COMUNICATO STAMPA

 

Venezia, 28 gennaio 2009

 

Ricercatore dell’Università Iuav svela tutti i segreti del disegno inedito di Michelangelo scoperto a Roma un anno fa. «Anche l’esperienza da muratore mi è servita per individuare lo schizzo di Michelangelo».

 

Il 3 febbraio p. v. sarà presentato presso la Bibliotheca Hertziana - Max Plank Institut für Kunstgeschichte di Roma un disegno inedito di Michelangelo rinvenuto dal veneziano Vitale Zanchettin tra i documenti della Fabbrica di San Pietro in Vaticano.

 

In quest’occasione, lo studioso dell’università veneziana presenta al pubblico e alla comunità scientifica il saggio «Un disegno sconosciuto di Michelangelo per l’architrave del tamburo della cupola di San Pietro in Vaticano», Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana

 

 

 

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Un disegno sconosciuto di Michelangelo per l’architrave
del tamburo della cupola  di San Pietro in Vaticano

conferenza di Vitale Zanchettin

martedì 3 febbraio 2009,  ore 18.00

Villino Stroganoff

via Gregoriana 22, Roma

 

saluti

Elisabeth Kieven

direttore esecutivo della Bibliotheca Hertziana

s.e.r. mons. Vittorio Lanzani

delegato della Fabbrica di San Pietro in Vaticano

 

Bibliotheca Hertziana

Max-Planck-Institut Für Kunstgeschichte

Fabbrica di San Pietro in Vaticano

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La storia

Il prezioso foglio è stato riconosciuto nell’ottobre 2007 da Vitale Zanchettin, ricercatore dell’Università Iuav di Venezia, nell’ambito di una ricerca finanziata dalla Alexander von Humboldt Stiftung presso l’Università di Bonn con il sostegno della Bibliotheca Hertziana – Max Plank Institut für Kunstgeschichte. Attualmente lo studioso è ospite della Bibliotheca Hertziana.

 

Il documento

Si tratta di un disegno a matita rossa («sanguigna») che rappresenta in pianta uno degli speroni radiali del tamburo della cupola di San Pietro in Vaticano disegnato da Michelangelo probabilmente nell’ultimo anno di vita. Lo schizzo è giunto sino a noi grazie ad una vicenda vissuta dal foglio che in origine era più grande di quello che vediamo oggi delle dimensioni di circa 12.5 x 22.5 cm. Questo foglio iniziale, circa dieci mesi dopo la morte di Michelangelo, fu ritagliato da un capomastro per scrivere un breve appunto sul lato libero. Infine il ritaglio fu voltato e un funzionario della Fabbrica lo utilizzò nuovamente per scrivere una brutta copia di un documento ufficiale.

 

Questa «brutta copia» fu tracciata a penna sopra alcuni deboli segni a matita rossa, che costituivano il residuo del disegno iniziale. Tali tracce non sono state notate fino ad oggi per due motivi, il primo legato all’aspetto frammentario dei segni superstiti, il secondo dovuto al carattere prettamente tecnico della rappresentazione dell’oggetto in pianta con molte parti della fabbrica lasciate sottintese.

 

Se tuttavia si completa il disegno prolungando le linee a sanguigna, la rappresentazione è chiaramente riferibile all’architrave del tamburo della cupola di San Pietro e le convenzioni della rappresentazione in proiezione piana coincidono con quelle adottate dall’artista (e solo da lui) in molti altri disegni di architettura.

Quattro numeri tracciati a sanguigna mostrano stringenti analogie con la grafia di Michelangelo.

 

I documenti conservati presso l’Archivio Storico della Fabbrica di San Pietro permettono di ricostruire le fasi di realizzazione dei primi settori di questo anello che chiude il tamburo nella primavera del 1563, quindi circa un anno prima della morte di Michelangelo. Il disegno pertanto va considerato come frutto di una comunicazione con le maestranze incaricate di scolpire tale parte dell’edificio e rappresenta probabilmente l’ultimo suo disegno noto. Si aggiunge quindi un foglio ai pochissimi noti (circa 20) che documentano i 17 anni di lavoro dell’artista nella Basilica Vaticana

 

Può sembrare una scoperta da sagace «archeologo dell’architettura», ma il riconoscimento dell’ultimo disegno noto del grande maestro sul retro di un foglio contabile della Fabbrica di San Pietro è legato anche ad altri tratti della figura di Vitale Zanchettin. Non ultimo le sue molteplici esperienze anche come muratore. Un ricercatore che è riuscito a comprendere con un colpo d’occhio cosa aveva di fronte quando, erroneamente, gli è stato consegnato un faldone non suo dall’Archivio Storico generale Fabbrica di San Pietro.

