
Miserabilia
Autunno-inverno 2024
in copertina:
Giacomo Brunelli, Untitled (Crow), da The Animals, 2025-2010
Tutti i contributi pubblicati in questo numero sono stati sottoposti a un procedimento di revisione tra pari (Double-Blind Peer Review) ai sensi del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, ad eccezione dei testi presenti nelle rubriche Citazione, Inserto e Racconto.
ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-2282-3
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L’undicesimo numero di Vesper Miserabilia mette a fuoco spazi e spettri della miseria nell’immaginario e nella realtà muovendo da due assunti: la rimozione dello spazio di esistenza della miseria nella realtà concreta e immateriale occidentale a favore di “misurabili condizioni di povertà”; la presenza nelle città di manufatti a testimonianza di un passato in cui la miseria era “materia” di governo e di progetto. La miseria è, dunque, una questione di spazio e di spazialità, nella realtà e nell’immaginario. Laddove la miseria non è rappresentata o rappresentabile, non svanisce affatto: nell’anonimato finisce piuttosto per essere interiorizzata, esprimendosi tutt’al più nella colpevolizzazione e nell’indebitamento, perfino nella criminalizzazione della povertà, a cui fa da contraltare l’immiserimento morale dei quartieri benestanti, sempre più isolati e chiusi al resto della città.
Autori
Sara Marini (Editoriale); Georges Bataille (Citazione); Steven Holl con Diana Carta (Intervista); Dario Gentili (Saggi); Vinícius Nicastro Honesko (Saggi); Andrea Alberto Dutto (Saggi); Guido Boffi (Saggi); Andrea Ugolini, Monica Maioli (Building); Leah Modigliani (Racconti); Redazione Vesper (Racconti); Luca Porqueddu (Racconti); Fabrizia Berlingieri, Cassandra Cozza (Progetti); Giuliano Sergio (Progetti); Massimiliano Giberti (Ring); Francesco Marullo (Archivi); Armando Dal Fabbro (Archivi); Đorđe Bulajić, Stavros Kousoulas (Viaggi); Camillo Boano, Antonio Stopani (Viaggi); Alberto Bertagna (Traduzione); Charles W. Moore (Traduzione); Cherubino Gambardella (Inserto); Alper Metin (Fundamentals); Giovanni La Varra, Alberto Cervesato (Fundamentals); Mane Mkrtchyan (Fundamentals); Luca Zecchin (Fundamentals); Giulia Conti (Fundamentals); Edoardo Fabbri (Fundamentals).
Indice
Abstract dei contributi
Sara Marini
Miserabilia
Parole chiave
Miseria, città, immaginario, vagabondi, spettro
Miserabilia mette a fuoco spazi e spettri della miseria nell’immaginario e nella realtà muovendo da due assunti: la rimozione dello spazio di esistenza della miseria nella realtà concreta e immateriale occidentale a favore di “misurabili condizioni di povertà”; la presenza nelle città di manufatti a testimonianza di un passato in cui la miseria era “materia” di governo e di progetto. La miseria in Occidente è oggi un impensato e un irrappresentabile; risulta indicibile e invisibile, estromessa in un altrove storico, geografico, culturale. Eppure, in passato la miseria ha avuto ad esempio in Italia forme maestose, dalle Scuole Grandi veneziane agli Alberghi dei Poveri. Al monumento sono subentrate le architetture anonime dei centri di servizio o manufatti temporanei che rispondono a situazioni emergenziali. Se la monumentalità della miseria esprimeva un’estetica, l’architettura della povertà la rigetta in nome della funzionalità: oggi lo spazio della miseria risulta svuotato di fenomenologie, evidenze, qualità, quantità, dimensioni, estensioni, discorsi.
