Vesper
Primavera-estate 2023
in copertina:
Bas Princen, Retreat (Palekh), 2003, dalla serie Reservoir
Tutti i contributi pubblicati in questo numero sono stati sottoposti a un procedimento di revisione tra pari (Double-Blind Peer Review) ai sensi del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, ad eccezione dei testi presenti nelle rubriche Citazione, Inserto e Racconto.
ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-2064-5
DOI 10.57644/Vesper008
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L’ottavo numero di “Vesper” è dedicato al tema Vesper, insiste quindi su una doppia specchiatura: quella insita nella figura del numero otto e quella tra contenuto e nome del contenitore. I vespri e il progetto del tempo, il crepuscolo, il binomio Occidente e Oriente, il doppio come condizione e come strategia, Venere e Venezia, il tramonto come direzione propizia, il disegno delle ombre, il camouflage, Vesper Lynd e il cocktail Vesper (entrambi invenzioni della penna di Ian Fleming) sono la costellazione di punti che si propagano dal termine vesper e che “Vesper” 8 vuole illuminare.
Autori
Sara Marini (Editoriale); Dario Gentili (Editoriale); Umberto Eco (Citazione); Guido Boffi (Progetti); Snežana Vesnić (Progetti); Francesca Belloni (Progetti); Giorgio Azzariti (Progetti); Massimiliano Ciammaichella (Saggi); Jacques Lucan (Saggi); Stamatina Kousidi (Saggi); Alberto Sdegno (Saggi); Bernhard Rüdiger (Inserto); Paolo Foraboschi (Tutorial); Malvina Borgherini (Viaggi); Davide Deriu (Viaggi); Marco Toffanello (Racconto); Redazione Vesper (Ring); Fabio Gigone (Archivio); Cristina Moraru (Dizionario); Gavin Keeney, Andreas Philippopoulos-Mihalopoulos (Dizionario); Guglielmo Bottin (Dizionario); Francesca Cremasco (Dizionario); Stefano Tomassini (Dizionario); Tania Garribba, Lisa Ferlazzo Natoli, Maddalena Parise (Dizionario); Simone Ferracina (Dizionario); Evelina Praino, Camillo Boano (Dizionario); Ettore Rocca (Dizionario).
Indice
Abstract e contributi in accesso aperto
Sara Marini
Vesper
Parole chiave
Vesper, specchiatura, ombra, crepuscolo, cecità
L’ottavo numero di “Vesper” è dedicato al tema Vesper, insiste quindi su una doppia specchiatura: quella insita nella figura del numero otto e quella tra contenuto e nome del contenitore. I vespri e il progetto del tempo, il crepuscolo, il binomio Occidente e Oriente, il doppio come condizione e come strategia, Venere e Venezia, il tramonto come direzione propizia, il disegno delle ombre, il camouflage, Vesper Lynd e il cocktail Vesper (entrambi invenzioni della penna di Ian Fleming) sono la costellazione di punti che si propagano dal termine vesper e che “Vesper” 8 vuole illuminare.
Guardare dentro il crepuscolo equivale a sciogliere evidenti differenze e distanze, corrisponde a confondere i confini degli oggetti e a mettere alla prova le certezze dello sguardo, immergendo quest’ultimo dentro l’imbrunire del “contemporaneo”. La cecità è un atteggiamento necessario per leggere la realtà, come già proponeva José Saramago; Giorgio Agamben precisa che per stare dentro il proprio tempo è necessario costruirne una sfasatura, un anacronismo: non vedere le luci ma saperne rilevare le oscurità; Umberto Eco ricorda che considerando il buio è possibile conciliare un “senso affettuoso del concreto e una danza di sublimi astrazioni”.
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Dario Gentili
Adriatica
Parole chiave
Adriatico, mare, alba, sessantotto
Alba e tramonto non caratterizzano solo le due coste opposte della penisola italiana: quella tirrenica e quella adriatica. Possono rappresentare anche un passaggio d'epoca, quello tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta: tra il tramonto del “lungo 68 italiano” (1968-1977) e l’alba delle sperimentazioni – culturali, di stili di vita, architettoniche – del postmodernismo italiano.