Si trattava di uno schizzo, tracciato da mano esperta per spiegare alle maestranze di San Pietro come andassero tagliati alcuni precisi blocchi di marmo.

Zanchettin se n’è accorto, lo schizzo rappresenta una pianta parziale di uno dei pilastri radiali del tamburo della cupola di San Pietro, all'altezza della trabeazione sopra le colonne. Un'ulteriore conferma giunge dal tipo di rappresentazione in pianta, con la caratteristica doppia linea che mette in evidenza diversi livelli dell'oggetto come se la pietra fosse trasparente. Assieme al disegno vi sono alcune cifre: 6, 9 e Ÿ.

 

Il foglio è stato concepito come comunicazione ai cavatori di pietra tracciata con gesso color sanguigna. Probabilmente realizzato in cantiere ai piedi della Basilica in una delle molte officine di tagliapietra a cielo aperto, il disegno risale alla primavera del 1563, dopo che alcune partite di travertino da Fiano erano state giudicate inadatte ad essere scolpite. Un foglio che attraversa oltre quattro secoli sepolto fra gli atti ufficiali dell'economo di San Pietro.

Sul foglio campeggiano anche le annotazioni di un soprastante della Fabbrica di San Pietro che spiega all’economo come i carri trainati da bufali che portavano i conci di marmo a San Pietro fossero stati fermati dai proprietari delle aree.

Così una semplice annotazione logistica, vergata sul retro di un disegno a sanguigna del maestro, sopravvive ai secoli come documento economico.

 

Sono pochissimi i disegni autografi per San Pietro conservati visto che l'artista, poco prima di morire, decise di distruggere gran parte dei fogli che conservava.

Michelangelo lavora come architetto nella Basilica di San Pietro dal 1547 fino agli ultimi giorni della propria vita, nel febbraio del 1564.

I disegni di Michelangelo erano oggetti da collezione quando l’artista era ancora in vita, ricercatissimi, da Aretino da Venezia che non li ottenne, al granduca di Toscana che estorce con la forza due piccoli ritratti dei figli della vedova del suo aiutante, tutto, pur di avere qualcosa uscito dalle mani di Michelangelo.

 

 

VITALE ZANCHETTIN

 

Studente Iuav prima e ricercatore nello stesso ateneo, poi, Vitale Zanchettin è nato a Mestre nel 1967 e si è laureato allo Iuav nel 1996 con una tesi dedicata al progetto di Borromini per il tiburio della chiesa di Sant'Andrea alle Fratte a Roma.

Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in storia dell'architettura presso lo stesso ateneo nel 2000 con una tesi dal titolo: «Ernst May. Città e architetture da Breslavia a Francoforte».

Dal novembre 2002 è ricercatore di Storia dell'Architettura presso il Dipartimento di Storia dell'Architettura dello Iuav.

Dal 2001 insegna costruzione delle opere di architettura presso il claPE (Iuav-Corso di Laurea in Produzione dell'Edilizia).

È stato collaboratore scientifico del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza per l'organizzazione della mostra dedicata a Carlo Scarpa (Vicenza-Verona 2000).

Nel 2001-2002 è stato borsista presso la Bibliotheca Hertziana di Roma (Max-Planck-Istitut für Kunstgeschichte), concentrandosi sullo studio della genesi del Tridente di Piazza del Popolo a Roma durante il primo Cinquecento, ora in fase di pubblicazione.

In passato si è occupato molto di Borromini, dell’Architettura sociale tedesca degli anni ’20 del ‘900 e ha seguito con particolare passione, la Roma del primo ‘500 e la sua «architettura a scala urbana».

 

 

 

Ufficio stampa Iuav

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Martina Zambon