Georges Bataille
Dépense
Parole chiave
Georges Bataille, spreco, abbandono, insubordinazione, materialismo
Breve estratto da Georges Bataille, La notion de dépense (1930), in Idem, Œuvres complètes, Gallimard, Paris 1970, vol. I (Premiers Écrits, 1922-1940), pp. 302-320; tr. it. La nozione di dépense, in Idem, La parte maledetta preceduto da La nozione didépense, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 21.
Steven Holl con Diana Carta
The Other Parallax. Lo spazio pubblico necessario
Parole chiave
Spazio pubblico, progetto urbano, città, comunità, vuoto
La riflessione sulla città è un tema che Steven Holl affronta con costanza e coerenza nel suo lavoro, come testimoniano i suoi numerosi studi, scritti e progetti presentati nella serie “Pamphlet Architecture” (1978-1997), nel noto testo Urbanisms. Working with Doubt, in Urban Hopes. Made in China by Steven Holl, fino ai suoi più recenti progetti urbani, accompagnati da contributi teorici sulle tematiche ambientali. L’intervista si focalizza sull’idea di architettura e di città e sui modi in cui queste sono tradotte nella pratica professionale, e fornisce una disamina della presenza dello spazio pubblico sia come risposta da declinare caso per caso, sia come elemento costante.
Dario Gentili
Incompensabile miseria
Parole chiave
Miseria, Michel Foucault, lavoro, bisogno, desiderio
All’epoca dell’antica Roma, tre erano i termini che in latino articolavano quella condizione che noi oggi definiamo genericamente “povertà”: il miser era colui il quale versava in uno stato di estrema povertà; l’inops era colui il quale era “senza mezzi” sia in senso materiale sia nel senso più generale di “capacità”; il pauper era colui il quale, pur costretto a un tenore di vita molto sobrio, conservava un certo decoro e una certa dignità. Ci troviamo oggi nell’epoca in cui la cattura del desiderio all’interno del lavoro produce sempre meno godimento e sempre più sofferenza psichica, si è arrivati a un punto di quasi insostenibilità per gli individui della frustrazione che procura il ritorno mancato dell’investimento di desiderio sul proprio lavoro. Ed è questa, oggi, la miseria più disperata: la miseria senza desiderio.
Vinícius Nicastro Honesko
Pier Paolo Pasolini e l’incoscienza della storia. La miseria e l’intellettuale
Parole chiave
Intellettuale, testimonianza, accattone, favelas, eresia
Nel 1970 Pasolini, insieme a Maria Callas, si ferma in Brasile mentre si recava in Argentina per un festival del cinema a Mar del Plata, dove avrebbero partecipato alla proiezione di Medea. I due scendono all’aeroporto di Recife, una città costiera nel nord-est del paese, salutati dagli sguardi miserabili dei lavoratori dell’aeroporto.
Di fronte agli operai e ai viaggiatori che transitano per quell’aeroporto in una città del terzo mondo, la vita borghese, sia la sua che quella della Callas, gli sembra ricoperta da una sporcizia che trasforma i “pochi momenti di felicità” subitamente in “ricordi”, con cui si consolano i cuori borghesi, intrisi delle miserie di un altro ordine, che sembrano impedire di vivere appieno il presente.