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Umberto Eco
Déja vu
Parole chiave
Eco, James Bond, déjà vu, Fleming
Breve estratto da Umberto Eco, Le strutture narrative in Fleming, in Oreste Del Buono, Idem (a cura di), Il caso Bond. Le origini, la natura, gli effetti del fenomeno 007, Bompiani, Milano 1965, p. 113.
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Guido Boffi
Ombra, che illumina. Lunario di Guido Guidi
Parole chiave
Guido Guidi, fotografia, immagine, ombra, doppio
In Lunario (2019) Guido Guidi raccoglie un centinaio circa di fotografie eseguite tra il 1968 e il 1999 dedicate al tema della luna. Luna fotografata nella sua apparenza notturna, come pure “immaginata” nella forma della mela o del volto; metaforizzata nella falce, nel foro del muro inquadrato di traverso, nella palla, nella fetta di cielo, nelle lunule proiettate attraverso il fogliame sul muro di casa durante un’eclisse parziale di sole. Il saggio si concentra sull'analisi della fotografia: Pinarella di Cervia (1980). In questa foto, più che in altre, Guidi procede all'identificazione tra terra e luna, produce il doppio figurale della luna sulla terra: la terra vista dalla luna è "duplicata" come la luna-terra vista dalla terra-luna. Di qui il nocciolo della questione, oggi enfatizzato dalla fotografia digitale: il soggetto prodotto (tecnicamente) dalla macchina e (manualmente) dal fotografo può mai essere un "doppio" delle cose?
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Snežana Vesnić
Villa Pavlović e la dissoluzione dell’oro
Parole chiave
Villa Pavlović, forma, morfogenesi, oro, dissoluzione
Il contributo offre una base teorica per comprendere la metodologia di progetto di Villa Pavlović (dello studio di architettura NEO arhitekti di Belgrado). L’analisi teorica del processo di progettazione si concentra sulla questione della forma. L’idea iniziale di costruire una corsia per il nuoto di cinquanta metri nel seminterrato ha dato alla casa una forma allungata, ma alla fine non è stata realizzata. Nel momento in cui la forma ha perso la sua funzione principale, la sua finitudine è diventata un problema da superare per continuare il processo di progettazione. Riflettendo sui problemi teorici della teleologia e del tempo, il testo spiega indirettamente la metodologia applicata per la destabilizzazione della forma creata. In questo senso, la metafora della dissoluzione dell'oro descrive il processo di progettazione, potenzialmente inteso come opposto alla morfogenesi.
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Francesca Belloni
Ceci n’est pas un escalier. Twiggy e il surrealismo di Architecten De Vylder Vinck Taillieu
Parole chiave
Twiggy, surrealismo costruttivo, anticlassicismo, figurazione
Attraverso un’indiretta contaminazione con l’arte, advvt lavorano sul doppio, sullo scarto, sulle illusioni ottiche, sul non-senso per trasformarli in veri e propri elementi del progetto, per aprire, attraverso la loro interpretazione alla parodia, alla parafrasi e al paradosso. Una sorta di moderno surrealismo costruttivo tutto incentrato sulla compresenza di opposti e sulla loro doppia o molteplice specchiatura.
In particolare, il negozio Twiggy a Gent del 2011 condensa e sviluppa, mette in scena e racconta tali dinamiche, costruendo la base materiale capace di renderne possibile il dispiegamento.
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Giorgio Azzariti
Custodire nature duplici. La sede centrale Synthes dello studio Märkli
Parole chiave
Märkli, Synthes, tettonica, ordine, dualità
Nel 2007, Peter Märkli viene incaricato di progettare la sede dell'azienda leader mondiale di ingegneria biomedica Synthes a Soletta, una delle perle barocche Svizzere. Non gli viene richiesto di confrontarsi direttamente con questo gioiello architettonico, ma piuttosto con la sua controparte contemporanea: la periferia. Tuttavia, la duplice natura della specificità del sito e della storia della città – l’anonima espansione moderna e la lussureggiante preesistenza ottocentesca – diventa il punto di partenza per progettare un edificio le cui dimensioni trascendono la scala locale, relazionandosi direttamente con i punti di riferimento storici e naturali di Soletta, permettendogli di mimetizzarsi con il paesaggio. I suoi elementi compositivi – colonne, nodi, travi – testimoniano come modelli architettonici del passato possano ancora avere una vitalità nel presente, mentre il gesto di prodezza tettonica della costruzione riconcilia nature apparentemente opposte: ordine barocco e incertezza periferica, vastità e camouflage, tempi antichi e condizioni attuali.
