comunicato stampa

 

Gender Bender.

Corpi e identità sulla scena artistica contemporanea

 

Il concetto di identità legato alle rappresentazioni del corpo, del genere, dell'orientamento sessuale, della moda» a cura di Daniele Del Pozzo

 

Introduce Maria Luisa Frisa

Interventi di Elda Danese, Milovan Farronato e Amanda Montanari

 

Treviso, 14 maggio 2008

ore 10>13; 15>18

Corso di laurea in Design della Moda  Università Iuav

Via Achille Papa, 1

Treviso

 

 

Gender Bender, ovvero «piegatore/piegatrice di genere». Ma anche «chi pende dall'altra parte» (bent). La definizione nuda e cruda, però, non basta a spiegare lo sfaccettato universo di chi interviene sul proprio genere sessuale con intento espressivo, ironico, provocatorio. Succede (molto) sulle passerelle delle sfilate di moda, è successo decenni fa sui palchi del glam rock con David Bowie, entra ormai quotidianamente nelle più grandi esposizioni di arte contemporanea del mondo, succede, infine, anche nella vita reale.

 

Il corso di laurea in Design della Moda dell'Università Iuav e il corso di laurea specialistica in Sistemi e comunicazioni della Moda del Dams di Bologna, fanno il punto sul polimorfo universo Gender Bender in una giornata di studi a Treviso il prossimo 14 maggio supportata dalla proiezione dei lavori di artisti come Nan Goldin, Matthew Barney ed Erwin Olaf (autore, fra l'altro della locandina) .

 

Superata da tempo la semplificazione che suddivideva il mondo in gay ed etero, con l'aggiunta del transessuale, la galassia dei generi è diventata Queer, vale a dire, «strano», difficilmente definibile. E per questo affascinante.  Gender bender è un termine specifico della teorizzazione queer nel mondo anglosassone. Indica la persona che trasgredisce al comportamento previsto dal ruolo del suo genere sessuale, a partire dal travestitismo ma non solo. E definirsi «gender bender» è considerato una forma di attivismo sociale.

 

Le maglie di una definizione stringata, però, appaiono insufficienti. Ecco, allora, che se ne discute nelle aule universitarie in cui si studia il design della Moda con alcuni nomi di spicco, da Daniele Del Pozzo, storico organizzatore del Cassero di Bologna a Elda Danese, storica dell'arte, passando per il curatore Milovan Farronato e la studiosa di tematiche low-fi Amanda Montanari. Sullo sfondo le immagini degli artisti contemporanei che si sono misurati con i confini di genere.

 

Oggetto di studio saranno numerose opere d'arte contemporanea, in gran parte video, da Matthew Barney col suo Cremaster Cycle a Cindy Sherman e il travestitismo.

 

 

 

Il fitto PROGRAMMA della giornata prevede due sessioni:

 

Lezione 1, durante la mattinata (10-13)

 

> Intro: Cosa è Gender Bender

> Il valore delle differenze: Gender Studies e Queer Studies

> Sui tacchi alla Mirafiori: Mario Mieli e l’esperienza gay militante in Italia

> L’esperienza della Body Art

> Performing Veruschka: una modella nel mondo dell’arte

> Autoritratti di sconosciuti: Urs Luthi, Cindy Sherman e il travestitismo in fotografia

> Teriomorfismo e ibridi: Matthew Barney e il ciclo di Cremaster

> Fashion Victims: Erwin Olaf e il sistema moda

 

 

Lezione 2, nel pomeriggio (15-18)

 

> Factory Superstar: il sistema Warhol

> La miniera di velluto: il Glam Rock, David Bowie e Marc Bolan

> Il corpo in fotografia: Robert Mapplethorpe, e Nan Goldin (Yukio Kobayashi)

> Vertigini citazioniste: Brice Dellsperger

> Taboo: Leigh Bowery e la Londra anni ‘80

> Why men wear frocks? Essere un artista in drag: Grayson Perry

> No man is an island: la reinvenzione del genere maschile nei video di Jesper Just e Annika Larsson

> Conclusioni

 

 

Saranno proiettati i video di:

 

 

ERWIN OLAF

 

Erwin Olaf, classe 1959, è uno degli artisti più innovativi che lavorano oggi in campo fotografico. Le sue opere sono commenti, ricchi di humour e visivamente folgoranti, ai processi comunicativi dei mondi della pubblicità, della moda, dei tabloid scandalistici, della fotografia pornografica.