Abbracciare la testimonianza di coloro che hanno lottato contro il declino del mondo può aprirci alla possibilità di immaginare mondi alternativi, anche se sembrano impossibili e al di là del realismo capitalista proposto come verità inesorabile del mondo contemporaneo. Leggere con un interesse non solo meramente accademico la testimonianza di Pasolini e quella di tanti altri che si sono lanciati contro la marcia del peggioramento del mondo, però, può essere un buon esercizio per rendersi conto che, se c’è un compito per l’intellettuale impegnato, è affrontare questa presunta verità realistica
Andrea Alberto Dutto
Pane per i poveri. Un esperimento nella Germania rurale
Parole chiave
Comunità, terra cruda, messianismo, rivoluzione, simbolismo
Prima di chiamarla sostenibile, si definiva miserabile. Era l’architettura di chi non poteva permettersi di più. Il suo imperativo era ridurre al minimo i costi, accontentandosi di ciò che era a portata di mano o facilmente disponibile nei dintorni. È il caso della terra, il materiale più abbondante che gli abitanti del pianeta Terra hanno sempre avuto a disposizione per costruire le loro case. L’attuale collocazione della terra nell’ambito dell'architettura sostenibile deriva da un processo di intensificazione della ricerca tecnologica e storica avviato nei primi anni Ottanta da studiosi e gruppi di ricerca spinti da diverse motivazioni ideologiche ed economiche. Tra questi, il caso della Germania è particolarmente complesso. Qui l'architettura di terra è emersa come un dominio condiviso tra gruppi di ricerca universitari, fazioni attiviste del nascente Partito Verde e membri di organizzazioni laiche e missionarie. Il saggio propone una riflessione sulla semiotica dei rituali associati all’uso di Bodelschwingh del processo del pane di terra. Particolare attenzione viene posta sul pane come simbolo di riconciliazione all'interno della comunità Dünne.
Guido Boffi
Impotenti forme di vita?
Parole chiave
Giorgio Agamben, stato di eccezione, senzatetto, rappresentazione, inappropriabile
Povertà inchioda sul posto; oppure disloca di continuo, costringe a vagare. Nelle forme di vita del senzatetto, del nomade o del profugo, fissità e dislocazione perdono la loro astratta contrarietà. Chi vive arenato di traverso in angoli di strada, o al riparo di un portico di stazione, costui si trova a errare in ogni dove, in un continuo fare e disfare sosta, abbandono, malattia; mentre chi cerca di soddisfare i bisogni fondamentali per la sussistenza nella penuria di un luogo abituale in cui stare, chi è obbligato al movimento aleatorio e non arriva mai all’abitazione, profugo o migrante, è come se fosse sempre sul posto, nello stesso posto che non è suo. Una sorta di alone freme nelle due figure e le slabbra, riverberandole l’una nell’altra. Le loro sembianze e i loro contorni sono pervasi da un comune tremore d’intensità. Forse solo a una presentazione che, attraverso le rovine del rappresentato, provi a tenersi all’altezza della povertà potrà capitare di esorcizzare dall’interno i rischi d’omologazione e gerarchizzazione propri del rappresentare, dell’illustrare, del narrativizzare. Perché, in verità, non c’è “narrazione” da vendere, né identità da salvare.
Andrea Ugolini, Monica Maioli
Un’architettura povera che diventa luogo. Il Centro Educativo Italo Svizzero di Rimini
Parole chiave
Spazio e società, baracche, educazione, Giancarlo De Carlo, Margherita Zoebeli
In una Rimini distrutta per quasi l’ottantadue percento dai bombardamenti del novembre 1943 e del settembre 1944, dove miseria e fame segnavano i primi anni della liberazione, il I maggio 1946 nasce il Centro Educativo Italo Svizzero, Ceis. Il Ceis e la sua architettura, sebbene fatta di baracche, divenne negli anni Sessanta oggetto di studio e visita da parte di pedagogisti e architetti italiani e stranieri, come Carlo Doglio, Ludovico Quaroni, Giuseppe Gori, Lamberto Borghi ed Ernesto Codignola. Nelle varie università italiane si tennero lezioni e seminari sul Ceis e la sua architettura, raccontando di quello che è stato definito “spazio che educa”. Tra questi gruppi di docenti affascinati dal modello di organizzazione del villaggio figurava anche Giancarlo De Carlo che, tra il 1959 e il 1961, negli anni in cui si stava consolidando l’esperienza del Team 10, costruì un edificio in mattoni e solai in laterocemento denominato La Betulla. I disegni a corredo del contributo sono il risultato del lavoro di studio, analisi e reinterpretazione critica condotto da The Formwork sui materiali grafici, fotografici e di rilievo sul posto relativi al progetto e al cantiere del complesso.
