Venezia,
24 maggio 2010
COMUNICATO STAMPA
La valle del moderno
Dalla diga (fino alla
tragedia) del Vajont al miracolo progettuale del Villaggio Eni a Borca. Da
Pradella a Gellner.
L’esposizione «La
valle del moderno» racconta (per immagini originali e inedite) gli anni del
sogno modernista a Cortina e dintorni
26
maggio > 07 luglio 2010
sala espositiva Archivio Progetti
Cotonificio Santa Marta
Dorsoduro 2196, Venezia
mostra
LA VALLE DEL MODERNO
a cura di
Fernanda De Maio e Carlo Palazzolo
con il contributo di Maddalena Basso e Antonella Indrigo
inaugurazione
26
maggio 2010, ore 18.00
apertura
lunedì – venerdì 9.30 > 13.30
giovedì 15.00 > 17.30
chiuso sabato e festivi
Nell’Italia
del «Miracolo Economico», ci sono date e luoghi emblematici, quasi mitici.
Luoghi che hanno per inizio il Monte Antelao e per confine il Monte Toc. La
storia, raccontata dalla mostra «La valle del moderno» racconta di questi 10 km
di montagne tra il 1956 e il 1963. Sono di questi anni le olimpiadi
invernali di Cortina del 1956), le modificazioni territoriali (sfruttamento
intensivo - a fini energetici - di ogni rivolo d’acqua del Piave e
dei suoi affluenti cambiando radicalmente il panorama delle vallate bellunesi)
e nuove scelte insediative (il villaggio di vacanze per i dipendenti Eni di
Borca di Cadore).
Questo
quadro affascinante e complesso ha indicato una tripartizione della mostra
veneziana:
la prima sezione dedicata alla conquista elettrica, documenta i lavori infrastrutturali che
hanno preceduto o affiancato la vicenda del Vajont con particolare riferimento
all’opera dell’ingegnere Carlo Pradella i cui materiali originali
(disegni e modelli) sono oggi custoditi dall’architetto Giorgio
Pradella mentre le foto sono di proprietà dell’archivio Saicam;
la seconda sezione, dal titolo inventare la montagna, estremamente corposa, grazie al
fondo Edoardo Gellner dell’Archivio Progetti, documenta la meditata
ricerca di una diversa idea di modernità da parte dell’architetto
bellunese - in cui coesistano architettura, natura e progresso - attraverso
l’esposizione dei disegni e dei modelli del villaggio di Borca di
Cadore nel suo insieme e di alcuni suoi pezzi particolari quali la
chiesa (progettata in collaborazione con Carlo Scarpa), il
campeggio, la colonia, nonché il diffuso benché rado tessuto delle case -
frutto di una continua variazione sul tipo messo a punto per questa
straordinaria occasione.
Nella terza ed ultima sezione della mostra, ricostruire la montagna,
affiora e diventa pregnante il tema della ricostruzione dopo il
disastro del Vajont con tutte le ripercussioni legate alla necessità di
recuperare l’identità di luoghi e persone
improvvisamente scomparsi con l’infrangersi di un’onda che
diventa, nei disegni e nell’opera realizzata degli architetti impegnati
in tale fase, anche l’infrangersi del mito della modernità progressista
in favore di una idea di modernità in cui misura dell’uomo e vastità del
paesaggio, non più in conflitto, costruiscono un nuovo panorama. Attraverso i disegni e le opere per Longarone di Valeriano Pastor (le case), di
Costantino Dardi (la scuola), del
gruppo Avon e Tentori (il sistema dei collegamenti e degli spazi pubblici)
del gruppo Zanuso, Avon e Tentori (il cimitero) e di Giovanni
Michelucci (la chiesa) e i diversi piani cui lavorano sotto la guida di
Giuseppe Samonà, C. Dardi, V. Pastor, G. Polesello, E. Mattioni, L. Semerani
e M.Tessari, si disvela non solo
l’abilità di una generazione ma la passione e l’impegno civile
profusi nell’affrontare un tema tanto difficile sgomberando il campo da
facili gesti retorici.
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Martina Zambon
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