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Massimiliano Ciammaichella
Blackout. Rappresentazioni di presenze ai confini del nero
Parole chiave
Disegno, immagine, buio, vista, percezione visiva
Il nero della notte è il colore simbolo di un’ossessione che ci accompagna sin dalle interpretazioni storiche delle origini del cosmo. Con sospetto e una certa ritrosia, ancora oggi, proviamo ad avvicinarci a ciò che difficilmente gli occhi riescono a captare, ma questo non dipende necessariamente dalle nostre nictofobie e fotofobie, semmai si espande ai retaggi culturali e alle simbologie che attraversano il concetto stesso di tenebra.
Il saggio indaga quelle forme di rappresentazione liminali e oggettive il cui posizionamento oscilla fra gli ultimi stadi dell’ombra e del buio, muovendosi nei territori ibridi della scientificità e della narrazione, per indagarne le teorie, i fattori culturali e i cortocircuiti che fanno del blackout non solo una metafora dell’incapacità di vedere e sentire ciò che non si può vedere, ma anche una condizione di vivere ampiamente documentata.
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Jacques Lucan
Lezioni di Venezia
Parole chiave
Forma urbana, forma aperta, progetto, modernità
Nel Novecento, come hanno guardato alla forma della città di Venezia scrittori, storici e architetti, come l'hanno interpretata? E se consideriamo che Venezia non va considerata come un mondo da conservare “in vitro”, quali lezioni porta le conoscenze della città per possibili futuri?
Da Marcel Proust o Jean-Paul Sartre a Le Corbusier, da Saverio Muratori a Giuseppe Mazzariol, senza dimenticare Vittorio Gregotti o Manfredo Tafuri, la forma urbana della Venezia storica può essere vista come una rete capillare, omogenea e neutra, entropica, con la crescita organica di una forma aperta. L'idea di forma aperta è un modo di opporsi alla realtà di una forma chiusa, congelata nella venezianità? Da una possibilità a una nuova modernità che, tuttavia, esce dai sentieri battuti del “moderno”.
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Stamatina Kousidi
Grotte, cavità e nuvole
Parole chiave
Cavità oscure, atmosfere, interiore, suolo, spazio incarnato
Dall’altro lato del fascino modernista per le pelli trasparenti, per i volumi eterei e per una fluida continuità tra interno ed esterno, si sosteneva un’implicita ma sorprendente preoccupazione per la figura dello spazio cavernoso. Essa ha attinto a esperienze non mediate di manufatti vernacolari, naturalmente formati e ha dato origine a concettualizzazioni alternative degli spazi dell’abitare e della città in connessione con il mondo sotterraneo. La fantasia architettonica dello spazio cavernoso, scarsamente illuminato e terroso, sopravvive fino ai giorni nostri. In un contesto che vede un crescente interesse progettuale per le tematiche legate al suolo, alla ricerca di nuovi mezzi espressivi e modelli di edilizia sostenibile, questo saggio propone di esplorare momenti chiave in cui la prassi e il pensiero architettonico si intersecano con la figura della grotta – di spigoli oscuri, recessi e cavità – sia come pelle che come atmosfera, come oscurità e come luce, natura e artificio, terra e cielo.