 

Fashion Victims: serie fotografica – 2000

Sarcastico commento all’abuso del nudo e del sex appeal nelle pubblicità di moda. Una serie di fotografie con la quale Olaf sintetizza due mondi, quello gay e quello dell’ haut couture, in nove immagini a colori di straordinaria sensualità e bellezza estetica.

 

Mature: serie fotografica – 1999

Deliziosa e ironica riflessione sulla limitatezza dei concetti di bellezza e sensualità femminile veicolati dai media e dalla cultura contemporanei, realizzata con la collaborazione di modelle dai 65 anni in su fotografate in pose da pin up e presentate sotto nomi che alludono alle più note supermodel degli anni ‘80.

 

Royal Blood: serie fotografica – 2000

Otto ritratti di teste coronate celebri, da Maria Antonietta alla principessa Sissi, da Ludwig II di Baviera a Jackie Kennedy, alla Principessa Spencer (Lady Diana), figure accomunate da un terribile destino, ma anche dall’essere state vere e proprie fashion icons, modelli di eleganza del proprio tempo.

 

 

THE CREMASTER CYCLE

di Matthew Barney

USA 1994 – 2002

 

Cremaster è una serie di cinque film scritti, diretti e interpretati da Matthew Barney, una delle personalità più acclamate del panorama artistico contemporaneo. Il ciclo utilizza un linguaggio visivo sofisticato ed esteticamente impeccabile, a metà tra videoarte e cinema sperimentale. In una sfrenata celebrazione del corpo, inteso come pura potenzialità materica dalle infinite facoltà evolutive, i personaggi che animano Cremaster diventano esseri ibridi, frutto di metamorfosi mai complete ma sempre in essere, secondo uno schema che domina l’opera dell’artista fin dai primi lavori. In questo senso Barney è testimone di una chiara propensione al teriomorfismo, alla fusione tra uomo e animale, tra l’animale e gli dèi.

 

 

JESPER JUST

 

Jesper Just è un giovane artista danese che ha già all’attivo una quindicina di video che hanno invariabilmente per protagonisti uomini di età diverse impegnati a spogliarsi degli stereotipi di ruolo e genere per rivelare tutta la propria vulnerabilità. La danza e il canto ricorrenti nei suoi video vengono a simboleggiare la rottura delle barriere tra osservatore ed osservato, un mutuo esporsi al mondo delle emozioni che ridefinisce anche gli stereotipi attorno all’identità maschile.

 

Video:

This Love is Silent

No Man is an Island II

The Sweetest Embrace of All

Invitation to Love

Bliss & Heaven.

 

 

ROBERT MAPPLETHORPE

di Nigel Finch

Gran Bretagna 1988

 

La concezione essenzialmente scultorea della fotografia di Mapplethorpe si estrinsecò particolarmente nel suo lavoro con modelli neri (con l’amato effetto “bronzeo” raggiunto elaborandone la pelle con il bianco e nero) e, a partire dal 1980, con l’incontro con Lisa Lyon, prima campionessa mondiale di bodybuilding, che venne a rappresentare per il fotografo una sorta di complementare ‘maschile’ di Patti Smith. Coesistenza di maschile e femminile, ma non veramente l’uno né l’altro (la Lyon amava parlare per sé della ricerca di un “corpo animale”), Mapplethorpe dedicò alla modella tre anni di lavoro (raccolti nel libro Lady), durante i quali divenne, come ebbe a dichiarare nell’84, “lo strumento per capire tutti gli aspetti delle fotografie fatte precedentemente”. Negli scatti di Mapplethorpe sulla Lyon è come se il fotografo avesse voluto riprendere, e quindi modellare, muscoli maschili per dare loro un carattere femminile o viceversa. La prospettiva omoerotica porta infatti alla metamorfosi del corpo, per farlo diventare altro.

