
Cielo
Autunno-inverno 2022
in copertina:
Daro Sulakauri, I started to observe the nature, just like I did when I was a kid, dalla serie I was dreaming when I wrote this, 2020
Tutti i contributi pubblicati in questo numero sono stati sottoposti a un procedimento di revisione tra pari (Double-Blind Peer Review) ai sensi del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, ad eccezione dei testi presenti nelle rubriche Citazione, Inserto e Racconto.
ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-0884-1
DOI 10.57644/Vesper007
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Luogo di concreti disegni fantasmagorici, attuati da nuvole e uccelli, e spazio d’ispirazione per sogni mistico-metafisici, la cupola celeste è letta nell’opera di architettura come massa gravitazionale ma anche come aspirazione e meta. Definibile come “quinto prospetto” condivide con la terra trame d’inquinamento e perimetri di regolamentazione. Il cielo è un diritto, spesso anche un luogo di competizione: colossi vengono eretti per sfidarne la dimensione. Dal cielo arriva il diluvio, l’apocalisse, nel cielo si può essere in orbita, riferendosi al cielo si possono progettare cosmogonie. L’architettura terrestre non è impotente verso questo infinito, basta alzare la testa per vedere artifici, architetture misurate e costruite, strutture che sfidano la bellezza del mistero della volta celeste, giudizi annunciati o illusioni prospettiche a proporre profondità non presenti.
Autori
Sara Marini (Editoriale); Cedric Price (Citazione); Mark Foster Gage (Progetti); Sandro Marpillero, Patricia Dailey (Progetti); Lina Malfona (Progetti); Alberto Bertagna (Progetti); Michelangelo Frammartino (Inserto); Alessandro Calefati (Viaggio); Massimo Palma (Saggi); Giuseppe D’Acunto (Saggi); Luca Lanini (Saggi); Ludovico Centis (Saggi); Manuel Orazi (Archivi); Marzia Marandola (Archivi); Roberto Conte (Racconti); Michael Hirschbichler (Racconti); Micol Roversi Monaco (Traduzione); République française (Traduzione); Fred Scharmen (Dizionario); Ettore Rocca (Dizionario); Sara Buoso (Dizionario); Federico Deambrosis (Dizionario); Claudia Pirina (Dizionario); Silvia Dalzero (Dizionario).
Indice
Abstract e contributi in accesso aperto
Sara Marini
Cielo
Parole chiave
Progetto e cielo, artifici, volta celeste, architettura e fisica
Il testo raccoglie e sottolinea alcune esperienze utili a guardare al cielo come spazio del progetto di architettura tra fisica, arte, filosofia ed ecologia. Luogo di concreti disegni fantasmagorici, attuati da nuvole e uccelli, e spazio d’ispirazione per sogni mistico-metafisici, la cupola celeste è letta nell’opera di architettura come massa gravitazionale ma anche come aspirazione e meta. Definibile come “quinto prospetto” condivide con la terra trame d’inquinamento e perimetri di regolamentazione. Il cielo è un diritto, spesso anche un luogo di competizione: colossi vengono eretti per sfidarne la dimensione. Dal cielo arriva il diluvio, l’apocalisse, nel cielo si può essere in orbita, riferendosi al cielo si possono progettare cosmogonie. L’architettura terrestre non è impotente verso questo infinito, basta alzare la testa per vedere artifici, architetture misurate e costruite, strutture che sfidano la bellezza del mistero della volta celeste, giudizi annunciati o illusioni prospettiche a proporre profondità non presenti.
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Cedric Price
Flocks
Parole chiave
Cedric Price, technology
Breve estratto da Cedric Price, Technology Is the Answer but What Was the Question? Prerecorded Talk, Pidgeon Audio Visual 1979, in Cedric Price Works 1952-2003, vol. 2, a cura di Samantha Hardingham, Architectural Association-CCA, Montréal 2016, p. 329.
