
Materia–autore
Autunno-inverno 2019
in copertina:
Olivo Barbieri, site specific_LAS VEGAS 07, 2007
Tutti i contributi pubblicati in questo numero sono stati sottoposti a un procedimento di revisione tra pari (Double-Blind Peer Review) ai sensi del Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, ad eccezione dei testi presenti nelle rubriche Citazione, Inserto e Racconto.
ISSN 2704-7598
ISBN 978-88-229-0478-2
DOI 10.1400/283006
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L’etimo della parola autore rinvia, con il verbo augere, a un gesto creativo e di incremento. Autore è l’istanza che crea, che accresce l’esistente. Nel 1967 Roland Barthes ne sancisce la morte in un celebre testo per ribadire che la crisi è quella dell’autore come soggettività individuale e nome condensatore di prestigio, già minato dalle strategie desoggettivanti di automatismo, casualità e frammentazione delle avanguardie storiche, così come dal gesto macchinico e di riproducibilità delle seconde avanguardie.
A cinquant’anni da quella affermazione l’assenza di autorialità sembra essere una griffe di successo. Le tensioni tra l’anomia della materia, la norma che istituisce autorialità e l’economia che rende possibile l’opera disegnano prospettive discordanti. L’artista fa dell’autodistruzione della propria opera la vera opera e ci si appella alla demolizione di architetture, d’autore o meno, per riprogettare, o meglio per riaffermare il territorio. L’intelligenza artificiale consolida le proprie logiche e la propria progettualità smarcandosi progressivamente dall’ingegno umano. Lo spazio della critica è sempre più evanescente, vi è però un’accezione di critica che, più che “firma” individuale, è esplorazione e esplicitazione di come il progetto fa teoria.
Il binomio materia-autore intende marcare queste tensioni e contraddizioni: in questa locuzione la parola autore interroga il permanere di quella prestigiosa soggettività proprio nel momento in cui le retoriche della “materia come autore” promettono altre forme di autorialità.
Autori
Sara Marini, Angela Mengoni (Editoriale); Bohumil Hrabal (Citazione); Andreas Angelidakis (Racconto); Philippe Rahm (Progetti); Jonathan Pierini (Progetti); Pippo Ciorra (Progetti); Rimini Protokoll (Progetti); Marko Pogacnik (Archivio); Francesco Urbano Ragazzi (Inserto); Gundula Rakowitz (Viaggio); Luigia Lonardelli (Saggi); Valerio Paolo Mosco (Saggi); Mieke Bal (Saggi); Francesco Bergamo (Saggi); Alice Leroy (Saggi); Irene Cazzaro (Traduzione); Alan Turing (Traduzione); Eduardo Roig (Tutorial); Sandro Marpillero (Dizionario); Ignacio Borrego Gómez-Pallete (Dizionario); Rafael Lorentz (Dizionario); Andrea Gritti (Dizionario); Nicolas Martino (Dizionario); Clinicaurbana (Dizionario).
Indice
Abstract e contributi in accesso aperto
Sara Marini, Angela Mengoni
Materia-autore
L’etimo della parola autore rinvia, con il verbo augere, a un gesto creativo e di incremento. Autore è l’istanza che crea, che accresce l’esistente. Nel 1967 Roland Barthes ne sancisce la morte in un celebre testo per ribadire che la crisi è quella dell’autore come soggettività individuale e nome condensatore di prestigio, già minato dalle strategie desoggettivanti di automatismo, casualità e frammentazione delle avanguardie storiche, così come dal gesto macchinico e di riproducibilità delle seconde avanguardie.