Leah Modigliani
Spectre of the Future Accused
Parole chiave
Spettro, William Arthur Pritchard, miseria, Nuit Blanche Toronto
La Nuit Blanche è stata occupata da una presenza spettrale il 30 settembre 2017. Dal tramonto all’alba, una proiezione video olografica del socialista ed editore canadese William Arthur Pritchard (1888-1981) è apparsa sul pianerottolo della scala antincendio della vecchia rimessa per le carrozze (ora Centro per la Cultura e la Tecnologia dell’Università di Toronto) per rivolgersi al pubblico della Nuit Blanche riunito di sotto. Il discorso di Pritchard, proiettato nello spazio antistante la rimessa per le carrozze e verso il parcheggio adiacente attraverso altoparlanti non più suoi al cento per cento, è stato adattato da una trascrizione del processo che lo ha visto difendersi per 20 ore dalle accuse federali di Seditious Conspiracy e Common Nuisance per aver cospirato nell’organizzazione dello sciopero generale di Winnipeg del 1919. Quell’anno, Pritchard utilizzò il tempo trascorso davanti alla giuria come un “momento di insegnamento”, per istruire i giurati, e per estensione il pubblico canadese, sulla storia globale del socialismo e sulle lotte in corso della classe operaia. Il suo discorso, come una conversazione serpeggiante e intima, comprende molteplici riferimenti, tra cui la storia sociale e politica, la filosofia, la letteratura e la legge.
Redazione Vesper
Monte di Pietà
Parole chiave
Fondazione Prada, Christoph Büchel, rappresentazione, Venezia, Esposizione
Ricostruzione digitale di Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada, e fotografie della mostra Monte di Pietà, progetto di Christoph Büchel, Fondazione Prada, Venezia, 20/4-24/11/2024.
Luca Porqueddu
Roma miseria misericordia
Parole chiave
Potere, cerimonia, monte di pietà, Refugium peccatorum, trasfigurazione
La grandezza di Roma trasformava la miseria dell’umanità in opera di misericordia. Architetture, epigrafi, statue, tele, stemmi cementavano la precaria esistenza degli ultimi nella storia di una città intrisa di pietas, plasmata dal potere spirituale e temporale della Chiesa come luogo di espiazione e consolazione ecumenica. Il gradino più basso di un’umanità indifesa e necessitante, quello popolato dagli umili, dalle devianze, dalle solitudini, elevava la condizione deprecabile e ammonitrice della miseria a occasione alchemica di conversione. Due frammenti testuali la Bulla Pauli Papæ Tertij confirmationes eretionis sacru Montis Pietatis in Vrbe Roma (1539) e Le istituzioni di Pietà che si esercitano in Roma (1825) stratificano la loro trama su una sequenza di immagini che pone l’attenzione su specifici luoghi della misericordia: alcuni morti, alcuni morenti, alcuni vivi di altre vite, alcuni sensibilmente riadattati alla rinnovata povertà di Roma.
Fabrizia Berlingieri, Cassandra Cozza
Pono Colony. Sovraesporre il marginale
Parole chiave
Heritage Foundation of Pakistan, catastrofe, architettura umanitaria, giustizia ecologica, Yasmeen Lari
Dal 2004, grazie al lavoro svolto con la Heritage Foundation of Pakistan, il lavoro dell’architetta Yasmeen Lari si propone come uno strumento per promuovere l’autosufficienza e l’emancipazione per, e con, le comunità più povere e vulnerabili del Pakistan, paese ciclicamente soggetto a devastanti terremoti e alluvioni dove la maggior parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Pono Colony è il progetto pilota di un vasto piano di aiuti per la ricostruzione dei villaggi alluvionati nella provincia Sindh, a sud del Pakistan, che non ha solo l’obiettivo della ricostruzione fisica dei luoghi, ma dell’emancipazione e della consapevolezza di un nuovo, e più instabile, abitare a fronte dei cambiamenti climatici in atto e per comunità storicamente ai margini della scena globale.