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Mark Foster Gage
The Architecture of Ouranos
Parole chiave
Terra, Ouranos, antichità greca, architettura geotermica, macchina
Nell’antichità greca, il cielo veniva per terzo. La prima delle divinità primordiali a emergere dal ribollire del caos fu Gaia, o la Terra, che nella celebre tradizione universale di nascite verginali religiose partorì due figli senza un padre di cui parlare: Ponto, il mare, e Ouranos, il cielo. L’architettura, come ci ricorda l’antichità greca, è strettamente connessa al cielo e potrebbe addirittura essere definita come l’unica creazione umana che si svolge all’interno dello stesso, sfidando dunque la gravità che ci tiene tutti così poco fantasiosamente ancorati a terra. L’architettura, inspiegabilmente, non discute sull’essenza del cielo, ma ha invece un rapporto storico piuttosto intenso con il piano terra. Il progetto Geothermal Futures Lab si interroga su come potrebbe essere un’architettura del cielo: macchine massicce, sostenute dal cielo, si librano sopra la superficie terrestre, evitando così di produrre danni mentre si spostano in continuazione verso nuove fonti globali di energia geotermica. Il calore estratto architettonicamente da Hestia, in questo tempo futuro, non è affatto collegato al suolo, ma piuttosto, ancora una volta, al sostegno offerto dall’abbraccio di suo nonno a lungo dimenticato, Ouranos, dio del cielo.
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Sandro Marpillero, Patricia Dailey
Terminal Iron Works: cieli in una stanza
Parole chiave
David Smith, upcycling, analogia, Alice, sogno ad occhi aperti
Il contributo è una riflessione sull’upcycling dello studio/officina Terminal Iron Works dell’artista americano David Smith, costruito da lui stesso in tre fasi (1942, 1958, 1961) a Bolton Landing, New York, prima che i membri della famiglia lo modificassero pragmaticamente (nel 1974 e nel 1996) dopo la sua morte.
Tre parti compongono il ragionamento che interpreta l’intervento del 2014 da parte dello studio Marpillero Pollak Architects: un testo critico introduce il progetto e il suo obiettivo poetico; un dialogo tra Marpillero e Dailey, mette in relazione i nuovi spazi con l’interpretazione che Gilles Deleuze diede dell’avventura di Alice attraverso lo specchio (Lewis Carroll) attraverso un’associazione personale con gli "alberi infiniti" citati da Gino Paoli nella canzone degli anni Sessanta Il cielo in una stanza; la terza parte è un sogno ad occhi aperti che esplora la costruzione degli apparati ambientali realizzati dal progetto attraverso tre diagrammi sulle nozioni di orientamento, senso e paradosso. La risultante integrazione in termini analogici di alcune modalità più normative di rappresentazione del progetto offre una mappatura delle tracce archeologiche che risuonano nell’universo creativo di Smith, consentendo di disegnare in termini architettonici i ‘cieli in una stanza’ invocati da Smith stesso con le sue sculture totemiche, disposte ritualisticamente nella radura al centro della sublime natura degli Adirondacks.
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Lina Malfona
Interno manierista. Il nuovo casinò di Venezia
Parole chiave
Casinò, Venezia, Manierismo, confine, paesaggi introversi
Costruito per essere il “primo casinò all’americana in Italia” l’ampliamento del casinò di Ca’ Noghera, progettato da Enrico Dusi e Matteo Ghidoni insieme alla società Sinergo, non fa parte di un sistema di amenities su larga scala legate al tema del gioco ma appare piuttosto come un oggetto isolato e stridente rispetto al paesaggio circostante. La proposta progettuale per l’ampliamento del casinò di Venezia è stata il frutto di una continua negoziazione tra architetti e committenti – al limite del gioco d’azzardo – sulle dimensioni proposte dal bando di gara, ampliate più volte durante il corso del progetto per garantire diversi usi della struttura, al fine del suo utilizzo per tutto l’arco delle ventiquattro ore.