A cinquant’anni da quella affermazione l’assenza di autorialità sembra essere una griffe di successo. Le tensioni tra l’anomia della materia, la norma che istituisce autorialità e l’economia che rende possibile l’opera disegnano prospettive discordanti. L’artista fa dell’autodistruzione della propria opera la vera opera e ci si appella alla demolizione di architetture, d’autore o meno, per riprogettare, o meglio per riaffermare il territorio. L’intelligenza artificiale consolida le proprie logiche e la propria progettualità smarcandosi progressivamente dall’ingegno umano. Lo spazio della critica è sempre più evanescente, vi è però un’accezione di critica che, più che “firma” individuale, è esplorazione e esplicitazione di come il progetto fa teoria.
Il binomio materia-autore intende marcare queste tensioni e contraddizioni: in questa locuzione la parola autore interroga il permanere di quella prestigiosa soggettività proprio nel momento in cui le retoriche della “materia come autore” promettono altre forme di autorialità.
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Bohumil Hrabal
Just in Time
Breve estratto da Bohumil Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa, Einaudi, Torino 2014, pp. 3-4.
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Andreas Angelidakis
Democrazia dell’oro. (Autobiografia istantanea di un Internet Architect)
Vivo e lavoro ad Atene. Mi sono formato come architetto, e cambio ruolo tra artista, curatore, architetto e insegnante. La mia pratica multidisciplinare si concentra spesso su internet. Spesso parto da un edificio esistente, producendo modelli, film, ruderi, installazioni o storie alternative, confondendo realtà e finzione, sfumando i confini tra reale e virtuale.
Durante il mio periodo del “fingiamo di fare praticantato di architettura”, ho capito che internet ha cambiato sia il modo in cui progettiamo, sia il modo in cui viviamo la progettazione. Internet l’ha trasformata rimpiazzandola con una ricerca su Google. Sono stato invitato alla Biennale de l’Image en Mouvement di Ginevra; questa partecipazione mi ha riportato alla mente degli strani ricordi su Ginevra.
Demos Bar è un sistema di sedute modulari rivestito in ecopelle dorata, organizzato sia come zona di incontro, sia come soluzione per separare gli ambienti. Ho progettato Gold Demos per Ginevra come i lingotti d’oro che erano recentemente evaporati dalle vicine banche svizzere.
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Philippe Rahm
Climatorium. L’architetto come meteorologo
L’architettura è l’arte di costruire climi.
L’uomo abita l’aria invisibile e non i muri tangibili. Il fine dell’architettura è la cavità dello spazio attraversabile e non il pieno dei muri che è inaccessibile. Attraverso il proprio sapere, l’architettura modifica una parte del clima naturale, edulcora una certa quantità di atmosfera terreste, antropizza uno spazio naturale. Tutto il portato dell’architettura è teso a sviluppare delle misure termiche, igrometriche, chimiche, elettromagnetiche. L’architetto deve progettare dei climi piuttosto che delle forme geometriche.
Il Climatorium è un edificio di 3500 metri quadri che funge da centro visitatori del Taichung Central Park di Taiwan. L’architettura stessa del Climatorium, la sua modalità costruttiva, presuppone e rivela il ruolo e la missione primaria dell’architettura nei confronti del clima.
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Jonathan Pierini
Che farò senza Euridice?
CFSE? è un’installazione nata dallo studio dei meccanismi della scrittura tipo-grafica tra bi- e tri- dimensione con l’obiettivo di trasformare una questione di linguaggio in uno spazio abitabile.
Obiettivo della ricerca sul lungo periodo è quello d’interrogare la validità di due modelli narrativi, quello ciclico del racconto mitologico e quello lineare del tempo storico, rispetto alla contemporaneità intesa sia come condizione storica sia come condizione comunicativa post-digitale.
La consapevolezza di un’inevitabile compresenza di strutture narrative e di relative scritture nella contemporaneità è assunta, al tempo stesso, come condizione operativa e come argomento.
Tale compresenza implica la coesistenza di diverse autorialità che corrispondono a altrettanti ruoli definiti sulla base delle possibilità del soggetto rispetto alle configurazioni del dispositivo.