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Alberto Sdegno
Esper. Blade Runner tra nuove tecnologie e intelligenze artificiali
Parole chiave
Intelligenza artificiale, nuove tecnologie, elaborazione digitale, immagine, modello 3D
Il saggio affronta una sequenza specifica del film Blade Runner, quella in cui viene utilizzato un computer – il sistema Esper – per esplorare uno spazio tridimensionale attraverso un’immagine bidimensionale. Tale serie di fotogrammi – di straordinaria importanza per la pellicola, perché rivelatrice di un indizio che consentirà al cacciatore di androidi Rick Deckard di svolgere la sua missione – anticipa alcune tecnologie oggi in uso e, indirettamente, permette un confronto con questioni di stringente attualità, come la gestione di modelli 3D di una certa complessità, l’impiego dell’intelligenza artificiale nella quotidianità, il rapporto tra realtà e finzione nella scenografia e nel plot narrativo. Vengono inoltre confrontate l’edizione del libro di Philip Dick, da cui è stata tratta la sceneggiatura, con quella filmica di Ridley Scott, anche attraverso la comparazione delle scene non utilizzate e disponibili nell’Ultimate Collector’s Edition.
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Bernhard Rüdiger
Il colpo di martello
Parole chiave
Martello, ossessione, erbe, Réunion, pressione
La serie intitolata Erbacce della Réunion (2019), delle erbe distrutte su fogli di carta, è il risultato di ossessivi colpi di martello. Risvegliare un’attenzione ossessiva non è però così semplice. L’ossessione non è un oggetto, un problema, una cosa che si può nominare. L’ossessione si serve di un oggetto per esistere, eppure questo oggetto, fosse anche una balena bianca, non è l’Oggetto che Jaques Lacan scriveva con una O maiuscola. L’oggetto che tiene la nostra attenzione è un paravento, quello che schermando lascia intravedere qualche traccia della nostra vera ossessione. Il paravento è necessario perché ci chiama ad eliminarlo. Senza paravento nulla potrà essere spostato, interrogato, reinventato. Il paravento va saggiato a colpi di martello perché possa apparire, dietro alla materialità di ciò che resta, l’Oggetto. Quello che si salva di questa idea del colpo di martello è che serva anzitutto far risuonare ciò che è cavo. È un processo creativo che riconosce ciò che è negativo, che sa pensare la pressione di un oggetto, la risonanza, la cavità, la sua dimensione politica.
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Paolo Foraboschi
Appunti per una inedita epistemologia dell’ingegneria strutturale
Parole chiave
Canto delle sirene, false certezze, ingegneria italiana, insostenibile vacuità del software, limiti della scienza
Il tutorial confronta l’Ingegneria Strutturale di oggi con quella del passato. L’incipit analizza come i princìpi che, più di tutti, caratterizzano la fisica moderna influenzano l’Ingegneria strutturale. Poi pone una domanda – come i grandi ingegneri del passato sarebbero se vivessero e lavorassero nel mondo di oggi – e tenta di offrire una riposta. Nella parte finale dell’articolo, l’autore dà un suggerimento su quali cambiamenti dovrebbero essere apportati nel rapporto tra la società e gli ingegneri affinché questi tornino ad avere, sul mondo di oggi, lo stesso formidabile impatto che ebbero nel passato.
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Malvina Borgherini
Dell’uomo-vespertilio. O su Leigong e Batman, tra mitologia cinese e fumetto della Golden Age americana
Parole chiave
Pipistrello, ibrido, animale, lucifero, demoni-tuono
Il vespertilio (termine derivato dal latino e in uso già nella lingua letteraria antica con il significato generico di pipistrello), una sorta di topo volante che vive prevalentemente di notte, è divenuto, agli occhi dell’immaginario comune, l’animale che più di ogni altro simboleggia il mondo delle tenebre e i nostri timori più profondi.
Nell’articolo si prendono in considerazione esempi di ibridazione uomo-animale che attraversano culture ed epoche lontanissime tra di loro (il Mediterraneo antico, la Cina taoista e l’Occidente cristiano nel Medioevo, l’America wasp dei primi decenni del XX secolo), sottolineandone affinità e distanze.