Giuliano Sergio
Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera
Parole chiave
Arte povera, Jeu de Paume, Germano Celant, avanguardia, Triennale di Milano
Una mostra retrospettiva è un’architettura di rimandi visivi tra opere e documenti che inevitabilmente eccede le intenzioni che la hanno progettata. Questa dimensione si rivela solo con l’organizzazione spaziale dei lavori anche se non riguarda la qualità formale dell’allestimento. L’eccedenza è l’aspetto che fa della mostra d’arte un’esperienza estetica e culturale diversa da quella offerta dalla letteratura scientifica. Il contributo passa in rassegna le tre mostre “Renverser ses yeux. Autour de l’arte povera 1960-1975: Photographie, film, vidéo” (Parigi 2022); “Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera (Milano 2023)” dedicate all’Arte povera, e in particolare, alla sua capacità di fare, ancora oggi, la città contemporanea.
Massimiliano Giberti
Il corpo confinato. Cella vs capsula
Parole chiave
Carcere, panopticon, Kisho Kurokawa, sorveglianza, existenzminimum
Nei sei anni che intercorrono tra la pubblicazione della Capsule Declaration (1969) e quella di Sorvegliare e punire (1975), il conflitto ideologico tra forme di pensiero che criticano da due prospettive diverse una medesima condizione moderna del corpo, trova nell’oggetto della cella il paradigma di un’intrinseca contraddizione. Lo spazio minimo e segregato, sinonimo di privazione della libertà e simbolo della trasformazione del corpo in soggetto politico, si specchia nella capsula come involucro per la protezione dell’organismo vivente, oggetto di mobilità e di libertà sociale, meccanismo di individualità e di diversità culturale, come creazione di un diverso sistema familiare fondato sull’individuo, involucro privato che protegge da informazioni indesiderate e strumento contro l’omologazione.
Francesco Marullo
Tutto magnifico e selvaggio
Parole chiave
Chicago, hobo, vagabondi, Skid Row, Single Room Occupancy Hotel
L’hobo, ovvero il lavoratore nomade indipendente è una figura che ha rivestito un ruolo essenziale nella costruzione del Midwest americano, prodotto dello sviluppo forsennato del capitalismo moderno. Emerso dopo la Guerra Civile e le prime grandi depressioni economiche del 1873 e del 1893, questo particolare tipo di lavoratore senza fissa dimora saltava sui vagoni merci e si spostava da un lavoro all’altro, dalle coltivazioni alle acciaierie, dai moli ai depositi di legname, dalle fabbriche sfruttatrici di manodopera agli allevamenti per il bestiame, dagli stabilimenti industriali ai cantieri edili. Senza casa ma non per questo senza dimora, gli hoboes vivevano costantemente sull’orlo della miseria, scegliendo deliberatamente una condizione di libero vagabondaggio e precarietà rispetto alla schiavitù del salario e del lavoro stabile.
Armando Dal Fabbro
Architettura e salvazione. La Cité de Refuge, Parigi 1929-1933
Parole chiave
Armée du Salut, Le Corbusier, Asile flottant, clochards, Palais du Peuple
Dopo l’esperienza condotta con la realizzazione del progetto di estensione del Palais du Peuple (1926-1928), quasi completamente sovvenzionato da Winnaretta Singer, nel 1929 Le Corbusier viene coinvolto nell’allestimento interno dell’Asile flottant, e nel progetto della Citè de Refuge, un manifesto concreto che l’Armée du Salut riuscì a realizzare come concezione moderna di comunità sociale e urbana. Le Corbusier seppe comprendere appieno il valore dell’opera che stava realizzando, il ruolo urbano e sociale che un progetto così ideologico poteva esprimere oltre l’unicità̀ figurativa che ancora oggi la contraddistingue nel tessuto urbano parigino, non solo come sintesi morfologica tra architettura, sito e città, ma anche come progetto culturale. Attraverso la lettura critica di alcuni documenti d’archivio, il contributo entra dentro il progetto di Le Corbusier, mostrandone l’ideazione e le contraddizioni, ma anche la vita al termine della costruzione.