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Pippo Ciorra
Opera anonima. L’asilo-casa di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Il testo contiene la descrizione e una lettura critica di un’opera recente di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo. L’opera in questione è un ex-asilo d’infanzia trasformato in casa unifamiliare a Mazzarrone (CT). La scrittura procede secondo un approccio “a strati successivi”. Il primo riguarda l’opera specifica, il suo significato intrinseco e la sua collocazione all’interno del corpus di lavori della sua autrice. Il secondo tende a collocare l’opera della progettista siciliana nel tempo e nello spazio (critico) dell’architettura italiana degli ultimi cinquant’anni. Il terzo indaga le relazioni tra il “metodo” Grasso Cannizzo e questo progetto in particolare e il tema-guida di questo numero della rivista, il binomio materia-autore. La conclusione cui si giunge (e che viene argomentata) nell’articolo è che Grasso Cannizzo rappresenti un esempio virtuoso di una figura di autore interamente rivisitata alla luce del contesto socio-antropologico culturale e artistico del XXI secolo.
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Rimini Protokoll
Nachlass. Pièces sans personne
Cosa rimane dopo che siamo morti? Come si può mettere in scena la memoria?
La parola tedesca “Nachlass” indica l’intero lascito, materiale e immateriale, di chi muore. È composta da “nach” (dopo) e dal verbo “lassen” (lasciare).
Nel 2017, Stefan Kaegi/Rimini Protokoll ha accompagnato otto persone che, per ragioni differenti, avevano deciso di preparare il loro addio. In collaborazione col regista Dominic Huber, ha costruito otto spazi all’interno dei quali i protagonisti raccontano, in loro assenza, la storia di ciò che rimarrà quando non ci saranno più. Il contributo propone il testo completo dell’opera.
Nachlass offre otto declinazioni di ciò che lascito ed eredità significhino oggi. In che modo la legislazione incide sulla configurazione delle singole proprietà? Quali sono le conoscenze storiche che appaiono importanti all’inizio del XXI secolo al punto da venire tramandate alle generazioni future? Cosa intendiamo trasmettere alle persone che amiamo e cosa lasciamo alla società in cui viviamo? Gli otto protagonisti guidano i lettori verso i bordi della propria stessa esistenza, nel punto in cui viene passato il testimone.
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Marko Pogacnik
Una rete di discordanti alleanze. L’epistolario di Giancarlo De Carlo
L’Archivio Progetti dello Iuav conserva un cospicuo carteggio che documenta l’estesa rete di amicizie e relazioni che Giancarlo De Carlo seppe tessere nel corso della sua lunga attività. Si tratta di un lascito che solo nella parte relativa al carteggio personale conta più di duemila carte cui si devono aggiungere – perché ordinate a parte – le lettere relative al lavoro professionale, quelle redatte come direttore di “Spazio e Società” (1978-2001) e, infine, la corrispondenza per l’ILAUD, la scuola internazionale che egli diresse dal 1976 al 2003. A questo corpo già significativo di documenti va aggiunta la corrispondenza come membro del MSA (di cui fu direttore dal 1955 al 1957, periodo che coincide con la sua attività di redattore a “Casabella-Continuità”) e del Team X (dalla riunione dei CIAM a Otterlo nel 1959 fino alla loro sospensione nel 1981).
L’archivio della corrispondenza, in tal senso, documenta l’attenzione con la quale De Carlo amministrava la fitta rete delle sue relazioni epistolari come parte della costruzione della sua immagine pubblica.
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Francesco Urbano Ragazzi
Kenneth Goldsmith’s Hillary
Nella mattinata del 10 settembre 2019, attorno alle ore 10:00, Hillary Clinton è giunta in visita nell’iconico Cinema Teatro Italia di Venezia. La balconata al secondo piano dell’ex sala cinematografica – convertita in supermercato nel 2016 – è stata infatti trasformata in uno spazio museale dove l’artista Kenneth Goldsmith ha stampato ed esposto le 62.000 pagine delle e-mail di Hillary Clinton finite al centro di un violento dibattito politico tra il 2015 e il 2016. Si tratta della corrispondenza più controversa e importante della storia recente. I curatori della mostra di Goldsmith, il duo Francesco Urbano Ragazzi, operano sulla rassegna stampa generata dall’evento, trasformandola in poesia automatica.