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Davide Deriu
Viaggio ad Ankara: la capitale moderna vista da Occidente
Parole chiave
Ankara (Angora), Istanbul (Costantinopoli), Occidente, Oriente, Turchia
Il centenario della Repubblica turca, proclamata nel 1923, offre lo spunto per rivisitare un momento storico in cui la percezione europea dell’Oriente mutò in modo rapido e inatteso. Come in un gioco di specchi, al tramonto dell’Occidente evocato in Europa si contrapponeva l’alba della Turchia, lo stato-nazione ispirato a un’ideologia laica e riformista. L’architettura giocò un ruolo fondamentale nella sua costruzione: negli anni Venti e Trenta, l’antica città di Angora (Ankara) fu trasformata da architetti europei chiamati a progettare una capitale moderna. Il cantiere della città ridefinì la geografia del viaggio in Oriente, spostandone la meta da Costantinopoli (Istanbul) – decantata da autori orientalisti fra metà Ottocento e inizio Novecento – al cuore dell’Anatolia. Dopo aver attraversato la steppa, i viaggiatori europei erano colpiti dall’arrivo in un luogo carico di promesse e contraddizioni. Dagli scritti dell’epoca emerge lo spaesamento dell’Occidente di fronte a un processo di cambiamento che sovvertì i principi stessi della cultura orientalista.
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Marco Toffanello
L'arca
Parole chiave
Pasquale Rotondi, salvataggio, opere, arca, archivio
Riscrittura del diario di Pasquale Rotondi, che durante la Seconda Guerra Mondiale salvò circa diecimila opere d’arte. Questa narrazione, che conserva la struttura lineare e frammentaria tipica del diario, propone una serie di verifiche fotografiche tra la didascalia e l’immagine, la lista pratica e la lista poetica, la fotografia documentaria e la fotografia d’autore. Tutto, in questo diario, è estrapolato dall’originale, la ricollocazione dei suoi elementi genera una lettura ambiguamente reale del racconto.
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Redazione Vesper
Loos vs Los
Parole chiave
Adolf Loos, copie, Kärtner Bar, assonometria, ring
Quattro disegni interpretativi di quattro architetture che reinterpretano il Kärtner Bar progettato da Adolf Loos a Vienna nel 1908 mettendo in scena un ring tra l’originale e le sue copie.
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Fabio Gigone
La balaustra della Chambre du Roi di Luigi XIV: l’architettura del bando
Parole chiave
Luigi XIV, Versailles, balaustra, bando, sovranità
Il contributo esamina la doppia natura del monarca francese nel XVII secolo in relazione all’evoluzione delle espressioni architettoniche promosse dal sovrano.
Nata dalla sovrapposizione di aspetti teologici e politici, la doppia natura del re francese si manifestava in formule iconografiche, apparati giuridici, meccanismi linguistici e dispositivi architettonici.
Tra questi ultimi, la Chambre du Roi di Luigi XIV a Versailles e la sua balaustra dorata rappresentarono la soglia tra il corpo naturale e quello mistico.
L’articolo rileva l’attivazione del bando, incorporato nella balaustra di Luigi XIV, come un dispositivo giuridico e politico che governa e manifesta il potere sovrano del re di Francia e ne rivela lo sdoppiamento.
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Cristina Moraru
Vagabond
Parole chiave
Vagabondo, turisti, modernità liquida, tempi vesper, antagonismo
Ai tempi del Vespro, la condizione polarizzata della nostra umanità distingue tra vagabondo e turista, ricco e diseredato, élite liquida e povero criminalizzato. Mentre la condizione di vagabondo è associata alla criminalità, l'idea di turista è associata al consumo. Tra consumo e criminalità, un'ampia gamma di approcci e atteggiamenti verso il capitale sta strutturando le identità. La nostra modernità liquida sfida costantemente i processi di costituzione dell'identità, mettendo alla prova la nostra capacità di adattamento e differenziandoci in base alla nostra mobilità. Dovremmo quindi considerare come siamo condizionati a muoverci, come ci avviciniamo alle distanze - come turisti o come vagabondi?
