transitoria che opererà in controtendenza rispetto ai canoni sociali del tempo. Contro ogni aspettativa, infatti, il “piccolo paradiso” Valtur sarà non solo – o non più – il luogo di una domesticità difesa; ma anche e soprattutto il luogo duale della trasgressione e della violazione; complice anche la rivoluzione dei costumi e delle relazioni che la società post-Sessantotto stava elaborando. Il contributo indaga la molteplicità e la contraddittorietà di questi aspetti concentrandosi sulla genesi dei primi due villaggi che Luisa Anversa progetta e realizza per Valtur fra il 1965 e il 1969. Nella loro complementarietà, infatti, le due opere rispecchiano in pieno la dimensione tratteggiata da Ponti, contenendo al tempo stesso le premesse per la sua progressiva dissoluzione.
Zoë Cope
509 / Vixere
Parole chiave
Architettura, narrazione, archeologia, femminismo, poesia
Il soggetto di questo racconto è lo stupro e il successivo suicidio di Lucrezia, che, secondo Tito Livio, costituisce il punto di partenza della rivolta che portò poi alla nascita della Repubblica di Roma attorno all’anno 509 a.C. Il testo cerca di sovvertire il formato tradizionale della poesia epica, raccontando la lotta di Lucrezia, il dolore fisico, l’umiliazione e gli echi del suo urlo che legano la sua umanità alla nostra, attraverso il tempo. Questo lavoro gioca con le somiglianze tra la storia di Lucrezia e quella di Eva nel giardino dell’Eden, facendo numerosi riferimenti ad altre storie di donne emarginate che problematizzano la mitologia fondativa della città paradisiaca al cuore della civiltà occidentale.
Cristina Díaz Moreno, Efrén García Grinda
Aegean Paradise
Parole chiave
Architettura del paradiso, amid.cero9, tempo libero, turismo, terza natura
Aegean Paradise esplora forme rinnovate di comunità all’interno del territorio del tempo non produttivo, quello del tempo libero, del riposo e delle vacanze e mette in discussione le nozioni abituali di privacy, segregazione, relazione e sfruttamento del territorio e dell’ambiente, solitamente presentate negli alloggi collettivi legati al turismo. Il testo è una riflessione sul vivere comune, sullo spazio domestico sognato e sul consumo di risorse associato al tempo della contro-routine. Aegean Paradise vuole essere anche un luogo di puro piacere percettivo e vitale, che ha bisogno di pochi supporti materiali, solo di sottili modifiche dei luoghi e degli ambienti materiali che abitiamo. Più in generale, Aegean Paradise è un ragionamento sul piacere di vivere con gli altri, in compagnia e insieme, ma anche in lontananza e separazione da loro, prendendo a modello l’organizzazione monastica del tempo e dello spazio, ma anche comprendendo l’intricata e intima relazione tra i modi di vivere e i loro ambienti materiali. Il racconto è una riflessione sugli spazi di contro-routine presenti nell’architettura del godimento. Una serie di concetti e termini è organizzata come un glossario degli spazi di piacere quotidiani e spaziali.
Roberto Gigliotti, Eliana Saracino e Walter Niedermayr
L’ultima cima
Parole chiave
Destinazione turistica, Alpi, cicli evolutivi, carrying capacity, touristification
Sempre più avanti e sempre più in alto. La montagna, da sempre percepita come limite ostile e pericoloso, un ostacolo alla vita umana e un luogo da cui tenersi lontani, diventa oggetto dei desideri di conquista, fino all’ultima cima. Il viaggio affronta un percorso lungo il ciclo evolutivo delle destinazioni turistiche alpine, occupandosi della loro nascita, vita e morte, e delle implicazioni che questo processo comporta sul piano spaziale e sociale. Se è vero che queste dinamiche sono profondamente legate alle logiche produttive del sistema capitalistico, si possono immaginare spazi di resistenza per definire un loro sviluppo etico e durevole? Esiste una soglia da non superare affinché l’Eden che ricerchiamo non venga distrutto? Il territorio alpino, meta turistica sempre più apprezzata e a forte rischio di overtourism, rappresenta un caso paradigmatico per esemplificare i processi appena descritti. Molte mete alpine si trovano oggi in una fase matura del loro ciclo di vita, quali sono allora le opportunità all’interno delle logiche del sistema dominante affinché l’archetipo del paradiso possa continuare a essere meta per le generazioni future? Il viaggio è commentato da un visul essay di Walter Niedermayr le cui opere riecheggiano nel testo.
