Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

missione 0 | sessione interattiva dedicata ai temi chiave

 

aula L1, ore 15 > 16

 

questioni

 

1. Come vivere quest’esperienza in modo felice?

2. Come dar forma alle differenze e alle diverse identità del lavoro nei processi di smart working? Come conciliare questioni di genere e qualità diffusa della vita collettiva?

3. Come dare qualità al tempo di vita e lavoro negli spazi e nei tempi del quotidiano?

4. Come produrre un'architettura delle informazioni capace di rendere agile ed efficace le relazioni tra le diverse componenti della comunità Iuav?

 

restituzione panel

facilitatore: Alessandro Caputo

co-facilitatrice: Barbara Bottaro

reporting: Valentina Garuzzo, Valentina Battiston

partecipanti: alla sessione erano presenti un numero diverso di partecipanti rispetto a quelli iscritti. Non tutti hanno compilato i fogli firma rendendo impossibile dare un’informazione precisa sul numero e i nominativi dei partecipanti effettivi

 

La discussione prende avvio dal tema legato all’esistenza di una questione di genere all’interno dell’ateneo.

Da una mappatura delle componenti Iuav si rilevano i seguenti dati di partenza: gli studenti e le studentesse rappresentano rispettivamente il 55% e 45% del totale, nella docenza il genere maschile è maggiormente presente nelle posizioni apicali, mentre il personale tecnico amministrativo è composto principalmente dal genere femminile, considerate le esigenze di conciliazione della vita famigliare con quella lavorativa.

A tale riguardo emergono pareri contrastanti circa l’opportunità di trattare un argomento così importante e delicato che tocca le coscienze delle persone in questo momento di incontro e circa il tipo di approfondimento che si intende affrontare.

 

Nel corso della discussione emergono le seguenti considerazioni:

 

­ esiste una questione di genere all’interno dell’ateneo che ha molte sfaccettature: il trattamento sul luogo di lavoro, il rischio del mobbing, l’equità economica, ecc. In un consesso accademico dovrebbe però sussistere una forma di neutralità su questi elementi: tutti dovrebbero essere valutati per la propria qualità accademica e scientifica e per la propria capacità relazionale a prescindere dal genere maschile o femminile o dall’identità che ciascuno desidera manifestare 

Ciò che nella questione di genere dovrebbe essere messo a valore è la sensibilità che ciascuno esprime come peculiare valore individuale o del gruppo di lavoro a cui si appartiene;

 

A fronte di una società italiana che si avvia sempre più a manifestarsi come società multietnica si osserva come Iuav non presenti ancora questi tratti se non parzialmente. In questo senso la questione di genere andrebbe inquadrata in un contesto più complesso. 

Di fatto, soltanto nei corsi di laurea in lingua inglese si riscontra la presenza di studenti che rispecchiano la complessità della società esterna, mentre negli altri corsi esiste ancora una certa omogeneità.

Anche il bilancio di genere di Iuav avrebbe bisogno di una visibilità maggiore e di momenti di discussione considerati i dati sulle carriere dei docenti e del personale tecnico e amministrativo sui quali sarebbe opportuno procedere con ulteriori valutazioni.

Se sulla fascia dei ricercatori la distribuzione mantiene un certo equilibrio, sulle fasce più alte si riscontra invece un grande squilibrio di genere. Per capire se si sta andando verso un bilanciamento bisognerebbe fare un’analisi dei dati sui nuovi reclutamenti, monitorando l’andamento anche nei prossimi anni;

 

non è possibile affermare che esistono solo il genere maschile e femminile, esiste uno spettro di identità che hanno assolutamente diritto alla cittadinanza anche all’interno dell’ateneo. Nel comitato unico di garanzia si è discusso a lungo su alcuni aspetti necessari per rendere l’ateneo un luogo inclusivo a tutti gli effetti. Per gli studenti si è ottenuta la possibilità di prevedere l’acquisizione di una “identità alias”, cioè di utilizzare un nome differente da quello anagrafico nelle sole interazioni con l’ateneo. Sarebbe auspicabile che tale possibilità fosse estesa a tutte le componenti dell’Università Iuav. Altro aspetto sul quale lavorare è l’inclusività degli spazi di tutte queste identità che compongono la comunità Iuav, come ad esempio i servizi igienici;

 

esiste una questione di genere all’interno dell’ateneo che è uno dei problemi irrisolti rispetto alle differenze che continuano a esistere nonostante si sia in un ambiente in cui si dovrebbe fare sperimentazione anche in questo senso e dare spunti alla società.