 

 

NAN GOLDIN

 

Nan Goldin si è affermata, negli anni ‘80 e ‘90, come una delle maggiori esponenti di un'arte che ha rifiutato concettualismi e formalismi astratti in favore di una identificazione totale tra arte e vita. Fino dall'età di diciotto anni Nan Goldin ha usato la fotografia come una straordinaria forma di "diario in pubblico”, documentando la propria vita e quella della famiglia allargata di amici e amanti con i quali ha condiviso da allora le proprie esperienze. Un’intimità raggiungibile solo mettendo in gioco anche se stessa fino in fondo: gli eccessi dell'alcool, della droga, dell'amore e del sesso, le relazioni etero ed omosessuali, la costruzione delle identità sessuali nelle serie fotografiche dedicate alle sue amicizie nelle comunità delle drag queens di Boston e New York, si alternano nella sua opera a immagini disarmanti che non risparmiano i momenti di maggiore vulnerabilità personale.

 

I’ll be your mirror

di Nan Goldin e Edmund Coulthard

Gran Bretagna 1997

 

Contacts Nan Goldin

di Jean-Pierre Krief

Francia 1999

 

 

NOBODY’S HERE BUT ME: CINDY SHERMAN

Gran Bretagna 1994

 

Cindy Sherman, una delle più acclamate artiste contemporanee, nasce a New York nel 1954. La sua opera, una completa dipartita dalla fotografia tradizionale, stabilisce legami con il cinema e affronta tematiche e teorie legate ai gender studies. Sul finire degli Ottanta la Sherman, passando al colore, inizia a lavorare su effetti grotteschi di mutazione del proprio corpo, applicandovi membra e protesi artificiali per creare ritratti nello stile di pittori rinascimentali e seicenteschi, e interpretando ruoli sia maschili che femminili. In una serie successiva, per la prima volta non usando se stessa come soggetto, l'autrice usa le protesi di plastica e gomma di manichini anatomici per creare corpi mostruosi, e immagini che alludono a sesso, violenza, disfacimento e decomposizione, fortemente conturbanti.

 

 

ANNIKA LARSSON

 

Nata nel 1972 a Stoccolma, Annika Larsson vive e lavora a New York. Ha prodotto fino ad oggi 15 opere video. La sua opera affronta le dinamiche di ruolo, di comportamento e di potere legate all'identità maschile come costruzione sociale nell’odierna cultura occidentale. Nei suoi lavori, questa identità, significata attraverso l'abbigliamento, viene meticolosamente dissezionata, svelandone i rituali, i ruoli e la serie di norme sottintese. I suoi video ritraggono una società esclusivamente maschile, con individui che indossano l’uniforme (completi perfetti da uomini d’affari) richiesta dalla loro professione, e ripresi di solito in situazioni di convivialità e socializzazione tipicamente virili.

Video:

Inbjudan till Herr B - Svezia 1998

Dog - Svezia 2001

 

 

ANDY WARHOL’S TV

 

Nelle serie televisive da lui ideate (Fahion, 1979 - 1980; Andy Warhol’s TV, 1980 - 1983; Andy Warhol’s Fifteen Minutes, prodotta per MTV, 1986 - 1987), Warhol si occupò solo delle interviste: seguendo la formula di Interview, la TV di Andy Warhol andava in onda settimanalmente con episodi di mezz’ora che potevano contenere chiacchere tra amici come il collezionista d’arte Henry Geldzahler e la direttrice di Vogue America Diana Vreeland, interviste a Issey Miyake e sfilate di moda, video musicali, visite nelle case di musicisti amici. Pura superficie, come le interviste-polaroid della rivista; d’altra parte, spiegando la sua formula editoriale, Warhol aveva dichiarato che per lui la peggiore intervista era sempre più interessante e rivelatoria su un personaggio del saggio più approfondito.

 

 

URS LÜTHI

 

Urs Lüthi, artista svizzero nato nel 1947. Pittore e fotografo, tra gli iniziatori del movimento artistico della Body Art, ha sviluppato a partire dal 1968 una serie di autoritratti fotografici centrati sul tema dell’identità sessuale. Nelle pose in vesti e make up femminili, dichiarava di ricercare “quanto lontano potessi andare nella relazione tra un uomo e una donna”, esplorando il proprio “make up psicologico”. L’ambivalenza in quanto tale era il contenuto più creativo e significativo del suo lavoro: mettendo in discussione i discorsi sociali sui generi, assumendo esplicitamente sulla superficie del proprio corpo caratteri e atteggiamenti apparentemente contrastanti, Luthi con il suo lavoro ha tentato di portare alla luce e dare forma visibile ai tratti e alle sfaccettature più intime e riposte della sua personalità e del suo inconscio.