Juan Carlos Dall’Asta, John Latto
Navigare il miraggio. Esplorando Shanghai tra spazi virtuali e tangibili
Parole chiave
Rêverie, paesaggi virtuali, identità urbana, Shanghai, mosaico urbano
Nel cuore del vibrante mosaico urbano di Shanghai si sviluppa un’affascinante giustapposizione, dove il virtuale e il tangibile si impegnano in una danza seducente che illumina le complessità della società contemporanea. Navigare il miraggio intraprende un viaggio attraverso questo mosaico urbano, dove sogni, aspirazioni e sfide plasmano continuamente l’identità della città. Lo skyline di Shanghai, ornato da meraviglie architettoniche iconiche, incarna le ambizioni collettive della società. Oltre alla grandezza fisica, l’intensa reverie virtuale della città offre uno spazio edenico per l’immaginazione e l’innovazione senza limiti. In questo regno digitale, Shanghai diventa un teatro dal potenziale illimitato, facilitato da un ecosistema digitale che favorisce connessioni e transazioni globali. Le arti fioriscono nell’Eden virtuale di Shanghai, colmando il divario tra l’intangibile e il tangibile. Tuttavia, il fascino del mondo virtuale deve essere bilanciato da autentici legami umani. L’avanzato panorama tecnologico di Shanghai gioca un ruolo fondamentale nella ridefinizione della realtà attraverso l’intelligenza artificiale e le esperienze virtuali. Il viaggio esplora l’idea di Eden di Shanghai in una complessa dicotomia tra virtuale e tangibile, offrendo una narrazione dei sogni, delle aspirazioni e delle complessità dell’esistenza contemporanea.
Iacopo Prinetti
Gardening Commons
Parole chiave
Orti comunitari, protesta, identità, integrazione, collettivi
Attraverso una breve storia critica dei community gardens, il contributo guarda al giardino come un’architettura urbana effimera, sia da distruggere collettivamente per cambiare un paradigma, sia da costruire insieme per affermare un’identità. Il testo pone questo spazio al centro delle trasformazioni urbane e sociali dell’ultimo secolo affiancando a questa visione identitaria un’opposizione, radicata nei gruppi di coltivatori urbani, all’idea di città come ambito di solo profitto economico in favore invece dell’urbanità come possibile luogo sociale per comunità marginalizzate. Identificati casi emblematici di giardini urbani dell’ultimo secolo, Gardening Commons sviluppa riflessioni sul valore di questi spazi come luoghi di protesta e di cultura, come eden quanto mai calati nella realtà dei nostri giorni, particolarmente capaci di sollevare battaglie e creare movimenti tra le cadute della modernità.
Marco Marino
Carlo Scarpa. Towards a Climatic Architecture
Parole chiave
Carlo Scarpa, Riyadh, architettura climatica, Principe Fahad Al Saud, sostenibilità
Carlo Scarpa, mentre stava ancora completando la Tomba per Giuseppe e Onorina Brion nel 1978, un’“Isola dei morti” à la Böcklin, progetta una lussuosa dimora per il principe Fahad Al Saud a Riyad, un giardino dei vivi, un paradiso terrestre, il pairidaēza persiano, il recinto sacro riservato agli eletti: l’Eden. L’Eden per Scarpa è un “benessere di acqua e di spazi”, costruito in materiali preziosi e rari in cui godere dei riflessi della luce della Luna. L’Eden arabo di Scarpa è opulenza raffinata. Scarpa ha in mente i castelli islamici, ma anche l’arte bizantina e soprattutto Venezia che è un’architettura “dissimmetrica, alta, bassa, storta, diritta”, secondo lui perfettamente accostabile alla migliore architettura araba. La villa a Riyad è anche un’occasione per riflettere intorno ad alcune questioni progettuali poco abituali nella produzione di Scarpa; è forse questo un esperimento verso un’architettura climatica, un’architettura che nel caso specifico della Villa a Riyadh si adatta al clima torrido del deserto arabico.