Il concetto di interno come spazio parallelo e continuo– che aveva tanto intrigato Robert Venturi e che può essere considerato come il portato più innovativo del Manierismo – viene qui utilizzato come chiave di lettura del progetto. Si tratta di un paesaggio introverso, un mondo definitivamente intrappolato in un interno, dove ogni forza appare come soggetta a una spietata disciplina, paralizzata. Se il fascino ambiguo e allusivo è ciò che rende il Manierismo una condizione sovrastorica e ancora oggi attuale, l’ambiguità dell’opera di Dusi e Ghidoni lega indissolubilmente il progetto al luogo e forse anche al nostro tempo.
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Alberto Bertagna
Il bivacco evolutivo
Parole chiave
Bivacco, evoluzione, rifugio, Renzo Piano, geometrie interne
Lo scritto presenta il progetto di Demogo per il Bivacco Fanton. Un progetto in cui tutto è necessariamente fermo, statico, ma che inevitabilmente parla di per sé – e non solo nel confronto con il sistema dinamico in cui si inserisce – di evoluzione; e dunque manifesta quanto pensare e fare architettura significhi rinunciare a ogni pretesa di fissità e a ogni utopia di esattezza, e quanto la dimensione del racconto, delle immagini o dell’irrazionale costituisca materiale imprescindibile di ogni costruzione che voglia essere culturale – estesa oltre i propri confini – e non solo oggettuale, o al più contestuale.
Tre ambiti compongono il testo a interpretare il progetto: il dentro, il fuori, l’altrove.
Dentro, al riparo di un volume scientificamente ancorato a 2667 metri di altitudine, ritagliato sulle necessità di un riposo colmo di riconoscenza perché il vacillare “sull’orlo della catastrofe” è risolto infine positivamente nelle cuccette, il tempo della veglia trascorre a indagare ciò che è protetto da ancora più strati del triplo guscio del bivacco.
Fuori, nello spazio del tangibile, il Bivacco rimanda alla Casa Evolutiva di Renzo Piano, anche se rispetto a quella imposta maggiore determinatezza, e ciò comporta delle conseguenze. E così, anche il comune astenersi dal superfluo ha ragioni diverse.
Altrove, poco più che ventenne, Francesca Woodman circonda le proprie fotografie di quesiti razionali, quelli del libro sul quale sovrimpone Some disordered Interior Geometries: il dentro e il fuori nelle stesse pagine.
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Michelangelo Frammartino
Il buco
Parole chiave
Cadere, speleologia, cinema
Estratto dal film Il buco; regia di Michelangelo Frammartino; Italia, Germania, Francia, 2021; durata 93 minuti.
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Alessandro Calefati
L’espressione del cielo. Le interfacce estetiche in Watsuji Tetsurō
Parole chiave
Fūdo, atmosfere, interfaccia, Watsuji Tetsurō
Il lavoro di Watsuji Tetsurō (和辻 哲郎, 1889-1960), in particolare il suo Vento e terra. Uno studio dell’umano (風土: 人間学的考察, Fūdo: Ningengakuteki kōsatsu, 1935), è il presupposto per una possibile filosofia delle atmosfere, per decostruire la nozione di panorama, nel suo radicamento ottico e terrestre. Una simile decostruzione permette di pensare uno spazio concreto come espressione di un ambiente affettivo e climatico, attraverso la nozione di kūki (空気), letteralmente composta da “cielo” (sora) e “umore” o “atmosfera” (ki). Riflettere su questo carattere concreto e locale dello spazio – insieme storico-culturale e naturale – è utile per interrogare le interfacce estetiche del cielo come spazio morfogenetico.
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Massimo Palma
Lenz e Lesabéndio. Il progetto contro il cielo in Celan e Scheerbart
Parole chiave
Abisso, vetro, poesia, progetto, collettivo
Nel discorso su Il meridiano (1960) Paul Celan commenta un passo del Lenz di Georg Büchner. E spiega: “Chi cammina sulla testa, Signore e Signori – costui ha il cielo come abisso sotto di sé”. Celan rivendica il poetico – e la sua stessa oscurità – come luogo abissale sotto cui stare “in vista di un incontro che muove da una distanza o estraneità che forse ha inteso progettare”.