Đorđe Bulajić, Stavros Kousoulas
Carceri senza carcerati, o può uno scorpione astenersi dal pungere?
Parole chiave
Panopticon, Jeremy Bentham, carcere, controllo, isolamento
Il contributo propone una de-essenzializzazione del concetto “astratto” del panottico e delle sue applicazioni penali, scindendolo dal suo destino ed esaminandolo piuttosto come una tecnica di osservazione e controllo dei flussi: dalla società disciplinare di Foucault alla società del controllo deleuziana e alla società della trasparenza di Byung-Chul Han. Il controllo del flusso varia a seconda dei diversi meccanismi di potere, dalle origini dei paradigmi proto-capitalisti al capitalismo della sorveglianza contemporaneo, registrando un cambio di direzione a partire dal XIX secolo con una netta enfasi sul passaggio dal corpo (regime disciplinare) alla psiche (regime informativo); da celle isolate a reti di comunicazione aperte, non attraverso l’isolamento ma attraverso l’interconnessione e, infine, approfondendo i cambiamenti della politica dell’(in)visibilità.
Camillo Boano, Antonio Stopani
Il ghetto del lavoro. Impensato politico e miseria dell’immaginazione
Parole chiave
Borgo Mezzanone, città rifugio, campo, Capitanata, braccianti
I ghetti sono luoghi di crisi secondo una razionalità pianificatoria o secondo la pretesa logistica delle normative europee sulle migrazioni, ma se pensati dal punto di vista di una razionalità produttiva e agro-imprenditoriale sono magazzini di manodopera a basso costo. Borgo Mezzanone, Rignano, Borgo Tre Titoli e tutti quelli meno visibili, più piccoli e interstiziali abitati dai migranti in Puglia sono il risultato di logiche estrattive e dell’aggregazione, di strategie di resistenza attraverso reti comunitarie di autosostentamento, economie informali, mobilità tra più luoghi, solidarietà civica. L’idea di “superamento” di questi insediamenti sta aprendo una nuova fase di conflitti tra gli immaginari di pianificazione e i futuri urbani e rurali. Questo viaggio ne vuole essere parte e contributo domandandosi se e come è possibile uscire dalla trappola delle esclusioni di tipo inclusivo di cui i ghetti sono espressione.
Alberto Bertagna
La miseria della fissità si paga
Parole chiave
Charles Moore, territorializzazione, Disneyland, eterotopie, monumentale
Letto oggi, il testo di Charles Moore You Have To Pay for the Public Life (1965) sembra un saggio predittivo rispetto alle derive della “(non più) città”: anticipa un mondo in cui il rapporto e il contratto sociale tra gli individui, e dunque l’urbanità, si immiseriscono brutalmente nella sostanza al crescere delle disponibilità e degli investimenti. La spettacolarizzazione del sé, degli spazi e finanche delle relazioni è il nuovo progetto globale, un progetto involutivo che uniforma – rendendolo piatto – ciò che dovrebbe essere distinto e separa – rendendolo ostile – ciò che dovrebbe essere partecipe. La miseria è qualcosa che riguarda o può riguardare tutti, perché non è legata a una precisa localizzazione, all’essere periferici o al non avere contiguità con le rilevanze, dipendendo piuttosto dall’impossibilità di movimento, una impasse magari funzione dell’idea che si ha di sé rispetto a quanto è altro.
Charles W. Moore
Bisogna pagare per la vita pubblica
Parole chiave
Disneyland, California, spazio pubblico, Perspecta, monumentale
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Traduzione a cura di Alberto Bertagna di alcuni estratti del saggio originariamente pubblicato in C.W. Moore, You Have to Pay for the Public Life, in “Perspecta”, nos. 9/10, 1965, pp. 57-97.