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Gundula Rakowitz
Meta Istanbul. Il viaggio anti-autoriale di Margarete Schütte-Lihotzky
Margarete Schütte-Lihotzky dichiara che l’autorialità non è limitata a un’invenzione decisiva, come la Frankfurter Küche, ma è un viaggio di vita, un’apertura a nuove sperimentazioni di una progettazione pienamente civile. Il suo viaggio anti-autoriale inizia da Vienna, poi Francoforte e nel 1930 con la Brigata May è in Unione Sovietica, da dove parte con il marito Wilhelm Schütte nel 1937 per Istanbul. Su invito di Bruno Taut, tornata nel 1938 in Turchia, mette in pratica le conoscenze acquisite durante le esperienze di architetto nomade nella progettazione di strutture scolastiche. Il primo progetto è la Torre della Festa della Repubblica turca sulla testa di ponte di Karaköy, un tema simmeliano: ponte e porta. Tornata a Vienna nel 1940 per continuare la resistenza antifascista, già nel gennaio del 1941 è arrestata dalla Gestapo e liberata solo nel 1945. Il suo viaggio continua anche dopo, ripartendo di nuovo da Vienna alla ricerca di principi etici che comandano principi estetici.
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Luigia Lonardelli
Maria Lai. Disperdersi nell’opera
Maria Lai (Ulassai, 1919 - Cardedu, 2013) con la sua opera ha attraversato tutta la ricerca artistica del secondo Novecento italiano, la sua capacità immaginifica ha saputo traghettare il suo lavoro verso le nuove pratiche comunitarie del nuovo millennio. Pur rimanendo volutamente appartata dal sistema di accreditamento internazionale, Lai ha sviluppato un personale esperanto che alla consapevolezza del linguaggio e della tradizione del suo contesto di provenienza, l’Ogliastra, ha sapientemente unito l’elaborazione di un lessico universalmente comprensibile in cui la Sardegna diventa metafora di una condizione di insularità personale e collettiva. L’articolo prende in esame la scelta e il trattamento di alcuni materiali utilizzati da lei prediletti, leggendoli come testimonianze di un atteggiamento che rivendica l’anonimato della mano dell’artista e la scelta di intraprendere un percorso di deculturizzazione e unlearning funzionale a definire un territorio di ricerca libero da ogni precondizionamento identitario e linguistico.
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Valerio Paolo Mosco
La guerra del capitano Terragni
Il tenente Giuseppe Terragni è richiamato alle armi nel settembre del 1939. È tra i primi a partire militare nonostante l’Italia non sia ancora in guerra (entrerà un anno dopo, nell’agosto del 1940). Parte in sordina, con una discrezione limite della noncuranza; parte il giorno in cui viene a sapere che il progetto per il Danteum è momentaneamente accantonato. Il lungo periodo di addestramento, che si concluderà con la sua partenza per la Jugoslavia prima e in seguito per l’Unione Sovietica, lo passa a Cremona, Caprino Veronese e Nettunia, facendo spola tra le diverse caserme e Como dove sono rimasti sul tavolo diversi progetti e soprattutto diverse possibilità di altri incarichi. Parte convinto che è in grado di poter gestire in contemporanea vita militare e vita professionale. Non si sbaglia: l’anno successivo alla sua partenza è infatti uno dei più produttivi della sua vita.