Quarantasette anni prima di Celan, Paul Scheerbart, teorico dell’architettura di vetro, aveva scritto un “romanzo asteroidale” accompagnato dalle illustrazioni di Alfred Kubin: Lesabéndio (1913) era la storia fantastica di una strana popolazione celeste, la cui progettualità consiste nell’unificare il sopra e il sotto del suo asteroide.
Il contributo indaga la dimensione politica del “progetto anti-celeste” di due grandi autori di lingua tedesca, entrambi vigili sui materiali di costruzione contro un cielo saputo come abisso, sfondo maggiore di ogni economia umana.
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Giuseppe D'Acunto
Il cielo in terra: artificio, inganno e prospettiva nel Trionfo del nome di Gesù di Giovan Battista Gaulli
Parole chiave
Barocco, spettacolo, entità divina, celestiale, paradiso, prospettiva
Il saggio propone una riflessione sulla tecnica prospettica e pittorica adottata da Giovan Battista Gaulli nel Trionfo del nome di Gesù eseguito dal pittore genovese a Roma nel 1672 e oggi visibile nella navata della chiesa del Gesù, artificio barocco capace di coinvolgere l’osservatore in uno spettacolo orchestrato in un continuo sconfinamento dei soggetti dipinti all’interno dello spazio abitato, e di generare un’inedita dinamica di colloquio e sovrapposizione tra le superfici plastiche del manufatto architettonico, la volumetria tangibile della statuaria e il compromesso bidimensionale della pittura. In questo dipinto il tema dell’incontro col divino, dell’infinito che prospetticamente si trasforma in oggetto secolare, dell’assunzione fisica o spirituale verso l’alto/altro, trova una soluzione iconografica nella rappresentazione della luce emessa dall’entità divina. Le rette, rappresentazione fisica della luce, “sfondano” il piano della tela e danno quella profondità prospettica necessaria a sottolineare l’asse verticale che collega il mondano al divino e che emula il moto ascensionale verso l’alto, verso la gloria celeste, verso il cielo nella sua accezione di paradiso.
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Luca Lanini
Al di là del cielo. Georgij Krutikov e il cosmismo nell’avanguardia sovietica
Parole chiave
Georghij Krutikov, avanguardia sovietica, costruttivismo, cosmismo, cosmonautica
Nel 1928 Georgij Krutikov, studente al VKhUTEMAS di Mosca, si laurea con una tesi su una Città Volante, un agglomerato urbano in orbita geostazionaria collegato alla Terra e ad altre città simili da capsule monoposto. La Città Volante è uno dei progetti più famosi e controversi di quella straordinaria stagione dell’avanguardia che, lungi dall’essere una mera esercitazione grafica e di immaginazione fantascientifica, ha tutti i caratteri della città ideale. E come ogni città ideale è la deduzione in terra di una delle tante Gerusalemme celesti immaginate da ogni utopia apocalittico-millenarista. La letaiušhij gorod progettata da Krutikov non si sottrae a questo destino, ha in sé sia i frammenti di un’utopia salvifica sia – ineluttabilmente – il germe del suo tragico fallimento. Ma come tutte le Gerusalemme celesti, vuole operare la trasmutazione di un disegno ideale nel mondo concreto della città, diventare la realizzazione di un’idea di universo, di un progetto cosmologico traslato sul piano della Storia.
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Ludovico Centis
Vita e morte tra le nuvole. Il design e l’ossessione meteorologica
Parole chiave
Nuvole, ambiente, biosfera, radioattività, energia nucleare
Gilles Clément e Junya Ishigami, il paesaggista e l'architetto che più coraggiosamente hanno indagato i limiti delle rispettive discipline negli ultimi decenni, si sono entrambi interessati alle nuvole ponendole al centro della propria ricerca come metafore progettuali fondative del progetto. Clément pubblica nel 2005 Nuages (Nuvole), diario di bordo di una traversata atlantica a bordo di un cargo; Ishigami pubblica nel 2010 Another Scale of Architecture, un libro-manifesto per un’architettura intesa come ambiente. Le nuvole incarnano infatti una dualità: da un lato, come una sorta di scudo meteorologico, proteggono la vita sulla Terra e mantengono una temperatura mite che ha permesso all'umanità di vivere in quasi tutte le aree del pianeta; dall'altro ci ricordano come nel corso del XX secolo siamo stati portati a mettere in dubbio l'esistenza dell'uomo come Essere nello spazio “respirabile” a causa prima dei gas velenosi e poi delle bombe atomiche e delle nubi radioattive.