Cherubino Gambardella
L’insospettabile potenza dell’architettura miserabile
Parole chiave
Joseph Beuys, estetica, riscatto, meraviglia, povertà
L’inserto è un flusso di coscienza sul tema della miseria, perché non c’è null’altro da dire se non affrontarne il suo lato formale, l’unico nel quale ho qualche forma di esperienza al di fuori di quella privata. A prima vista può impaurire perché rinvia a uno stato d’animo che ha accompagnato almeno una volta ogni uomo nello svolgersi della vita e, probabilmente, proprio per questo, presenta una dimensione catastrofica: il senso di un destino amaro, l’ansia di una possibile rivolta della dea bendata. Come bendato, coperto, cieco, è il grande sciamano Joseph Beuys nella sua lotta con il coyote in I Like America And America Likes Me (1974), e le cui immagini affermano che anche il vestito di un contadino è degno di essere in un palazzo reale, sancendo la meravigliosa regalità contenuta nella sola esistenza di ogni uomo.
Alper Metin
Against the Hunger, Affirming the Power. An Attempt of Contextualisation of the 18th-century Ottoman Soup Kitchens
Parole chiave
Monumentalità, assistenza sociale, architettura ottomana, mensa pubblica, imāret-ḫāne
La crescente letteratura sulla storia dell’alimentazione rivela che, oltre agli aspetti economici legati all’approvvigionamento, è altrettanto importante considerare le dimensioni socioculturali di come il cibo fosse percepito, esposto, consumato, condiviso all’interno della società e distribuito ai bisognosi. Tuttavia, questo tema appare raramente nel campo della storia dell’architettura, tranne in casi come il contesto ottomano, dove si sviluppò nel corso dei secoli un tipo particolare di mensa pubblica. Conosciute come imāret-ḫāne (o semplicemente imāret), queste mense rappresentano l’attenzione straordinaria che i benefattori ottomani dedicavano alla distribuzione del cibo, servendo come metodo sia di assistenza ai poveri che di autoaffermazione.
Giovanni La Varra, Alberto Cervesato
Poor but Old. Architecture and Demographics
Parole chiave
Invecchiamento, demografia, spopolamento, silver society, calo demografico
Il Vecchio Continente sta diventando il continente degli anziani. La demografia e l’età del patrimonio edilizio avanzano di pari passo. Lo scenario che ci attende nel Ventunesimo secolo è quello di una rete di città antiche con uno sviluppo infrastrutturale limitato, vaste aree di terra selvaggia, poche città e territori UNESCO impegnati a difendersi dall’invasione dei turisti, e un ristretto numero di città vivaci, ricche e pulsanti, interconnesse con il mondo. In un certo senso – anche in questa visione fin troppo semplicistica – si tratta di una narrazione che ci riporta a un’Europa premoderna: una sorta di reinterpretazione dei tempi medievali, in cui i turisti sono i nuovi pellegrini, le città dinamiche di oggi sono la rete di centri di potere e conoscenza dei secoli Dodicesimo e Tredicesimo, i monasteri isolati sono attrazioni remote situate a oltre cinquecento o seicento metri di altitudine che ancora attirano visitatori, e i vecchi poveri sono i vagabondi pestilenti banditi dalle città.
Mane Mkrtchyan
The Courage to be Vulnerable: Egon Schiele’s Nude Self-Portrait, Grimacing
Parole chiave
Nudità, corpo, deformazione, autoritratto, espressionismo
Il testo analizza il dialogo tra individuo e società attraverso i ritratti e autoritratti di Egon Schiele, sottolineando come l’artista austriaco abbia usato la propria immagine per esplorare emozioni e norme sociali. Nell’opera Nude Self-Portrait, Grimacing, Schiele impiega pose scomode, distorsioni fisiche e linee espressive per rappresentare angoscia e introspezione psicologica. I suoi autoritratti, privi di sfondo e caratterizzati da nudità cruda, affrontano lo spettatore con verità scomode, sfidando l’estetica tradizionale. Il ritratto è una toccante esplorazione della sofferenza e del dolore, ma al contempo parla di coraggio. Questo coraggio è evidente nella volontà dell’artista di esporsi vulnerabilmente allo spettatore, costringendo il pubblico a confrontarsi con il suo dolore e la sua verità.