 

 

MARIO MIELI

 

Nella televisione italiana del 75/76 c'era aria di rinnovamento. E fino al 1980 tutti quelli troppo freak poterono accedere  al palinsesto Rai (per un istante, si intende) per esprimere se stessi senza troppi filtri. Mario Mieli fu il rappresentante più memorabile del movimento gay italiano e agli occhi dei telespettatori italiani a metà degli anni ’70 fu sicuramente uno strabordante performer. Mieli fondava la cultura gay con il situazionismo e la provocazione culturale e politica. Di Mario Mieli si ricordano in Rai almeno 3 partecipazioni in altrettante trasmissioni:

 

Video:

Videosera - Parco Lambro - 1976

E' il servizio messo in onda dalla RAI in cui apparvero i primi nudi integrali maschili e femminili. Mario Mieli parla dal palco del festival pop del giugno 1976 insieme ad altri componenti del COM (Collettivo Omosessuali Milanesi).

 

Come mai - 1977

Trasmissione sui giovani; Mario Mieli viene intervistato travestito sul suo libro Elementi di critica omosessuale, appena uscito per la Einaudi.

 

Tabù Tabù – 1978

La puntata dedicata all'omosessualità non venne mai trasmessa, ma restano nell'Archivio Rai 14 minuti di contributi filmati. Tra le sequenze vi compare anche la celebre performance dove Mario Mieli, in tuta e tacchi a spillo, intervista gli operai dell'Alfa Romeo sull'omosessualità.

 

 

BRICE DELLSPERGER

 

Da Blow Out a Il ritorno dello Jedi, da Le due sorelle a Omicidio a luci rosse, da Donne in amore a Vestito per uccidere, da Belli e dannati a Psycho, da Arancia meccanica a Mulholland Drive: diciotto trasposizioni drag di pietre miliari della storia del cinema. Sono i body double di Brice Dellsperger, video artista francese, che duplicando i corpi e mischiando i generi, rende omaggio alla settima arte. Dellsperger si immerge nell’immaginario cinematografico per ricostruire i film sequenza per sequenza, nella loro integralità o parzialmente. Le riproduzioni sono perfette: stesse inquadrature, stessa musica, stesso sonoro originale, solo l’interprete viene sostituita da un doppio: lo stupefacente performer Jean Luc Verna o lo stesso Dellsperger che, travestiti, interpretano fedelmente i ruoli delle attrici hollywoodiane. Dellsperger nega tuttavia una possibilità di identificazione totale di questi suoi nuovi personaggi, definendoli “né femminili né maschili, ma che posseggono un po’ delle caratteristiche di entrambi”, e il concetto di travestitismo non come pretesa illusione di realtà ma come performance appare in questo senso importante nei suoi film.

 

 

VERUSCHKA

di Paul Morrissey

USA 2006

 

Un racconto autobiografico della modella tedesca (vero nome Vera von Lehndorff) che negli anni ’60 divenne una vera e propria icona apparendo sulle copertine di più di 800 riviste, posò per Salvador Dalì,  apparve in Blow-up di Michelangelo Antonioni. Considerata da alcuni la prima top-model della storia, collaborò con fotografi come Richard Avedon, Steven Meisel e Helmut Newton, per proseguire poi una sua personale ricerca nell’ambito della body art, a proposito della quale Susan Sonntag parlò in maniera lusinghiera del desiderio della modella di perdersi nella materia e di sprofondarsi nella regressione dell'istinto animale.

 

 

THE COCKETTES

di Bill Weber e David Weissman

USA 2002

 

Documentario sulla coloratissima e oltraggiosa troupe teatrale di hippies-travestiti-performers che fecero sensazione nella San Francisco a cavallo degli anni 70. I loro spettacoli furono ammirati da Diana Vreeland, Truman Capote, Janis Joplin e Allen Ginsberg, e furono fonte di ispirazione per John Waters e per il fenomeno del glam rock. Gli spettacoli delle Cockettes erano ricreazioni stravaganti di musical hollywoodiani degli anni 20 e 30, con costumi elaboratissimi accanto a nudità in scena che spesso avevano più rilevanza dei copioni, semi-improvvisati e sovente recitati sotto l’effetto dell’LSD.

 

 

 

 

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