didattica | panel 1
la didattica del
progetto nei corsi di laurea triennali e magistrali
aula L1, ore 15 > 16.30
questioni
1. La didattica del progetto: quale
identità per Iuav?
2. Nuove metodologie didattiche e nuovi
format per una didattica del progetto.
3. Didattica interdisciplinare e
trasversale come nuova frontiera della didattica del progetto?
Considerato
il numero dei partecipanti la discussione del panel 1 avviene in due diversi
gruppi (aule N1 e N2).
restituzione
panel
il panel è
facilitato dai moderatori Alessandro Caputo e Michela Serpietri per il
gruppo 1 e Barbara Bottaro per il gruppo 2
co-facilitatori: Alessandro Pirani, Giuseppina Renna
reporting: Valentina Garuzzo,
Erica Mariani
partecipanti: ai panel erano presenti un numero
minore di partecipanti rispetto a quelli iscritti con qualche nuova aggiunta.
Non tutti hanno compilato i fogli firma rendendo impossibile dare
un’informazione precisa sul numero e i nominativi dei partecipanti
effettivi
gruppo 1
Nella
discussione del gruppo 1 sono emerse per ogni domanda le questioni di seguito
riportate:
1. La didattica del progetto: quale identità per
Iuav?
– è necessario riflettere
sull’esistenza o meno di una convergenza
tra il progetto e la progettualità e sull’eventualità che siano invece
in atto degli slittamenti semantici capaci di dividere la comunità Iuav. Ne
emerge che, nella tensione tra progetto e progettualità, la didattica che
insiste e si interroga su queste due dimensioni ha un aspetto centrale per
l’ateneo, poiché è capace di creare ambienti condivisi e di costruire un
senso di comunità e di appartenenza più forte di quello che si percepisce nelle
esperienze di altri atenei;
– è imperativo immaginare e prefigurare scenari che saranno operativi
nell’arco dei prossimi anni, poiché un ambiente che educa le generazioni
future, quale l’università, non può concedersi il lusso di abbracciare un
principio conservativo;
– negli ultimi anni, si è insistito
molto sulla definizione di ateneo del progetto, ma non su quella di ateneo della progettualità. Per
affrontare una discussione in funzione della progettualità, e quindi della
prefigurazione del futuro, si dovrebbe partire dalla conta delle “punte
di diamante”. Gli studenti che hanno studiato in Iuav, hanno un marchio
di riconoscimento e lo portano all’esterno, seppure negli ultimi anni
questo marcato segno di appartenenza sembra si stia affievolendo. È necessario
avviare un ragionamento intorno a questa cifra distintiva e all’offerta
formativa, tecnica da un lato e creativa dall’altro, che la caratterizza;
– è necessario avviare una riflessione
sull’intersettorialità in tema di didattica. Si ritiene che
interrogarsi su come integrare metodi, tradizioni ed esperienze di insegnamento
di forme progettuali all’interno dei laboratori integrati, mostrando come
siano diverse le competenze che possono partecipare, sia un modo per aggredire
nuove forme di didattica del progetto;
– la didattica Iuav è caratterizzata dal
fatto che tante discipline diverse si occupano tutte dello stesso oggetto, consentendo
agli studenti di acquisire grande capacità tecnica, laboratoriale ed
esperienziale. Ciò conferisce loro la capacità di analizzare e leggere i
contesti, caratteristica che in studenti provenienti da altri atenei è meno
presente. Si tratta di una particolarità interessante da comunicare verso
l’esterno;
– bisogna permettere agli studenti di
essere culturalmente forti e coscienti di quello che fanno, dare loro un input
così ampio di questioni, tale da poter permettere loro di individuare la propria
sfera, il proprio dominio di maturazione e di sviluppo culturale avanzato e
solido, renderli capaci di difendere il proprio progetto
2. Nuove metodologie didattiche e nuovi format
per una didattica del progetto
– l’interdisciplinarietà
ha a che fare sia con il progetto sia con il processo. Nello specifico il
progetto quale momento di sintesi del processo e traduzione di input e
suggestioni di diverse culture che in qualche modo si relazionano alla
dimensione di progetto. È la capacità di dare forma a un’idea grazie alla
raccolta e al governo di informazioni e suggestioni;
– il laboratorio integrato è un formato
didattico che ha ormai venti anni e rispecchia quella che era una condizione
professionale del passato, un momento in cui la didattica voleva sperimentare
un dialogo tra varie componenti culturali e didattiche all’interno della
costruzione di progetto.
