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Vesper No. 7 | Cielo | Autunno-inverno 2022

 

 

Manuel Orazi

Resistenza celeste. Un monumento di provincia e la sua “forma aperta” nell’epoca del relazionismo spaziale

 

Parole chiave

Brutalismo, Gruppo Marche, monumento, architettura lunare

 

A partire dagli anni Sessanta la diffusione internazionale del brutalismo, specie nei paesi guidati da governi socialdemocratici o comunisti, sostituisce il monumentalismo classicista che pure era stato un fenomeno internazionale a partire dagli anni Trenta. Fra l’Inghilterra dei coniugi Smithson (e di Reyner Banham), passando per i paesi non allineati come la Jugoslavia per arrivare alla Russia della destalinizzazione, il brutalismo diventa una delle tante neoavanguardie sorte in quel periodo. In Italia agiva come sempre una resistenza alle tendenze internazionali, anzi più d’una: da un lato il Neoliberty lombardo-piemontese, dall’altro l’organicismo wrightiano sviluppato intorno ai due poli dove operava allora Bruno Zevi, a Roma e nel triveneto.

Nel frattempo, nelle Marche, distanti da tutto e dunque terreno di sperimentazione ideale, gli architetti Paolo Castelli e Luigi Cristini, alla fine degli anni Sessanta si misero “in cammino verso il linguaggio” brutalista, una sorta di lingua franca internazionale. Il monumento alla Resistenza di Macerata, progettato nel 1967 e inaugurato nel 1969 pochi mesi dopo il primo allunaggio, fu dunque l’occasione coagulativa per la costituzione di un nuovo gruppo di progettazione mentre l’uso totalizzante del cemento armato esprimeva i suoi valori: la “funzione sociale” di architettura e urbanistica.

 

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