Luca Ruali, Anna Cecchin
A Nocturnal Garden
Parole chiave
Incubo, dark eden, notturno, paura, paesaggio
Una sequenza di elementi formali, emotivi, luminosi e botanici costruisce questa idea di giardino notturno. La forma del montaggio guida il ragionamento e la possibile definizione reale di uno spazio avvolto nell’oscurità. Episodi debolmente connessi e discontinui evitano definizioni tipologiche, preferendo raccogliere appunti preparatori per ipotesi progettuali. Un palinsesto di riferimenti volutamente ambigui si snoda lungo due direttrici. La prima è una ricognizione di giardini notturni realizzati o di scenari identificabili come tali; la seconda è un inventario di elementi non esclusivamente botanici in sintonia con le atmosfere e le condizioni emotive ricercate. Esperienze progettuali di epoche diverse, rilievi fotografici, inventari di paure notturne e infantili, specie naturali, sono elementi scelti in contesti diversi e lontani e poi considerati come found footage. Il giardino notturno è un’altra possibilità di conoscere un luogo – familiare nella sua versione diurna fatta di presenze vegetali e animali – che appare cambiato nell’aspetto e nelle sensazioni che suscita, nella sua versione notturna. Il notturno, come nella musica, si riferisce alle emozioni nascoste dagli eventi del giorno. Il giardino di notte cambia aspetto, producendo suoni, odori e atmosfere diverse, il buio ne altera le forme. È un tempo di quiete e di sogni, ma anche di oscurità e di scenari da incubo.
Francisco Portugal e Gomes
Whoever Draws Is Still in Paradise
Parole chiave
Disegno, Joaquim Vieira, progetto, Alberto Carneiro, architettura portoghese
Il riferimento al paradiso, al peccato e all’uscita dal paradiso compare nel libro O Desenho e o Projecto São o Mesmo? Outros Textos de Desenho (Il disegno e il progetto sono uguali? Altri testi sul disegno) di Joaquim Vieira, laureato in Pittura, il più fecondo teorico e pedagogo del disegno in Portogallo. Il libro è un’opera fondamentale per la Scuola di Porto dopo la rivoluzione del 25 aprile 1974 e comprende un insieme di testi che Vieira ha scritto tra il 1985 e il 1994. Si compone di due parti. La prima è il saggio che Vieira ha presentato alla FAUP nel 1994, quando ha fatto domanda per diventare professore associato, la seconda, Outros Textos de Desenho, contiene quattro capitoli. Il saggio della prima parte del libro è strutturato in cinque sezioni e una conclusione. L’ultima sezione, intitolata Cosa li separa o li unisce, è composta da un insieme di riflessioni sequenziali sollevate da argomenti posti tra loro in contrapposizione; per esempio, se da una parte ‘chi disegna è ancora in Paradiso. L’arte, il disegno, è un’attività, potrei dire, precedente al peccato originale’, dall’altra parte ‘il progetto è l’essenza della attività culturale, è il desiderio, e viene dopo aver lasciato il paradiso’. Questa separazione è radicata nel legame ombelicale delle Beaux Arts tra architettura e arti plastiche e richiama le visioni del paradiso e dell’inferno, delle tentazioni e dei peccati.
Marco Cillis
Building Around a Tree. The Leonardi-Stagi Alternative for the Extension of San Cataldo Cemetery in Modena
Parole chiave
Paesaggio, cimitero, Cesare Leonardi, Franca Stagi, architettura funeraria
Il contributo tratta della proposta progettuale che Cesare Leonardi (Modena, 1935-2021) e Franca Stagi (Modena, 1937-2008) presentarono al concorso per l’ampliamento del cimitero di San Cataldo a Modena, per indagare un tema progettuale a oggi inesplorato all’interno della produzione del sodalizio professionale tra i due. Ne scaturisce una riflessione sul progressivo impoverimento del ruolo, compositivo e simbolico, della vegetazione nell’architettura funeraria italiana: i Campi Elisi sono altrove e l’Eden è solo un tópos letterario. Il progetto per il concorso di Modena è antitetico (e anti-monumentale) rispetto a quello vincitore di Aldo Rossi e Gianni Braghieri. Elemento ordinatore della composizione è l’albero, attorno al quale si consolida un sistema modulare contenente le sepolture: una scacchiera di alberi che determina un organismo resiliente, moltiplicabile nel tempo, capace di connettere la città dei morti con la città dei vivi e con le matrici territoriali.