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Manuel Orazi
Resistenza celeste. Un monumento di provincia e la sua “forma aperta” nell’epoca del relazionismo spaziale
Parole chiave
Brutalismo, Gruppo Marche, monumento, architettura lunare
A partire dagli anni Sessanta la diffusione internazionale del brutalismo, specie nei paesi guidati da governi socialdemocratici o comunisti, sostituisce il monumentalismo classicista che pure era stato un fenomeno internazionale a partire dagli anni Trenta. Fra l’Inghilterra dei coniugi Smithson (e di Reyner Banham), passando per i paesi non allineati come la Jugoslavia per arrivare alla Russia della destalinizzazione, il brutalismo diventa una delle tante neoavanguardie sorte in quel periodo. In Italia agiva come sempre una resistenza alle tendenze internazionali, anzi più d’una: da un lato il Neoliberty lombardo-piemontese, dall’altro l’organicismo wrightiano sviluppato intorno ai due poli dove operava allora Bruno Zevi, a Roma e nel triveneto.
Nel frattempo, nelle Marche, distanti da tutto e dunque terreno di sperimentazione ideale, gli architetti Paolo Castelli e Luigi Cristini, alla fine degli anni Sessanta si misero “in cammino verso il linguaggio” brutalista, una sorta di lingua franca internazionale. Il monumento alla Resistenza di Macerata, progettato nel 1967 e inaugurato nel 1969 pochi mesi dopo il primo allunaggio, fu dunque l’occasione coagulativa per la costituzione di un nuovo gruppo di progettazione mentre l’uso totalizzante del cemento armato esprimeva i suoi valori: la “funzione sociale” di architettura e urbanistica.
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Marzia Marandola
Costruire una tenda sotto il cielo
Parole chiave
Giovanni Michelucci, acrobatico, tetto, cemento, meravigliose ondulazioni
La chiesa di San Giovanni Battista “dell’autostrada” (1960-1964) a Campi Bisenzio, Firenze, è certamente uno tra i capolavori più indagati e noti della lunga e prolifica produzione architettonica di Giovanni Michelucci. Se dell’ideazione e del processo progettuale del capolavoro sono note le diverse fasi, grazie ai numerosissimi e splendidi schizzi e materiali documentari conservati presso l’Archivio della Fondazione Giovanni Michelucci di Fiesole e il Centro di Documentazione Giovanni Michelucci di Pistoia, della acrobatica e sperimentale costruzione dell’opera possiamo rintracciare ancora materiali poco indagati.
Nel corso della sua esperienza professionale Michelucci porta avanti la volontà di liberarsi dalle seduzioni formali come dai canoni tipologici: da sempre maestro nel comporre le distribuzioni planimetriche, tocca l’apice della libertà compositiva nella chiesa “dell’autostrada”, dove scompare anche la sequenza gerarchica dei prospetti, fusi in maniera indistinguibile con la copertura. L’esperienza e le competenze maturate da Michelucci negli anni del complesso cantiere della chiesa gli svelano le grandi potenzialità del calcestruzzo, aprendogli nuovi orizzonti sulle accortezze costruttive che possono variare la materia cementizia oltre che nella forma, anche negli attributi cromatici e superficiali.
Punto di arrivo e di svolta, dunque, la costruzione della chiesa “dell’autostrada”, dove l’architetto abbandona le forme vincolate dalla maglia geometrica delle strutture murarie per attingere alle strabilianti pendenze delle coperture cementizie, che annientano le geometrie convenzionali e la gerarchia dei fronti, fusi e indistinguibili dalla flessuosa copertura.
