Venezia, 31 gennaio 2014
AI LIMITI IMMAGINI D’ARCHITETTURA DALL’ARCHIVIO
DI ALDO ANDREANI mostra e giornata di studi cotonificio, Dorsoduro 2196 Venezia 12 febbraio
> 7 marzo 2014 a cura di Mario Lupano con Riccardo Dirindin |
mostra
inaugurazione
12 febbraio
2014, ore 12.00
saluti: Serena Maffioletti, responsabile
scientifico Archivio Progetti
interventi: Alberto Ferlenga, Mario Lupano
apertura
12 febbraio
> 7 marzo 2014
Archivio
Progetti, sala espositiva
Venezia,
Dorsoduro 2196, Cotonificio
orario
lunedì> venerdì
9.30 > 13.30
giovedì 15.00
> 17.30
chiuso sabato e
festivi
ingresso
libero
giornata
di studi
6 marzo 2014
ore 14.30 >
18.30
Cotonificio,
auditorium
Dorsoduro 2196
Venezia
presentazione: Serena Maffioletti
interventi
Amedeo Belluzzi,
Riccardo Dirindin, Roberto Dulio, Fulvio Irace, Mario Lupano,
Giulia Marocchi,
Angelo Torricelli
Il 12 febbraio,
alle ore 12.00, nella sala espositiva dell’Archivio Progetti
dell’Università Iuav di Venezia, viene inaugurata la mostra Ai limiti.
Immagini d’architettura dall’archivio di Aldo Andreani.
È la prima delle
mostre programmate per il 2014 dall’Archivio Progetti, il centro
dell’Università Iuav di Venezia destinato alla raccolta, alla
conservazione e allo studio degli archivi di architetti, designer e urbanisti.
L’inaugurazione della mostra prevede i saluti di Serena
Maffioletti, responsabile scientifico dell’Archivio Progetti, da lei
condotto, dall’inizio del proprio incarico, a una intensificazione
dell’attività espositiva, e gli interventi di Alberto Ferlenga, direttore
della Scuola di dottorato dell’Università Iuav, e Mario Lupano, che ha curato
la mostra con la collaborazione di Riccardo Dirindin.
L’iniziativa
è volta a presentare una delle ultime
acquisizioni dell’Archivio Progetti, il fondo documentario
dell’architetto mantovano Aldo Andreani (1887-1971), figura
originalissima nel panorama dell’eclettismo italiano della prima metà del
Novecento.
La mostra è
anzitutto occasione per ringraziare la signora Carla Andreani Menozzi, figlia
dell’architetto, per aver depositato all’Archivio Progetti il
patrimonio documentario da lei custodito, ora in corso di ordinamento e,
contemporaneamente, base di un nuovo progetto di ricerca complessiva
sull’opera del progettista lombardo, oggetto finora di attenzioni
discontinue da parte della storiografia. Il nucleo principale del fondo
Andreani è costituito da un migliaio di disegni che documentano circa novanta
progetti di edificazione, di restauro monumentale e di pianificazione urbana.
Aldo Andreani
emerse giovanissimo già negli anni anteriori alla prima guerra mondiale quale
progettista di alcune residenze rurali e urbane e soprattutto grazie
all’incarico per la progettazione della sede della Camera di commercio di Mantova, tuttora nota come uno dei suoi
capolavori, opera caratterizzata da un’intensissima vivacità creativa
nella reinvenzione e nell’associazione di elementi e motivi formali
tratti dalla storia degli stili. Dopo la guerra, l’ascesa professionale
coincise con il trasferimento a Milano: importanti incarichi (in particolare
quello per l’edificazione del giardino Sola Busca) produssero realizzazioni
notevoli, tra cui il celebre, parossistico
palazzo Fidia, ma soprattutto molti impegni progettuali privi di esito
costruttivo. In meno di trent’anni dal precocissimo esordio, la fortuna
professionale di Andreani declinò rapidamente, segnando l’ultimo episodio
rilevante con i restauri del palazzo della Ragione di Mantova e
dell’abbazia di San Francesco nella stessa città, all’inizio degli
anni Quaranta. Negli anni Trenta aveva intanto preso rilievo artistico e
professionale l’attività parallela di scultore, dopo che alla fine del decennio precedente, già
quarantenne, Andreani era stato allievo
di Adolfo Wildt all’Accademia di belle arti di Milano.
Con il titolo
“Ai limiti”, la mostra intende dare rilievo a un duplice,
determinante carattere nella parabola professionale e nella vicenda espressiva
dell’architetto.
Andreani svolse
la propria carriera ai limiti del
sistema professionale dell’architettura: per aristocratica
separatezza, ostinatamente concentrato sul dare forma alla propria poetica, ma
anche, dalla metà degli anni Trenta, in conseguenza degli insuccessi
professionali nella fase e nella metropoli, Milano, in cui la sua affermazione
avrebbe dovuto invece consolidarsi e perpetuarsi. La diversione, pur parziale,
verso la scultura ribadisce un posizionamento marginale, da outsider: un colto e talentuoso
progettista estraneo, per scelta e per destino, ai centri della professione. Il
suo archivio mostra oggi la dimensione estesa e rimasta perlopiù nascosta della
produzione di Andreani, mentre rivela in modo altrettanto esteso, oltre che
diversificato, anche la natura delle sue scelte formali, spesso ai limiti della
visionarietà e delle aberrazioni.