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Mieke Bal
Sfidare e salvare l’autore
A partire da una discussione dei concetti di autorialità elaborati da Roland Barthes e Michel Foucault, l’autrice propone un riesame dell’istanza autoriale e una sua ridefinizione attraverso un esempio tratto dalla propria produzione artistica, la video installazione Don Quijote. Sad Countenances (2019). Questo oggetto mette in luce aspetti cruciali di un’autorialità multipla e esposta a regimi di temporalità anacronici (o, nei termini dell’autrice, “pre-posteri”). L’opera coinvolge, infatti, una pluralità di autori nella concezione, nella realizzazione e nella curatela e al contempo mette in luce il legame dell’istanza autoriale originaria con il presente. L’intreccio tra il Quijote di Cervantes e la sua vicenda biografica dai tratti traumatici ritrova un legame con il tempo presente attraverso i temi, le forme e la materialità dell’installazione. Il cortocircuito tra autore originario e una più tarda ripresa della sua opera da parte di un collettivo autoriale conduce alla proposta di alcuni tratti identitari per un ripensamento generale dell’autorialità.
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Francesco Bergamo
In terre sconosciute. Epistemologia, rappresentazione e progetto nell’era delle macchine intelligenti
Il contributo intende investigare i modi contemporanei del progetto più soggetti alle tecnologie digitali, alla luce (e specialmente all’ombra) delle nozioni di autore e di materia, che devono essere parzialmente ridefinite sulla scorta dei tentativi di rappresentazione e di governo dei big data, delle intelligenze artificiali e delle infrastrutture che li ospitano e che li trasmettono.
La specie umana ha costituito il principale catalizzatore delle trasformazioni del pianeta Terra durante gli ultimi due millenni e, soprattutto a partire dal XV secolo, gli interventi umani sono stati spesso mediati da trascrizioni di proiezioni di immagini mentali su supporti fisici, ovvero da disegni e testi di progetto. Oggi, tuttavia, la complessità dei sistemi intelligenti artificiali mette nuovamente in crisi la possibilità di tracciare mappe del territorio, e quindi la rappresentazione stessa. È pertanto necessario identificare strategie epistemologiche e metodologiche per indagare ciò che ci appare sempre più oscuro, anche correndo il rischio di inabissarsi nel caos per identificarne emergenze e tracciare nuovi discorsi.
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Alice Leroy
Unnamed Unmanned
Gli artisti francesi Fabien Giraud e Raphaël Siboni collaborano dal 2007. Il loro lavoro, all’incrocio tra storia della scienza e archeologia dei media, si occupa della misurazione del tempo e della materia, nonché della genealogia delle tecnologie scientifiche. Esplorando i nuovi paesaggi dei media, il lavoro di Giraud e Siboni mette in discussione la natura e l’esperienza delle immagini nell’era dei sistemi informatici e della visione artificiale, un’era in cui le tecnologie hanno superato i limiti della capacità sensoriale umana. Partendo dalla loro prima collaborazione, Untitled. La Vallée Von Uexküll (2009-2014) – la misurazione di fenomeni e frequenze che si situano al di là delle capacità della percezione umana –, e arrivando fino alla loro ultima produzione, The Unmanned (2014-2018) – una storia di sistemi di calcolo e di machine intelligence –, questo saggio intende tracciare la portata delle ontologie non umane e object-oriented nelle loro ricostruzioni della genealogia delle tecnologie. Il saggio sostiene l’ipotesi che, con le loro serie cinematografiche, Giraud & Siboni suggeriscano narrazioni alternative per la storia delle scienze e delle tecnologie: queste narrazioni della visione artificiale e dei sistemi di calcolo raccontano la graduale destabilizzazione e il decentramento dell’essere umano in un universo tecnologico che sembra liberarsene progressivamente. È come se con l’avvento della capacità sensoriale e dell’intelligenza della macchina la figura umana fosse diventata testimone del proprio decentramento, se non della propria assenza dal mondo.