È ancora
utile proporre allo studente la sintesi come premessa alla traduzione? O è
arrivato il momento in cui i formati didattici devono affidare allo studio
autonomo il momento della sintesi? E quindi svincolarsi da quei formati che
vogliono costringere al dialogo tra le componenti e tornare a una forma
didattica in cui le diverse componenti hanno una maggiore autonomia di azione
sul progetto e lasciare il momento di sintesi e traduzione allo studente;
– principio del ask the boy ovvero tentare di orientare la didattica, più che verso lo
sviluppo di un’idea propria del docente da parte degli studenti che
partecipano alle lezioni, al fine di eviscerare delle curiosità, delle visioni,
delle alterità del percorso progettuale mantenendo un processo strutturato, un
metodo di organizzazione del progetto che però dia libertà di orientamento, di
sviluppo dell’oggetto, e anche di non realizzabilità dello stesso;
– nuovi format e nuovi metodi potrebbero essere esplorati anche nella dimensione delle revisioni.
Esse assorbono molto tempo alla didattica, trasformandola di fatto in una
versione one to one all’interno
del corso e sottraendo tempo a chi rimane in attesa.
Pare al
momento che l’insegnamento abbia assunto una dimensione sartoriale ed è
necessario dunque saper comunicare il valore del lavoro collettivo in aula.
Approcciare
una classe più o meno numerosa cambia la tipologia di relazione che si instaura
tra docente e studenti e influisce sulla qualità e sulla possibilità di
interazione, pertanto è fondamentale valorizzare le possibilità di interazione
tra pari e non esclusivamente quella tra docente e studenti;
– nell’ottica
dell’accompagnamento degli studenti è utile capire come un docente riesce
a sviluppare e stimolare la capacità critica e di quali competenze necessita
per riuscirci. Si rileva la difficoltà degli studenti nell’affrontare
criticamente la partecipazione alle lezioni o i commenti e le osservazioni
ricevute nell’ambito delle revisioni;
– la didattica che parte dal contesto
locale e pone problemi reali funziona molto bene, come accade nei giochi di
ruolo. Da questo punto di vista la
didattica integrata si rivela un grande valore aggiunto poiché mette
insieme competenze diverse e consente di approcciare criticamente i problemi,
creare innesti progettuali e tecnici, prima ancora di concentrarsi sulla loro
risoluzione;
– negli ultimi anni è cresciuta
esponenzialmente tra gli studenti sia la cultura
del do it yourself sia
la fiducia nei pari. Queste sono istanze di tipo generazionale che derivano dal
mondo che i giovani d’oggi abitano e dalle pratiche dentro le quali si
trovano. Assecondare questi processi incentiva anche delle forme di autoformazione;
– l’impressione che, soprattutto
nei corsi di laurea, la distinzione tra corsi teorici, storici, di stampo più
tradizionale e corsi a carattere laboratoriale abbia una sua produttività e che
un processo di laboratorializzazione di tutta la
didattica potrebbe avere un effetto potenzialmente negativo. Ciò non toglie che
siano necessarie nuove sensibilità
anche per svolgere la didattica teorica.
Per quanto
riguarda i corsi di laurea magistrale si potrebbe riflettere sulla possibilità
di istituire alcune cattedre che mettano insieme docenti afferenti ad aree
diverse, sulla base di un progetto didattico e a beneficio dell’intersettorialità. Questo potrebbe avere un grande impatto
sugli studenti e articolerebbe virtuosamente anche i rapporti tra didattica e
ricerca;
– talvolta la distinzione tra lezione
frontale e azione laboratoriale è difficoltosa, in termini metodologici
potrebbero intersecarsi all’interno di qualsiasi corso poiché molto
contano la capacità di coinvolgimento del docente e la capacità di ascolto
dello studente. Entrambe sono più facilmente raggiungibili quando la lezione
diviene performativa e gli studenti sono partecipi della scena, è questa la
forma dialogica più utile per fare didattica;
– ricercare occasioni, anche con
committenze esterna da trasformare in laboratori che siano occasione di
competizione positiva tra gli studenti;
– ogni corso è di per sé un progetto
unico in cui si costruisce qualcosa;
– rispetto ai format e ai metodi, per
far sì che Iuav crei degli ambienti dove
non solo si insegna ma si impara, è fondamentale ascoltare le suggestioni
che vengono dagli studenti. Essi sono già interdisciplinari, mentre spesso i
docenti si limitano a insegnare quello che sanno insegnare e sono poco curiosi.
È necessario difendere le differenze, anche in un ateneo piccolo: i laboratori,
i metodi e i format non sono e non possono essere tutti uguali e trasversali.
La ricchezza
di Iuav sta nell’avere un’armonia nelle diversità reciproche.
3. Didattica interdisciplinare e trasversale come nuova frontiera della didattica del progetto?
– offrire la possibilità agli studenti,
secondo la propria curiosità, di approfondire alcune materie, un metodo
metaforico o strumentale, l’uso di un processo o di una tecnologia, al
fine di applicare la propria costruzione del progetto;
– si ritiene che i laboratori integrati
non siano un modello del tutto superato, ma che va certamente aggiornato;
– si evidenzia che tra il corso di
laurea triennale e quello magistrale vi è spesso una dispersione di iscritti
che non si legge nel senso positivo che si potrebbe attribuire alla formula del
3+2, ovvero alla possibilità di formarsi prima in una università e poi andare
in un’altra ad acquisire un diverso tipo di formazione, ma una condizione
di stanchezza che spinge gli studenti al cambiamento.