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Gavin Keeney, Andreas Philippopoulos-Mihalopoulos
Veronese
Parole chiave
Presentismo assurdo, parallasse architettonica, viaggi nel tempo, rinascimento veneziano
Veronese è una rilettura non ortodossa de Le nozze di Cana di Paolo Veronese presso il Refettorio Palladiano di San Giorgio Maggiore, Venezia. La premessa è che la prospettiva non è sempre razionale e spesso include i punti di fuga come depistaggi. Mentre la stanza e il dipinto sono collegati visivamente, per la magia prospettica della stanza e del dipinto, l'ingresso concettuale al dipinto (e l'ipotetico ingresso alla stanza dal dipinto) è in realtà situato nell'angolo in ombra in alto a destra e richiede una scala. Tanto non si vede quanto si vede. In questo senso, l'evento dell'Agonia nell'orto è nascosto nell'evento delle nozze di Cana.
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Guglielmo Bottin
Vespertine
Parole chiave
Björk, musica pop, crepuscolo, Vespertine, elettronica
Prendendo spunto dal lemma “vespertino”, il contributo analizza le caratteristiche crepuscolari e le numerose antinomie presenti nell’omonimo lavoro di Björk. L’album – recentemente oggetto di un adattamento operistico – affronta il tema della sensualità nei suoi molteplici aspetti con modalità narrativo-musicali che vanno dal sublime celestiale, alla carnalità terrena, all’intimità che nasconde il perturbante. Tra canto allocutorio e vocalità istintiva e soffocata, Bjork alterna atmosfere elettriche a paesaggi sonori ipnagocici, autorialità ad appropriazione, ritmi disarticolati e stratificazioni omogenee di archi e cori, performatività parossistica a un senso di isolamento in spazi privati e reconditi dove il mondo fisico e quello immateriale si confondono. Queste contrapposizioni sonore e testuali presentano una doppia riflessione che, come una soglia crepuscolare, si apre alternativamente alla luce o all’oscurità.
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Francesca Cremasco
Visibility
Parole chiave
Luce, ombra, trasparenza, opacità, visione crepuscolare
La visibilità implica la capacità di vedere del soggetto che osserva, così come la capacità di essere visto. La visibilità, strettamente determinata dalla luce, chiama in causa quattro aspetti: di geometria/spazio, di materia/superficie e contesto, del campo e del soggetto. I primi hanno caratteri fisico-oggettivi con una certa stabilità intrinseca, mentre i secondi rappresentano condizioni più instabili, di natura fenomenologica e fisiologica. In architettura, il binomio primordiale che afferisce alla percezione visiva è la coppia trasparenza/opacità, correlabile ai binomi vuoto/pieno e luce/ombra. La trasparenza, fra tutte le caratteristiche ottiche della materia, ha contribuito alla svolta percettiva di un’architettura che ribalta rapporti e significati nello scorrere dal giorno alla notte, passaggio segnato dalla visione crepuscolare. È nell'heure bleue che le sollecitazioni del nostro apparato cognitivo si amplificano rivelando un cortocircuito di significati.
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Stefano Tomassini
Wait
Parole chiave
Attesa, crepuscolo, corpo, futuro, scarto
In questo senso, l’attesa è la prima barriera che l'umanità può porre al vespro contro l’incombente notte degli orrori: nonostante l’ammonimento di Martin Heidegger, l’attesa non è un’epitomo della conoscenza. L’attesa è quindi una pratica che ha come oggetto il nulla – il nulla che già esiste ed è già qui. Inoltre, nell’attesa, dovremmo essere in grado di sprecare tempo, perdere il punto, liberarci della logica della produttività associata a una meta/un obiettivo/un risultato, e smascherare, all’interno della costante richiesta di accelerazione del nostro fare (come produttori o consumatori), le trappole alienanti della nostra tarda modernità. Occorre allora ripensare il corpo come luogo dell’attesa, l’attesa della realizzazione della vita, mai della morte – verso il vespro, mai verso la notte buia. Al crepuscolo, in conclusione, l’ultima azione dell’attesa è simile all’impotenza della spazzatura – materia della fine, compost nella sua potenzialità.
