rapporto di lavoro

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permessi lavorativi legge 104/92

 

Gli aventi diritto

Hanno diritto ai permessi lavorativi retribuiti, con diverse modalità, criteri e condizioni, la madre lavoratrice, o – in alternativa – il lavoratore padre, entro i primi tre anni di vita del bambino; la madre lavoratrice, o – in alternativa – il lavoratore padre, dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino disabile e poi a seguire nella maggiore età; i parenti o gli affini che assistono la persona disabile non ricoverata in istituto.
Hanno infine diritto ai permessi lavorativi i lavoratori disabili in possesso del certificato di handicap grave.
I permessi spettano anche nel caso in cui i genitori siano adottivi o affidatari, in quest’ultimo caso solo nell’ipotesi di disabili minorenni. L’affidamento infatti può riguardare soltanto soggetti minorenni (articolo 2, Legge 149/2001).

Gli aventi diritto ai permessi lavorativi non sono gli stessi che possono anche richiedere i due anni di congedo retribuito.

 

Certificato di handicap

La condizione prioritaria ed essenziale per accedere ai permessi lavorativi è che il disabile sia in possesso della certificazione di handicap con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992).
Non basta quindi la certificazione di handicap (articolo 3, comma 1), ma è necessario che la Commissione abbia accertato la gravità (articolo 3, comma 3)
Il certificato di handicap viene rilasciato da un’apposita Commissione operante presso ogni Azienda USL e non va confuso con l’attestazione di invalidità (sia civile, che di servizio, del lavoro o di guerra). Il certificato di handicap, quindi, non può essere sostituito da eventuali certificati di invalidità, anche se questi attestano l’invalidità totale.

 

Se non si è ancora in possesso della certificazione di handicap è ammessa un’eccezione: l’articolo 2, comma 2, del Decreto Legge 27 agosto 1993, n. 324 (convertito alla Legge 27 ottobre 1993, n. 423) prevede che qualora la Commissione medica non si pronunci entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, l’accertamento può essere effettuato provvisoriamente dal medico, in servizio presso l’Azienda USL che assiste il disabile, specialista nella patologia dalla quale è affetta la persona handicappata.

L'articolo 25, comma 4 della Legge 144/2014 ha abbassato il limite di 90 giorni a 45, autorizza le Commissioni a rilasciare il certificato provvisorio (valido fino all’emissione di quello definitivo) già a fine visita e, infine, estende la validità anche ai congedi retribuiti (quelli fino a due anni di astensione).
Lo stesso comma abbassa anche a novanta giorni (dalla data di presentazione della domanda) il tempo massimo entro cui la Commissione ASL deve pronunciarsi rispetto allo status di handicap (art. 3, legge 104/1992).

 

Certificati a scadenza

Può accadere che, al momento di accertare l’handicap, la Commissione dell’Azienda USL fissi una rivedibilità del cittadino, indicando una data di scadenza del verbale.

Ai sensi dell’articolo 25 comma 6bis della Legge 144/2014 “nelle more dell'effettuazione delle eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica, i minorati civili e le persone con handicap in possesso di verbali in cui sia prevista rivedibilità conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura. La convocazione a visita, nei casi di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità, è di competenza dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).”

Questo significa che il verbale di handicap (e i relativi benefici) rimangono validi fintanto che non viene emesso e notificato quello di revisione. Va detto però che nel caso in cui la nuova visita non abbia confermata la gravità della situazione dell'handicap, i permessi fruiti dalla scadenza del verbale precedente alla data di notifica vengono trasformati in ferie (Circolare INPS 29 aprile 2008, n. 53, punto 5).

Va poi ricordato altresì che, nel caso in cui una nuova valutazione accerti che non sussiste più la connotazione di gravità dell’handicap, va effettuata immediata segnalazione al datore di lavoro.

