Vesper No. 3 | Nella selva | Autunno-inverno 2020
Emanuele
Coccia
La
natura comune. Oltre la città e la foresta
Lontano dall’essere l’espressione di una vita superiore,
ogni città è una patologia psichica collettiva, vissuta in modo
individuale e condiviso che modifica coscientemente il proprio ambiente per
potersi rafforzare. Una città, inoltre, è uno strumento di
proiezione di uno spazio altro, diverso, in cui tutte le altre specie respinte
e forcluse nello spazio esterno vengono considerate come “foresta”,
dal latino foris, “all’esterno”, “al di fuori
di”. D’altra parte, il termine “foresta” dovrebbe
essere tradotto, letteralmente, con “campo profughi”: la
psicopatologia urbana ci permette di confondere una forma di esilio forzato con
una forma di felicità primitiva e soprattutto permette di non cogliere il
fatto che ogni città presuppone un genocidio preliminare di tutte le
specie che abitavano lo spazio ora occupato dagli esseri umani. Questa
patologia non rappresenta un destino. E come in tutte le forme di malattie
dello spirito, i sintomi sono assieme espressione del disagio e prefigurazioni
di una possibile via d’uscita. È quindi lavorando sui sintomi che
si potrā trovare un’alternativa all’opposizione tra la città
e la foresta, tra la civiltā e il selvaggio.
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