Vesper No. 9 | L’avversario | Autunno-inverno 2023
Michelangelo Pivetta
Paranoia cefalopode. L’archeologia di
West Star
Parole chiave
Bunker, Nato, archeologia, guerra, musealizzazione
Nel 1964 una
moltitudine operosa, come una collettività di imenotteri segretamente
affaccendati nella pancia del monte Moscal vicino a Verona, realizzava uno dei
più vasti sistemi fortificati sotterranei del mondo: West Star. Il dispositivo
architettonico militare, lungi dall’ospitare qualsiasi stravagante
armamento, era contenitore speciale di marchingegni elettronici, parte di una
rete che fino ai primi anni Duemila ha governato le attività Nato. Tecnicamente
si pone come una gigantesca macchina destinata alla sopravvivenza antiatomica,
pensata come una stazione orbitale o un sottomarino, niente altro che un
immenso abitacolo pressurizzato in grado di vincere le forze della natura,
stavolta scatenate dalla folle tendenza umana alla distruzione. Il progetto di
recupero e musealizzazione farà di West Star contenitore e contenuto, museo di
sé stesso e involucro di un apparato narrativo incentrato sulla guerra fredda
destinato ai più giovani: un processo transitivo, dal monumento in sé, West
Star, al racconto delle sue finalità, e viceversa.
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