 

L’assenza di ricovero

Una delle condizioni prioritarie fissate dal Legislatore per la concessione dei permessi lavorativi è l’assenza di ricovero della persona disabile da assistere.
In particolare l’eccezione viene formulata in due modi diversi. Nel caso di richiesta del prolungamento dell’astensione facoltativa fino al terzo anno di vita del bambino, se ne esclude la concessione nel caso di ricovero in istituti specializzati. Non si fa, cioè, riferimento ad eventuali degenze ospedaliere.
Per gli altri permessi lavorativi, dopo il terzo anno di vita e per i maggiorenni, l’eccezione invece è più generale e riguarda qualsiasi tipo di ricovero.

 

Il Ministero del Lavoro (Nota n. 13 del 20 febbraio 2009) ha ammesso la concessione dei permessi, in casi particolari, anche in presenza di ricovero.
Se il disabile deve recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie, interrompe il tempo pieno del ricovero e determina il necessario affidamento del disabile all’assistenza del familiare il quale, ricorrendone dunque gli altri presupposti di legge (parentela e affinità), avrà diritto alla fruizione dei permessi. Il lavoratore è tenuto alla presentazione di apposita documentazione rilasciata dalla struttura competente che attesti le visite o le terapie effettuate e i permessi possono essere concessi solo in quella occasione. Il monte ore massimo dei permessi è comunque di tre giorni mensili.

 

L’INPS, da parte sua, ha precisato (Circolare 90/2007) che per ricovero a tempo pieno si intende quello che copre l’intero arco delle 24 ore, escludendo pertanto i ricoveri in day hospital e in centri diurni con finalità assistenziali o riabilitative o occupazionali.
Nella stessa Circolare introduce un’altra eccezione: i permessi possono essere concessi anche nel caso di ricovero a tempo pieno di una persona con handicap grave (indipendentemente dall’età) se questi si trovi in coma vigile o in stato terminale. Queste condizioni sanitarie e la necessità di assistenza sono accertate del dirigente responsabile del Centro medico legale della Sede INPS.
Una ulteriore importante precisazione riguarda i bambini con età inferiore ai tre anni con handicap grave: i permessi possono essere concessi nel caso di ricovero a tempo pieno, finalizzato ad un intervento chirurgico oppure a scopo riabilitativo. In questi casi viene richiesta una documentazione prodotta dai sanitari della struttura ospedaliera di bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare.

 

La domanda

I permessi lavorativi previsti dall'articolo 33 della Legge 104/1992 si ottengono, nel caso sussistano tutti i requisiti, dopo aver presentato formale richiesta e aver ricevuto la relativa concessione.

 

La domanda (modulo di domanda) assume la forma di una autocertificazione in cui si dichiarano una serie di condizioni personali e del familiare cui si intende prestare assistenza: stato di handicap, parentela e affinità, dati anagrafici propri e del familiare e altre indicazioni.

 

La responsabilità e la discrezionalità di accogliere le domande sono attribuite al dirigente della divisione risorse umane, che attraverso il servizio concorsi e carriere del personale tecnico amministrativo e previdenza verifica la correttezza sostanziale e formale delle richieste.

 

La frazionabilità

Nessuna norma prevede che la frazionabilità dei permessi sia un diritto del lavoratore. L’amministrazione può anche opporre rifiuto soprattutto nel caso in cui il frazionamento del permessi dia luogo a problemi di natura organizzativa.

 

Frazionabilità dei permessi fra genitori

L’INPS, con Circolare 17 luglio 2000, n. 133 (punto 2.2.3), ha previsto che i giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile di tre giorni può essere ripartito tra i genitori stessi anche con assenze contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 giorni, padre 1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre). L’alternatività, in sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei giorni di permesso fruibili nel mese (tre). I giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l’altro fruisce della “normale” astensione facoltativa. La Circolare INPS 11 luglio 2003, n. 128 al punto 9 ha esteso tale opportunità anche nel caso i figli siano maggiorenni. Purtroppo nessuna circolare estende tale opportunità anche agli altri rapporti di parentela.
L’INPDAP non ha – da parte sua – fornito nessuna indicazione analoga.