Luca Zecchin
Latrine
Parole chiave
Città, giustizia sociale, public toilet, spettro, igiene
Il contributo esplora l’importanza delle latrine pubbliche all’interno delle città, sottolineando come esse rappresentino spazi essenziali per la dignità e il benessere collettivo. Analizzando la storia e l’evoluzione di questi luoghi, il testo evidenzia il loro ruolo cruciale nella struttura della città e come riflettano le dinamiche di potere e le disuguaglianze sociali. Le latrine pubbliche, a lungo trascurate, sono presentate non solo come infrastrutture funzionali ma anche come simboli della salute pubblica e della giustizia sociale. Il saggio discute la crescente privatizzazione di questi spazi e le implicazioni per l’accesso ai servizi fondamentali, specialmente per le categorie vulnerabili come donne, bambini e persone con disabilità, proponendo la reintroduzione della latrina nell’immaginario urbano contemporaneo.
Giulia Conti
Biopolis and Hydrobiopolis. Dwelling Hills by Enrico Hartsuyker and Luzia Hartsuyker-Curjel
Parole chiave
Utopia, nomadismo, architettura sociale, necessità, Rotterdam
L'opera di Reinder Blijstra, We Live | Do We Live?, pubblicata nel 1967, esplora le opportunità di design urbano in Olanda, sottolineando un modello abitativo nomade come risposta alle condizioni di vita precarie. Attraverso un’indagine teorica e progetti concreti, Blijstra inserisce il concetto di abitazione condivisa nel contesto della ristrutturazione sociale e architettonica olandese del XX secolo, esaminando l’evoluzione delle esigenze abitative dalla fine del XIX secolo. Il lavoro di architetti come Enrico Hartsuyker e Luzia Hartsuyker-Curjel mira a realizzare soluzioni abitative accessibili, affrontando la crescente domanda di spazi ricreativi. I loro progetti, Biopolis e Hydrobiopolis, si propongono come modelli di integrazione tra lavoro e svago, rispondendo ai cambiamenti socioeconomici e all’automazione. Queste visioni utopiche, pur ancorate a ideali di umanità e comunità, si confrontano con le sfide pratiche e le incertezze nella realizzazione, riflettendo le tensioni tra teoria e applicazione nell’architettura contemporanea.
Edoardo Fabbri
Poverty and Project
Parole chiave
Salvezza, pauperismo, San Francesco, minore, scarsità
L’idea di povertà è frequentemente interpretata in termini quantitativi, associata alla scarsità e alla miseria. Tuttavia, esiste una concezione di povertà, specialmente nel contesto cristiano, che la ricollega alla salvezza, presentandola come una condizione necessaria per accedere al Regno dei Cieli. Attraverso lo studio dell’Ordine Francescano, che ha abbracciato un’interpretazione radicale della povertà, si delinea una separazione tra proprietà e uso. Questa forma di povertà non è una privazione, ma una relazione non proprietaria con il mondo. Essa implica un cambiamento antropologico e architettonico, in cui la rinuncia alla proprietà porta a una nuova qualità di relazioni tra esseri umani e ambiente. Il progetto architettonico, quindi, dovrebbe riflettere questa concezione di povertà, ponendo l’accento sulle relazioni e sul potenziale di co-creazione piuttosto che sull’autoreferenzialità. Un approccio progettuale ispirato alla povertà implica l’accettazione della scarsità come opportunità per generare variazioni creative, promuovendo relazioni e pratiche che superano i confini tradizionali dell’architettura.
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