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Irene Cazzaro
La materia si fa forma. Forze intrinseche ed equilibri stocastici secondo Alan Turing
Il saggio di Turing sulla morfogenesi (1952), di cui qui sono riportati – per la prima volta in italiano – i paragrafi più utili per una comprensione generale del modello da lui proposto, è un fondamentale contributo sul rapporto tra materia e autore: sono infatti presi in esame processi chimico-biologici in cui la forma scaturisce dall’interazione tra sostanze chiamate “morfogeni” che costituiscono la materia stessa, la cui omogeneità viene alterata da disturbi naturalmente presenti in essa o nell’ambiente circostante. Non è quindi necessario presupporre un demiurgo che le conferisca una forma. Il modello di Turing, nato con lo scopo di demolire l’argomento teleologico, ha nel tempo assunto grande importanza non solo nelle scienze naturali, ma anche nelle scienze umane e nella generazione di artefatti (si vedano i recenti sviluppi che spaziano dalla grafica digitale al design fino alla morfologia urbana), proprio per la sua capacità di descrivere e simulare processi basati sull’auto-organizzazione della materia.
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Alan Turing
Le basi chimiche della morfogenesi
Traduzione di Irene Cazzaro di un estratto del saggio di Alan Turing, Le basi chimiche della morfogenesi, 1952.
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Eduardo Roig
Come non essere un autore (moderno)
L’architettura oggi può essere concepita come una grande infrastruttura tecnologica che coinvolge diversi profili di architetti la cui partecipazione si basa sulla trasposizione del proprio status. Scaturendo dalla convergenza tra computazione e comunicazione, l’architettura ed i suoi stessi autori devono immancabilmente essere connotati da un’indole spiccatamente mediatrice. Oggi la questione della proprietà intellettuale e dell’autorialità risulta spesso confusa e priva di un quadro normativo chiaro ed aggiornato.
Questo contributo presenta sotto forma di tutorial un’anamnesi dell’ecologia architettonica contemporanea, esplorando il rapporto tra l’autore e gli altri agenti che intervengono in questa pratica professionale all’insegna dell’ipermediazione. L’autore risalta appena come un oggetto aggiuntivo della grammatica architettonica, un’entità le cui caratteristiche afferiscono a quelle intrinseche dell’oggetto digitale piuttosto che alle caratteristiche di quell’autore moderno che Roland Barthes aveva ucciso nel 1967.
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Sandro Marpillero
Dream-Work
L’articolo stabilisce una relazione tra il diagramma del lavoro onirico di Freud e un modello/apparato prearchitettonico sulla “produzione del progetto”. Questo modello articola i sistemi mentali del diagramma freudiano originale sulle percezioni, l’accumulo di ricordi, il loro recupero e la loro trasformazione in sogni, e la revisione verso le azioni dello stato di veglia nel mondo. L’interpretazione fisica di un diagramma astratto sottolinea il ruolo dell’impegno corporeo di un autore e del suo rapporto con i materiali, la cui manipolazione rivela e nasconde parametri di trasformabilità. I processi di figurazione creativa si informano alle logiche latenti del lavoro onirico, operando attraverso la condensazione e lo spostamento delle tracce della memoria, stabilendo con esse molteplici relazioni. La fase del sogno-lavoro architettonico appartiene alla prima delle due fasi, corrispondente alla “produzione del progetto.” Una seconda fase, la “produzione dell’edificio,” porta il risultato del sogno-lavoro all’esecuzione di un edificio da parte di molteplici attori sociali in cantiere, inscrivendo l’architettura in flussi ambientali e psicologici più ampi.
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Ignacio Borrego Gómez-Pallete
Evidence
L’evidenza è una traccia della natura e dell’autorialità sulla materia.
Gli oggetti non sono solo un sostrato materiale, ma anche un supporto di prove di tutti gli eventi che sono accaduti loro: queste evidenze sono uno strato di nuove informazioni accumulate che trasformano ogni oggetto in una narrazione unica.