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Tania Garribba, Lisa Ferlazzo Natoli, Maddalena Parise
X
Parole chiave
Organismo, zona, confine, doppio, scaturigine
X è l’incognita, la X segnata sulla mappa, l’ipotesi; X definisce anche – nel romanzo di Jeff VandeMeer (2014) – un’area al centro della Terra in cui si è prodotta un’anomalia. Area in perenne mutazione che altera le creature e lo scorrere del tempo, organismo esteso, senziente, di natura radicalmente non umana. Zona modificata e aliena dove le tracce del nostro mondo vengono integrate in un sistema ecologico che sintetizza nuove forme di vita, solo apparentemente somiglianti a quelle conosciute. Nell’Area X c’è un che di noto nella vegetazione, nei versi degli uccelli, nei piccoli animali, ma qualcosa non è esattamente come dovrebbe. Chi viaggia nell’Area X ne torna, se torna, in forma di originale mutato o di copia. L’Area X sfugge al controllo, si propaga come un’infezione generativa e moltiplicatrice; nuove forme di vita si sommano o si sostituiscono a quelle conosciute indicando la possibilità che il mondo ci sopravviva o continui semplicemente a esistere senza noi.
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Simone Ferracina
Yet
Parole chiave
Utilizzo, inquinamento, smaltimento, trasformazione, riutilizzo
L’articolo indaga l’avverbio yet e le sue fluttuazioni semantiche (ripetizione e continuazione; contrasto; attesa e possibilità), così come le sue temporalità intrecciate (prosecuzione del passato; prolungamento del presente; proiezione nel futuro) come figure che complicano una semplice comprensione del riutilizzo, come un cambiamento nella funzione o nell'uso di materiali e componenti da costruzione, negoziando sovrapposizioni tra la trasformazione (and yet) e la perpetuazione (yet again) di ciò che esiste. In quanto strumenti per proteggere la distanza tra ciò che qualcosa è e ciò a cui serve, questi suggeriscono anche una distinzione tra le proprietà attuali e disposizionali degli oggetti.
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Evelina Praino, Camillo Boano
Zoé
Parole chiave
Zoe, foresta, Agamben, polis
Il contributo riflette sulla relazione tra la zoé, la vita naturale e mai qualificata, e il bíos, vivere politico e qualificato, già forma di vita, per collocarla spazialmente e, infine, suggerire un’indeterminazione dei due poli che garantisca la politicità dell’esistenza. A partire dalla prospettiva di Uexküll, immaginiamo il mondo oggettivo e unitario in cui si muove il vivente (Umgebung) come una costruzione che ha luogo dalla presupposizione di più prospettive percettive singolari e animali, (Umwelt) in combinazione. Allo stesso modo, l’agorà, luogo del politico per eccellenza, si rivolge a un bíos che implica immediatamente una zoé, nella misura in cui non si dà politico che possa prescindere dalla corporeità esistente. Assumendo la zoé come presupposto nascosto, eppure, sempre vigente del bíos, una teoria del progetto consapevole della fecondità che nasconde la sua ombra, tra Umgebung e Umwelt, si rivolgerà allora all’Umweg, via deviante e insorgente, spazio finale in cui ogni polarità collassa.
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Ettore Rocca
Zimzum
Parole chiave
Zimzum, ritiro, autolimitazione, libertà, impotenza
צמצום, Zimzum, è un concetto teologico che tuttavia potrebbe avere grande rilevanza per il pensiero architettonico. Ne è autore il cabalista e mistico cinquecentesco Isaak Luria. Secondo Luria, perché la creazione possa aver luogo, Dio, l’Infinito, deve prima dare spazio al mondo. Lo fa con un movimento duplice, prima di contrazione in un punto, poi di ritrazione, allontanandosi dal suo centro. Questo centro vuoto e buio (chiamato tehiru) sarà il luogo dell’universo. Se il racconto della creazione è il racconto della composizione architettonica dell’universo, deve essere possibile secolarizzare il concetto mistico di zimzum e vederne le potenzialità per il pensiero architettonico. Quattro sono le linee di pensiero che propongo: la ritrazione, l’autolimitazione, il dare libertà, l’impotenza. L’architettura deve iniziare con la ritrazione; l’atto architettonico è tanto più potente quanto più è un atto di autolimitazione; l’architettura lavora per l’instaurarsi di relazioni libere; la potenza dell’atto architettonico è la confessione di una impotenza.
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