Occorre
dunque ragionare a livello di triennale su che tipo di insegnamenti si erogano,
come si costruiscono le basi affinché gli studenti possano continuare il
percorso all’interno dell’Università Iuav.
L’interdisciplinarità
va potenziata nell’ambito delle lauree magistrali dopo aver fatto un
ragionamento serio sul percorso di studio delle triennali, altrimenti si corre
il rischio di utilizzare le magistrali per recuperare i vuoti di costruzione
mentale e cultura generale lasciati delle triennali e non per lavorare su
questioni avanzate;
– far comprendere agli studenti
l’importanza di alcuni ragionamenti e materie per far emergere le
componenti da utilizzare per fare sintesi all’interno del progetto;
– punto di forza della progettazione
Iuav è stato quello di essere capaci di pensare l’interdisciplinarietà o
l’integrazione delle parti laboratoriali leggendo le classi come comunità, intercettandone i bisogni, ed essere capaci
di progettare nell’anno seguente ciò di cui quella classe poteva aver
bisogno
– riconoscersi come una comunità e difendere le differenze anche grazie a una didattica del
progetto capace di stare nel contesto ma soprattutto di stare nel contrasto,
insieme;
– la sollecitazione nata
nell’ambito della commissione orari e spazi per cui si ipotizza che
nell’interruzione didattica tra un semestre e l’altro vi sia una
settimana in cui si eroghi una didattica interfiliera
che consenta ai saperi più diversi di incontrarsi e trovare una sintesi, che
sia occasione di incontro per i docenti e per gli studenti di acquisire ampia
percezione della totalità dell’identità Iuav;
– fare interazione fra discipline anche attraverso gli spazi che in Iuav
sono un aspetto problematico.
Parte del
percorso formativo è fatta anche di emulazione, contaminazione positiva
guardando chi sta affianco, ma la comunità e le discipline non possono
incontrarsi e integrarsi se non ci sono spazi fisici per farlo; di fatto si
registra una forte polarizzazione degli spazi con conseguente impermeabilità
anche tra discipline.
gruppo 2
Il gruppo 2 ha elaborato i primi due quesiti:
1. La
didattica del progetto: quale identità per Iuav?
2. Nuove
metodologie didattiche e nuovi format per una didattica del progetto.
Dopo una
iniziale difficoltà di entrare nelle questioni attraverso l’uso di parole
chiave, i partecipanti si focalizzano sulla necessità di migrazione delle conoscenze, delle discipline e dei comportamenti
aprendo così un orizzonte di pensiero sulla sperimentazione come possibilità di integrazione di esigenze e di
comportamenti.
Un altro
elemento particolarmente interessante è l’andare oltre il fare per focalizzarsi così sul progetto: gli
strumenti a disposizione cambiano, le teorie evolvono e si incrociano.
Con
riferimento ai laboratori integrati si rileva che, pur necessitando di maggiore
elasticità anche su istanza degli studenti, devono dare il giusto peso, tempo e
spazio alle discipline, evitando l’eccessiva semplificazione dei
contenuti, cosicché trasmettano allo studente la possibilità di creare e
sviluppare un importante bagaglio personale a partire dal lavoro di gruppo.
Emerge la
visione del laboratorio integrato quale palestra in cui gli studenti si
allenano a una realtà in cui dovranno fornire risposta a problematiche non
distinte in senso disciplinare, ma unitarie.
All’interno
dei laboratori integrati si registra la compresenza di diversi docenti e
diverse discipline e quindi la combinazione di diverse dimensioni
dell’educazione. A tale riguardo ci si domanda se sono ancora i docenti a
dover essere la sintesi tra discipline o se non sia invece giunto il tempo
degli studenti di essere sintetizzatori.
Vi è forse la
necessità di superare lo schema
docente-studenti, immaginando dei luoghi in cui i docenti apprendono dagli
studenti, un formato diverso dal laboratorio integrato.
Molto senso e molto valore è dato alla
comunità e agli spazi di condivisione.
Si propone di
fare una valutazione dei cfu anche in relazione al carico di lavoro, di
riequilibrare il rapporto docenti/studenti e di rivedere la figura, il ruolo e
il riconoscimento, anche economico, degli assistenti. Essi infatti sono di
continuo supporto alla progettazione ed erogano didattica
“pratica”.
Con
riferimento ai Wave-workshop estivi di architettura
ci si interroga sulla loro effettiva produttività e sulla possibilità di
destinare diversamente i finanziamenti a loro dedicati annualmente.