 

 

Disuguaglianza e precarietà 

 

Nell’ateneo si riscontrano forti disuguaglianze per quanto riguarda il mondo del lavoro e la precarietà. Nei dati presentati nell’introduzione sicuramente non sono compresi alcuni componenti effettivi della comunità Iuav come il personale delle portinerie e delle biblioteche, i collaboratori alla didattica, gli assegnisti e gli assistenti. Esiste in questo caso un problema di equità economica nonostante si tratti di persone che lavorano da molti anni all’interno dell’ateneo. Tali componenti non possono essere escluse quando ci si prende carico dei temi di una “buona vita”.

Se nei dati si dovessero inserire anche i lavoratori precari della docenza e del personale tecnico e amministrativo le proporzioni cambierebbero notevolmente. Il quadro legislativo in corso di mutamento determina e determinerà successive riflessioni 

 

Si è poi passati a discutere un altro aspetto che interessa la qualità di vita delle persone legato allo smart working, alle opportunità che andrebbero valorizzate e ai problemi da tenere in considerazione.

 

Su tale tematica nel corso della discussione emergono le seguenti osservazioni:

 

lo smart working è un’ottima opportunità se ha determinate caratteristiche. Ci si è trovati a inventarsi un modo per continuare a lavorare, a essere dentro all’istituzione, a coltivare le relazioni, a fornire servizi. È stata una grande opportunità in cui tutti si sono messi in gioco. In seguito, con il passare del tempo, in mancanza di una pianificazione, lo smart working ha assunto delle caratteristiche che non erano sicuramente quelle che avrebbero dovuto essere e sono emerse alcune criticità. Quella più evidente riguardava la mancanza di una soluzione di continuità con una dilatazione notevole dell’orario di lavoro. È emersa quindi la necessità di definire delle regole che prevedessero innanzitutto il diritto alla disconnessione con una separazione tra momenti da dedicare al perseguimento del proprio progetto di lavoro e quelli da dedicare alla vita privata.

Mancando un progetto preventivo molte persone hanno avuto grossissime difficoltà per la mancanza di dotazioni performanti, considerate anche le necessità che tutti i componenti della famiglia avevano nello stesso momento.

Poi a un certo punto quasi tutto il personale è rientrato in servizio senza che si fosse pensato a sfruttare le opportunità date dallo smart working facendo un passaggio sulla progettualità e non soltanto sul fatto di lavorare da casa una o due giornate;

 

nonostante la fatica di stare tante ore davanti a un monitor in alcuni momenti contingenti, è comunque apprezzabile la possibilità di alternare talvolta lezioni online a lezioni in presenza per riuscire a contemperare l’attività di ricerca scientifica e quella didattica soprattutto in alcuni semestri particolarmente densi o quando la didattica si prolunga per tutto l’anno. La didattica potrebbe consentire di realizzare  contemporaneamente anche altre attività come un progetto di ricerca, o periodi di studio in altre sedi e luoghi. Se si tratta di occasioni sporadiche o ben delimitate in certi tipi di insegnamento o in certi orari possono essere occasioni utili sia per i docenti sia per gli studenti;

 

è di questi giorni la pubblicazione di dati che confermano come molte persone non accettino più alcune  opportunità di lavoro perché durante il lock down si è scoperto un nuovo modo di lavorare. Anche all’interno dell’ateneo molte persone hanno lasciato le proprie posizioni  per la mancanza di maggiori opportunità di smart working, cosa che ha creato una serie di problemi. Lo smart working ha portato un nuovo modo di vivere e sulla base di questo si fanno delle scelte di vita differenti;

 

è stato importante in questi anni ri-arrangiare in forme tecnologicamente assistite la didattica, anche in relazione al tema del benessere oggetto di questa sessione. Adesso è giunto però il momento di mettere un punto alla questione della didattica a distanza pur tenendo presenti le difficoltà legate al pendolarismo e alla condizione di fuori sede.

La didattica a distanza non può comunque essere uno strumento di welfare o di gestione delle asimmetrie economiche;

 

l’esperienza della didattica a distanza ha avuto vari aspetti interessanti dal punto di vista esplorativo. Ci sono molte potenzialità per quanto riguarda i metodi di active learning, come ad esempio la possibilità attraverso form online di valutare l’apprendimento degli studenti durante il corso o di poter condividere con facilità ricerche fatte dagli studenti. Un'altra potenzialità importante riguarda la possibilità di invitare personale esterno proveniente da sedi lontane anche senza un budget dedicato. 

Quello che non è stata invece positiva neanche per gli studenti è stata la didattica mista, il tentativo di fare una lezione sia in presenza sia online nello stesso momento. 

In alcune situazioni, come nelle giornate di sciopero, la didattica a distanza diventa pratica, cosa che rende possibile un approccio ibrido anche per il futuro, un’integrazione tra strumenti diversi;

 

si parla sempre in termini di economie o diseconomie, mentre bisognerebbe invece porre l’attenzione a quali trasformazioni avvengono nelle persone mentre si lavora in smart working.