Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Aganis. Performatività orali e poetiche dell'inudibile

di Chiara Cecconello

con la supervisione di Annalisa Sacchi

 

La tesi approfondisce con acume critico e ampie competenze teorico metodologiche un oggetto di studio interdisciplinare, posto sui confini fra arti performative, scienze antropologiche e prospettiva postumanista: la figura dell’anguana, residuo mitico (e mitografico) delle culture del nord est italico, forma ctònia ancestrale di un femminile anfibologico e misterioso (o più semplicemente scomodo e pericoloso), irriducibile ad ogni colonialismo di genere, e per questo motivo spesso relegato ad un immaginario orientato sulle due polarità della seduzione e della persecuzione (donna fascinatrice e donna rettile, sirena tentatrice e mostro diabolico). Tuttavia, all’interno di questo inquietante e intrigante profilo del femminile, esaminato nella ricerca con perizia di fonti e di indagini sul campo, ciò che interessa maggiormente, per originalità di interpretazione, è l’accento posto sul dispositivo performativo della voce («cavità boccale» e «cavità rocciosa»), da intendersi come medium della relazione e dell’ibridazione fra natura, scienza e cultura. In questo senso il mito dell’anguana viene opportunamente collocato in quel campo germinativo di indifferenza semantica che caratterizza alcune felici intuizioni, in chiave ecologica, dell’approccio postumanista. In questa direzione la tesi sviluppa poi un’interessante ricognizione su alcune delle più originali e innovative pratiche artistico performative (Vito Acconci, Chiara Guidi e Daniela Cattivelli) che assumono la vocalità non nel senso mimetico espressivo tradizionale (e tantomeno virtuosistico), ma (come aveva già predetto e sperimentato Artaud) nella sua organicità pura (ossia nell’accezione, sempre artaudiana, del «corpo senza organi»): una vocalità che, proprio in quanto organica, si pone come archivio memoriale di quella sintesi originaria fra umano e non umano che lo stesso Grotowski, evocando «il performer del rituale primario», aveva ricondotto al «primo essere umano che ha cantato»

 

Fabrizio Fiaschini