Vesper No. 2 | Materia-autore | Primavera-estate 2020
Sara Marini,
Angela Mengoni
Materia-autore
L’etimo della parola autore rinvia, con il verbo augere,
a un gesto creativo e di incremento. Autore è l’istanza che crea, che
accresce l’esistente. Nel 1967 Roland Barthes ne sancisce la morte in un
celebre testo per ribadire che la crisi è quella dell’autore come
soggettività individuale e nome condensatore di prestigio, già minato dalle
strategie desoggettivanti di automatismo, casualità e frammentazione delle
avanguardie storiche, così come dal gesto macchinico e di riproducibilità delle
seconde avanguardie.
A cinquant’anni da quella affermazione l’assenza di
autorialità sembra essere una griffe di successo. Le tensioni tra
l’anomia della materia, la norma che istituisce autorialità e
l’economia che rende possibile l’opera disegnano prospettive
discordanti. L’artista fa dell’autodistruzione della propria opera
la vera opera e ci si appella alla demolizione di architetture, d’autore
o meno, per riprogettare, o meglio per riaffermare il territorio.
L’intelligenza artificiale consolida le proprie logiche e la propria
progettualità smarcandosi progressivamente dall’ingegno umano. Lo spazio
della critica è sempre più evanescente, vi è però un’accezione di critica
che, più che “firma” individuale, è esplorazione e esplicitazione
di come il progetto fa teoria.
Il binomio materia-autore intende marcare queste tensioni e
contraddizioni: in questa locuzione la parola autore interroga il
permanere di quella prestigiosa soggettività proprio nel momento in cui le
retoriche della “materia come autore” promettono altre forme di
autorialità.
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