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Roberto Conte
Il cielo al limite dello spazio
Parole chiave
Cielo, fotografie, James Turrell, Gestalt, percezione
“Il cielo non è più là fuori, ma è proprio al limite dello spazio in cui ti trovi. Il senso del colore si genera dentro di te”, così James Turrell, le cui opere presentano spesso un dialogo diretto e fondamentale con il cielo. L’artista pone in particolare l’accento sul limite dello spazio in cui la persona si trova e in cui il cielo stesso viene collocato in una posizione quasi “prossima” rispetto al soggetto.
Tale fenomeno è in effetti percepibile a diverse scale: l’impulso che spinge le architetture a staccarsi da terra e opporsi alla gravità sviluppandosi in altezza porta a disegnare geometrie che si intersecano nel cielo e che con esso dialogano. In coloro che si trovano fisicamente in questi spazi si attiva un processo noto in psicologia della Gestalt come legge figura-sfondo, per cui l’osservatore percepisce gli oggetti del mondo sulla base di uno sfondo in cui essi risaltano, tenendo sempre un elemento in primo piano e un altro in secondo piano. Interessante è osservare come l’architettura, delimitando porzioni di cielo in modalità impreviste e a volte sorprendenti, attivi a volte una sostanziale inversione percettiva, per cui è il cielo stesso a risaltare su uno sfondo architettonico, mentre in alcuni casi viene a crearsi una sostanziale ambiguità visiva, non priva di fascino.
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Michael Hirschbichler
Dissolves (Sky Pieces)
Parole chiave
Cielo, dissolvenza, super imposizione, ideale, reale
Il termine “dissolvenza” – mutuato dal contesto del montaggio cinematografico – descrive una transizione tra due inquadrature, in cui la prima si dissolve mentre appare la seconda. Le immagini di entrambe le scene risultano così momentaneamente sovrapposte, cosicché regni spaziali e temporali distinti, così come strutture narrative diverse, si fondono in un tutt’uno nella fase di transizione. L’opera There Is No There There presenta un inventario di frammenti architettonici tipici tratti da situazioni esistenti negli agglomerati urbani. Questi onnipresenti frammenti di ordinarietà e insignificanza sono catturati attraverso il mezzo di modelli architettonici scultorei, fotografati in ambienti urbani periferici. Come modelli della banalità quotidiana, si trasformano in strumenti di indagine dei principi, dei problemi e delle qualità fondamentali del nostro ambiente costruito. Presentato in questo modo, il banale acquista significato e dissolve rivelando un’ambiguità che si nasconde dietro la sua familiarità.
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Micol Roversi Monaco
Diritto del cielo: il caso francese
Parole chiave
Cielo, spazio aereo, legge, navigazione aerea, Francia
Il “diritto del cielo”, ovvero il diritto della navigazione aerea, è oggi un ramo del diritto ben definito, a livello internazionale e nazionale. La disciplina francese, prima nazione a interessarsi del tema, è paradigmatica. Il contributo ne tratteggia gli aspetti principali, che si occupano della sicurezza in volo ma anche delle posizioni giuridiche degli abitanti il territorio.
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République française
Codice dei Trasporti e Codice dell’Aviazione Civile
Parole chiave
Cielo, spazio aereo, legge, navigazione aerea, Francia
Traduzione curata da Micol Roversi Monaco di alcuni articoli del Codice dei Trasporti e del Codice dell’Aviazione Civile della Repubblica francese, versione in vigore il 20 luglio 2022.
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Fred Scharmen
Space
Parole chiave
Architettura spaziale, capsule, materiale, sublime, ambiente estremo
Lo spazio è immaginato spesso come una cosa neutra. In architettura, precisiamo la posizione e la natura di solidi e superfici, disponiamo le cose e gli oggetti in modo che sia possibile muoversi attraverso e intorno a essi. Lo spazio, in un certo senso, è semplicemente ciò che rimane dopo che queste configurazioni sono state eseguite. Ma questa è una comprensione incompleta della natura dello spazio. Lo spazio non è solo il risultato passivo della manipolazione attiva della forma. Il prodotto di tutto questo lavoro con i solidi e i materiali è lo spazio stesso, cioè ciò che viene plasmato. E come ogni mezzo, lo spazio ha le sue tendenze e resistenze. Lo spazio è attivamente creato e lo spazio, sulla Terra e fuori di essa, agisce anche alle sue condizioni, a volte con conseguenze mortali.