Nick Roseboro
A Playground as a Site of Reality
Parole chiave
Eterotopia, utopia, desiderio, dispositivo, gioco
La società ha sempre avuto un rapporto complesso tra il lavoro e il tempo libero e l’inserimento in un sistema ciclico in cui i progressi tecnologici definiscono molti attributi. Le caratteristiche della società contribuiscono a plasmare, definire e storicizzare le qualità spaziali delle nostre vite e delle esperienze al loro interno. In questo contesto, lo spazio del festival e i suoi dispositivi sono essenziali per trasformare gli aspetti individuali e comunitari della percezione. Questo contributo è un mezzo per tracciare relazioni all’interno di un’idea di società tecnologicamente mediata, di utopia, di desiderio e di necessità, mappando l’immaginario su esempi di vita reale che diventano strumenti per il gioco al di là della normalità o della stagnazione del mondo. Il progetto su larga scala The Playground, disegnato da Architensions e realizzato nel 2022 per il Coachella Festival, è un esempio di sperimentazione delle soggettività dell’homo ludens, dell’utopia e del desiderio nella terra del paradiso momentaneo.
Niloofar Amini
Pairidaeza. On The Concept of Paradise in Iranian Art and Architecture
Parole chiave
Iran, paradiso, recinto, spazio urbano, spazio pubblico
Il termine “paradiso”, originato dall’antica parola persiana pairidaeza, racchiude il concetto di recinto murato, spesso associato a parchi di piacere e giardini di delizie. Dopo la Rivoluzione iraniana del 1979, il termine “paradiso” è stato utilizzato per descrivere diverse tipologie architettoniche, tra cui parchi recintati accessibili esclusivamente alle donne, come il Women Paradise, e centri commerciali. Nonostante condividano la terminologia con la nozione tradizionale di “paradiso”, questi spazi differiscono in modo significativo nel trasmettere un senso di beatitudine. Essi evidenziano l’esistenza di residenti apolitici che rimangono scollegati dalla sfera pubblica. Questa divisione tra sfera pubblica e privata ha profonde radici storiche in Iran. Tuttavia, affrontando le sfide che derivano dalla continuità storica delle strutture sociali del Paese, divergendo dalla tradizione e ampliando il concetto di pairidaeza, alcuni architetti iraniani contemporanei costruiscono il potenziale per la realizzazione di spazi semi-pubblici. In questo modo, essi trascendeno la precedente frammentazione dei domini privati e illuminano una lotta continua per recuperare gli spazi pubblici di fronte a circostanze sociopolitiche difficili. Attraverso la trasformazione delle narrazioni sociali, essi forniscono una solida base per riorganizzare gli elementi tradizionali o dimenticati in nuove configurazioni, rimodellando così la narrazione e il potenziale degli spazi urbani.
Claudia Oliva Saavedra
Nocturnal Traces. A Journey to the Post-dictatorial Clandestinity of Santiago de Chile
Parole chiave
Santiago del Cile, post-dittatura, clandestinità, notturno, cronaca
L’11 settembre 1973 inizia in Cile un regime militare sotto il comando di Augusto Pinochet. Fino alla sua fine, la città di Santiago ha vissuto una trasformazione segnata dal controllo culturale, dalla censura e dal terrore. La vittoria del “No” nel plebiscito del 1988 e il ritorno alla democrazia erano molto attesi come una tregua per una città ammutolita. In questo contesto, dal 1995, lo scrittore e artista cileno Pedro Lemebel ha scritto una serie di cronache urbane che raccontano questo periodo dal punto di vista della marginalità, mostrando una tensione di classe esacerbata con il regime. Le sue cronache esploravano paesaggi clandestini in cui il piacere veniva trovato in mezzo alla repressione del regime, caratterizzati dalla sperimentazione e dalla trasgressione delle norme linguistiche. Le cronache di Pedro Lemebel sono diventate una cartografia letteraria che ha esplorato la vita della città invisibile di Santiago, sfidando i confini e rappresentando una realtà alternativa nel Cile post-dittatoriale.
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