La chiusura della
mostra coinciderà con una giornata di
studi sull’architetto mantovano, che si terrà il 6 marzo, nell’auditorium della sede Iuav dell’ex
Cotonificio veneziano.
Sono previsti gli
interventi di Amedeo Belluzzi, Riccardo Dirindin, Roberto Dulio, Fulvio Irace,
Mario Lupano, Giulia Marocchi e Angelo Torricelli. Integrando
l’operazione espositiva, la giornata di studi presenterà i primi esiti
delle nuove indagini su Andreani e le porrà in relazione con le ricerche degli
anni Ottanta, il decennio che, per ragioni anche di consonanza culturale, ha
rivolto la più intensa attenzione all’opera dell’architetto
mantovano. Accanto a nuovi studiosi di Andreani, interverranno infatti alcuni
dei più autorevoli protagonisti di quella stagione di ricerche.
info
SBD Archivio
Progetti
+ 39
0412571011/1012
archivioprogetti@iuav.it
www.iuav.it/archivioprogetti
IMMAGINI
D’ARCHITETTURA DALL’ARCHIVIO DI ALDO ANDREANI
La mostra che
l’Archivio Progetti dedica ad Aldo Andreani e al suo fondo documentario è
la prima ad affrontare la figura e l’opera dell’architetto dopo la
sua morte, avvenuta nel 1971, ed è contemporaneamente la prima a esporre il suo
archivio. Di conseguenza, questa iniziativa si pone di per sé come un momento
rilevante nell’esile e discontinua fortuna critica di Andreani, sia
guardando al passato sia fornendo un presupposto per svolgimenti futuri.
Gli anni Ottanta
sono stati il decennio di più costante attenzione nei confronti di Andreani,
quello che più ha sentito a sé consono l’architetto mantovano e il suo
eclettismo originalissimo, talvolta parossistico: è stata una cooptazione dovuta
ovviamente al clima neostoricista di quell’epoca e alla generale
propensione di allora a valorizzare un Novecento italiano ulteriore rispetto a
quello della tradizione moderna. Sono stati gli anni della più frequente
comparsa di disegni di Andreani in mostre di architettura, seppur perlopiù
ripetitivamente, e della pubblicazione degli unici due studi monografici di
riconsiderazione postuma della sua opera (come numeri speciali, usciti
contemporaneamente nel 1988, della rivista milanese “Rassegna” e della
rivista romana “Rassegna di architettura e urbanistica”). Tuttavia,
la stagione critica degli anni Ottanta è ormai in sé storicizzabile come, nel
riaffrontare il caso Andreani, ci si deve ora attribuire il compito di aprire a
nuove, più estese e più disinvolte prospettive d’interpretazione.
La possibilità di esporre per la prima volta
l’archivio apre
spontaneamente a ciò.
Il fondo
documentario di Andreani, il cui nucleo principale è costituito da un migliaio
di disegni in testimonianza di circa novanta progetti di edificazione, di
restauro monumentale e di pianificazione urbana, mette di fronte alla
dimensione estesa del lavoro di un progettista emerso giovanissimo negli anni
della prima guerra mondiale, autore di qualche architettura ancora oggi largamente
nota (il palazzo della Camera di commercio di Mantova, palazzo Fidia a Milano),
impossibilitato a portare a realizzazione gli impegni progettuali più vasti
negli anni Venti e Trenta e la cui fortuna professionale declinò
conseguentemente meno di trent’anni dopo l’esordio. La dimensione
estesa manifestata dall’archivio è quella di una produzione perlopiù estranea ai principali circuiti professionali e
rimasta in larghissima parte privata, nascosta, inespressa.
È la dimensione
di un creatore ai limiti per aristocratica separatezza, ostinatamente
concentrato sul dare forma alla propria poetica, ma anche, dalla metà degli
anni Trenta, in conseguenza degli insuccessi professionali nella fase e nella
metropoli, Milano, in cui la sua affermazione avrebbe dovuto invece
consolidarsi e perpetuarsi. La natura di Andreani quale outsider dell’architettura venne d’altronde confermata
dal peso artistico e professionale che, negli anni Trenta, assunse
l’attività di scultore, dopo che alla fine del decennio precedente, già
quarantenne, Andreani era stato allievo di Adolfo Wildt all’Accademia di
belle arti di Milano.
Il fondo
archivistico permette tuttavia di cogliere ampiamente un altro posizionamento ai
limiti di Andreani, quello del suo stile, delle sue forme, spesso prossime
alla visionarietà e alle aberrazioni. Alla luce di quanto l’archivio
offre, il celebre palazzo Fidia deve essere considerato con ancora maggior
sicurezza come l’emersione nel costruito di un’espressività
coltivata trasversalmente alle fasi creative, ai materiali linguistici e,
anche, alle discipline, dati certi esiti scultorei.
i curatori:
Mario Lupano con
Riccardo Dirindin
Venezia, 27
gennaio 2014
Ufficio stampa Iuav
tel 041.257.1826 / 1414 /
1856