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Ettore Rocca
Timeo
Parole chiave
Platone, filosofia dell’architettura, filosofia della natura, armonia, spazio
Il Timeo di Platone non è solo uno dei testi fondamentali dell’Occidente di filosofia della natura. È anche il primo e fondamentale testo di filosofia dell’architettura dell’Occidente: racconta di come un architetto divino, il demiurgo, ha disegnato il mondo. La composizione architettonica dell’universo è modello di ogni composizione architettonica umana.
Questo è il primo insegnamento, valido ancor oggi, che il Timeo ci offre: ogni filosofia della natura è, in quanto filosofia della costruzione della natura, una filosofia dell’architettura. Per converso, ogni filosofia dell’architettura è, in quanto filosofia della costruzione di ciò che fin dall’inizio è consegnato alla natura, una filosofia della natura.
La cosa sorprendente è però che il Timeo contiene non una ma due filosofie della natura, e di conseguenza due filosofie dell’architettura. La prima filosofia della natura/architettura possiamo chiamarla una filosofia del cielo, la seconda una filosofia di ciò che è prima del cielo: lo spazio.
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Sara Buoso
Universe
Parole chiave
Universo, Cosmologia, Quadri di riferimento, Interconnessione, Continuo
l termine "universo" definisce l'insieme delle materie che costituiscono lo spazio cosmico oltre l'infinito. Le scoperte scientifiche moderne, condotte nel XX secolo sia nel campo della fisica sia in quello delle scienze sociali, si oppongono al tradizionale assunto metafisico e astratto del termine, suggerendo sistemi sperimentali e innovativi di configurazioni dell'immagine stessa di universo. Questa apertura etimologica esamina in particolare i contributi che le Teorie della Relatività e le Teorie Quantistiche devono alla moderna rappresentazione, morfologia ed evolutiva dell'universo in relazione alle azioni umane e non. Mettendo in luce le incongruenze tra i modelli classici di indagine e quelli relativistici e quantistici, questo lavoro discute i cambiamenti paradigmatici che influenzano la configurazione degli eventi, delle esperienze e delle relazioni nell'universo. In definitiva, soffermandosi sulla differenza che connota lo spazio cosmico e la nozione di universo infinito, il presente lavoro l'emergere di una nuova area di indagine che risiede nell'alleanza tra arti e scienze.
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Federico Deambrosis
Australe
Parole chiave
Buenos Aires, Le Corbusier, viaggio
La mappatura della volta celeste a sud dell’equatore costituisce dal Rinascimento un terreno comune per generazioni di navigatori europei. Alla fine degli anni Venti, un altro europeo volge lo sguardo a un cielo stellato per lui inedito: si tratta di Le Corbusier che, invitato a tenere un ciclo di conferenze in città, entra nel porto di Buenos Aires a bordo del transatlantico Massilia la notte del 28 settembre 1929.