L’architettura potrebbe essere considerata un ponte tra la natura e l’autorialità dell’uomo, la sua condizione fisica sarebbe così intrappolata all’interno di questa doppia lettura: un materiale che non è stato sfiorato da alcun autore si attiene esclusivamente alla sua reazione a un determinato contesto fisico; al contrario quando viene toccato cessa, in un certo senso, di appartenere alla natura e viene trasportato altrove in relazione alla mano dell’autore che lo plasma e alla forza del suo pensiero.
L’identità di una costruzione non risiede nel materiale in sé, ma piuttosto nelle sue informazioni. È materia informata.
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Rafael Lorentz
Factual
La parola factual, secondo l’Oxford English Dictionary, è definita come un aggettivo che indica la caratteristica di qualcosa “basato su o interessato ai fatti”. Come nell’uso corrente del linguaggio, il sostantivo che lo accompagna tende ad essere interpretato come qualcosa di evidente, non discutibile, vicino al concetto di verità. L’“informazione di fatto”, ad esempio, sarebbe quella basata sul resoconto di eventi realmente accaduti e la cui validità deve quindi essere presa in considerazione, in quanto non è soggetta a interpretazione. L’aggettivo, tuttavia, trova la sua radice in un sostantivo, fatto, dal quale deriva non solo la qualità referenziale prestata all’oggetto, ma anche la base stessa della sua legittimità.
Le “factual architectures” possono essere definite come quelle le cui operazioni progettuali cercano legittimità nella manipolazione delle cose reali – quelle che esistono nel regno dell’esperienza – presentandosi nella dualità di un’architettura fatta di fatti e allo stesso tempo concepita come un fatto stesso.
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Andrea Gritti
Retrospettiva
Sul contributo della cultura architettonica italiana allo sviluppo, pratico e teorico, della prospettiva si sono scritte pagine fondamentali. Meno celebrati sono gli studi che hanno riconosciuto alla medesima cultura il merito di aver indicato, nella retrospettiva, la tecnica essenziale della critica architettonica e, nel genere biografico, il “piano geometrale” sul quale inscrivere la conoscenza storica dei progetti.
Recentemente, i curatori del Padiglione Italia nelle ultime tre edizioni de La Biennale di Architettura di Venezia hanno approfittato di questa marginalità per osservare, in modo originale, l’architettura italiana e il suo contesto. Insieme ad altre, queste ricerche hanno ribadito come in Italia siano ben innestate architetture recenti, che, punteggiando il territorio, rivelano una sorprendente densità qualitativa. Così se oggi c’è una retrospettiva che vale la pena curare, quella dovrebbe essere dedicata a documentare questo fenomeno e a spiegarne le ragioni.
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Nicolas Martino
Sovversione
Sovvertire è questione del tutto politica, come politica – quindi – è la sovversione dell’autore da parte di una moltitudine di compositori, che sono oggi i soli produttori di ricchezza. Il sapere aumenta e si accresce attraverso il lavoro collettivo e non attraverso il lavoro autoriale dell’individuo, così come la ricchezza sociale complessivamente prodotta è il risultato comune del sapere sociale diffuso. Ma la sovversione dell’autore a favore di una moltitudine di compositori conosce, inevitabilmente, delle resistenze, che solo l’organizzazione politica può a sua volta rovesciare. Come avevano già intuito, in anticipo sui tempi, le analisi profetiche di Hans Jürgen Krahl.
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Clinicaurbana
Tramoggia
La tramoggia è un apparecchio costituito da un contenitore a forma di tronco di piramide o tronco di cono con base minore rivolta verso il basso in corrispondenza della quale si trova una saracinesca che aziona o blocca lo sversamento per caduta di materiale incoerente. Molteplici sono le declinazioni funzionali, costruttive e dimensionali di questo antico strumento. Il dispositivo della tramoggia è assunto come chiave di lettura del complesso rapporto fra uomo e paesaggio alpino: è il principio progettuale di un minuto intervento architettonico in cui il vero autore è la montagna.
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