 

La programmazione dei permessi

La questione del preavviso al datore di lavoro ai fini della fruizione dei permessi lavorativi derivanti dall’articolo 33 della Legge 104/1992 non è formalmente disciplinata da una normativa specifica.
La stessa INPS precisa che le giornate di assenza dal lavoro devono essere indicate in tempo utile al datore di lavoro.
Su tale aspetto è intervenuto anche il Dipartimento della Funzione Pubblica (Parere 18 febbraio 2008, n. 13) sottolineando che al fine di «evitare la compromissione del funzionamento dell’organizzazione», le amministrazioni devono concordare preventivamente con il lavoratore le giornate o le ore di permesso elaborando un piano per la fruizione dei permessi.
Va anche detto che la più recente produzione giurisprudenziale ha ripetutamente affermato che le necessità del lavoratore e quelle tecnico-organizzative dell’azienda o della amministrazione vanno contemperate, cioè una non può prevalere sull’altra. Al momento attuale, quindi, la richiesta di una programmazione mensile dei permessi difficilmente può essere considerata illegittima.

 

Cumulabilità dei permessi

L’articolo 6 del Decreto 119/2011 – aggiungendo un comma all’articolo 33 della Legge 104/1992 - disciplina l’ipotesi della cumulabilità dei permessi in capo allo stesso lavoratore per l’assistenza a più familiari con grave disabilità.

Si possono cumulare i permessi solo a condizione che il “secondo” familiare da assistere sia il coniuge o un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Non è mai ammessa la cumulabilità nel caso in cui anche il “secondo” familiare da assistere sia un parente o un affine di terzo grado, nemmeno nel caso in cui il coniuge o il genitore sia deceduti o mancanti o invalidi o ultra65enni. Per comprendere meglio: i parenti di terzo grado sono gli zii e i bisnonni.

 

Lavoratore che assiste un familiare che già fruisce dei permessi

Sulla possibilità di cumulare i permessi nel caso il disabile sia lavoratore e già ne fruisca in proprio si è espressa la Circolare INPS 18 febbraio 1999, n. 37, la quale ammette che i giorni di permesso possano essere riconosciuti al lavoratore non disabile, familiare convivente del lavoratore handicappato anche se quest’ultimo già fruisce dei permessi per se stesso.

Vengono tuttavia poste due condizioni. La prima è che il lavoratore disabile, pur beneficiando dei propri permessi, abbia un’effettiva necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore convivente (la necessità di assistenza deve essere valutata del medico della Sede INPS anche in relazione alla gravità dell’handicap).

La seconda condizione è che nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare non lavoratore in condizione di prestare assistenza.

 

Cumulabilità fra permessi e congedi

Può accadere che un lavoratore per parte di un mese abbia fruito di una frazione del congedo retribuito previsto dall’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 151/2001. Nella parte rimanente del mese avrà diritto ai permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992.

“per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto."

 

Il Dipartimento Funzione Pubblica (circolare 3 febbraio 2012, n. 1) ammette, inoltre, espressamente che la cumulabilità di permessi e congedi è possibile anche per i lavoratori che assistano un parente di cui non siano genitori.

INPS (circolare 6 marzo 2012, n. 32) non sottolinea questo aspetto ma al contempo non esclude la possibilità che la cumulabilità di permessi e congedo (frazionato) siano ammissibili nello stesso mese anche per i lavoratori che assistano un parente di cui non siano genitori.

 

I permessi lavorativi: il part-time

Nel caso del part time orizzontale, i giorni di permesso sono comunque tre e corrispondenti alle ore contrattualmente previste.
Più complesso è il caso del part time verticale.

L’INPDAP affronta la questione nella Circolare 34 del 10 luglio 2000 (punto 8). Il permesso mensile di tre giorni viene ridotto proporzionalmente alle giornate effettivamente lavorate.

 

Lavoratori con handicap

I lavoratori disabili, in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità, possono richiedere due tipi di permessi: un permesso pari a due ore giornaliere, oppure tre giorni di permesso mensile.
I due tipi di permesso non sono fra loro cumulabili, ma sono alternativi: o si usufruisce dei tre giorni di permesso oppure delle due ore giornaliere.

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