Quasi si sia trattato di un atto fondativo per l’architettura moderna nel continente, il viaggio sudamericano dell’autore, che oltre all’Argentina visita l’Uruguay, il Brasile e il Paraguay, ha funto, sin da inquadramenti storiografici ormai divenuti classici e poi ancora in lavori più recenti, da primo termine cronologico per osservazioni condotte tanto dall’interno, come dall’esterno del Sud America. Ma, invertendo la prospettiva, il viaggio può essere interpretato come punto di svolta nel discorso urbanistico dell’architetto svizzero. Tra le visioni elaborate nel 1929 e poi raccolte in Précisions, quella per Buenos Aires è senz’altro la più attenta a cogliere i caratteri e le opportunità della città esistente. Anni dopo, l’attenzione di Le Corbusier viene richiamata sugli schemi tracciati e forse dimenticati dall’arrivo al 25 di rue de Sèvres di due giovani architetti argentini, Juan Kurchan e Jorge Ferrari Hardoy, che si cimenteranno sotto la supervisione del “maestro” con lo sviluppo delle ipotesi formulate nel 1929. Ferrari e Kurchan con Antoni Bonet fanno ritorno a Buenos Aires nel 1938 con il compito di ottenere l’incarico per la redazione del piano. Dalla loro iniziativa congiunta germina un gruppo, chiamato Austral, che si propone di “movilizar la sociedad”: un proposito certamente congruente, se non esattamente coincidente, con la realizzazione del piano.
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Claudia Pirina
Boreale
Parole chiave
Oculo, luce, ombre, Pantheon, Pozzo di Santa Cristina
Dall’incessante studio della forma e del moto della terra e dei corpi celesti che influenzano la vita discende uno sguardo verso il cielo per comprendere e descrivere i fenomeni naturali scientificamente determinati dalle caratteristiche astronomiche e astrofisiche che scandiscono il trascorrere di tempo e stagioni. L’antico mistero dei fenomeni astronomici, da sempre associato al rapporto tra il sacro e la divinità, è indagato in questa voce di dizionario attraverso quei sofisticati dispositivi architettonici capaci di mettere in diretta relazione terra e cielo. Forma simbolica dell’architettura e controllo del suo rapporto con gli astri costituiscono il centro dell’interesse dei grandi architetti che riconoscono il carattere e lo spirito di un’architettura nella capacità del suo spazio di istituire rapporti tra dimensione, struttura e luce.
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Silvia Dalzero
Città (volenti)
Parole chiave
Ignoto, anticipatorio, futuro, sospeso, Carsten Höller
Si potrebbe intendere il viaggio alla scoperta delle città (volanti) come una spiccata aspirazione al progresso. Data la loro componente ideale, la loro attitudine anticipatrice dei tempi, avendo come fine ultimo quello di prefigurare realtà immaginifiche, l’architettura delle città evocate in questa voce di dizionario viene usata nei suoi linguaggi, nei suoi limiti e nelle sue possibilità di futuro.
Il campionario di esempi suggerisce architetture molteplici, disposte sempre a riattivare un’immagine sin anche fantascientifica di strutture e forme sospese dal suolo, innalzate in cielo e attraversate da aria e luce di cui fanno parte: dalla realtà urbana volante di Hayao Miyazaki con la sua città-fortezza di Laputa, al progetto Cloud 9 di Buckminster Fuller, dalla macchina volante di Tatlin alla Nuvola di ferro di El Lissitzky, alla città volante progettata dall’artista-architetto sovietico Krutikov nel 1928 e oggi ricomposta da Carsten Höller e le villes spatiales fluttuanti nell’aria di Yona Friedman. In questo eteroclito viaggio ci ritroveremo catapultati in una realtà passata e presente ma anche pronta a sfidare l’ignoto e prospettare città volanti future, proiettate in un altrove tutto ancora da conquistare e abitare.
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Gli organi direttivi comunicano di aver modificato l’articolo di Michael Hirschbichler, Dissolves (Sky Pieces), in “Vesper”, no. 7, nella sua edizione digitale in open access disponibile in questa pagina e nelle banche dati. La modifica dei contenuti è avvenuta dopo che Michael Hirschbichler, assumendo le proprie responsabilità e sollevando la Rivista (Vesper) e l’Editore (Quodlibet srl) da qualunque tipo di controversia, ha segnalato in data 9/5/24 il proprio mancato rispetto del diritto d’autore nelle opere da lui sottoposte per la pubblicazione. Gli organi direttivi nel rispetto del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche (approvato il 21/12/2023), del Codice etico di Vesper e della liberatoria firmata da Michael Hirschbichler hanno così provveduto con tempestività a ottemperare agli obblighi verso il diritto d’autore.
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