Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Yona Friedman e la “Montagne de Venise”

 

20 aprile 2020

Due mesi fa Yona Friedman ci ha lasciati.

Iuav ricorda il suo rapporto con Venezia

 

 


 

 

Yona Friedman, scomparso di recente alla veneranda età di 97 anni, è stato uno dei guru dell’architettura contemporanea, sulla sponda delle “utopie realizzabili”.

Venezia è stata più volte teatro delle sue mirabolanti idee per la città futura.

La sua “Ville Spatiale”, presentata nel 2005 alla Galleria Bevilacqua La Masa e poi esposta nel padiglione tedesco alla Biennale d’Arte 2009, proponeva la costruzione di una nuova città flottante e flessibile per i cittadini sopravvissuti a un probabile cataclisma, che consentiva d’altra parte la conservazione di una deperita città storica.

 

Nel 2016 Friedman, con l’apporto dell’amico artista Jean-Baptiste Decavéle, importava a Venezia niente meno che una montagna, costruita con gli effimeri materiali delle sue classiche “Space Chains”, strutture spaziali modulari composte da cerchi lignei o metallici. La montagna, montata dagli studenti Iuav durante un entusiasmante workshop alle Tese dell’Arsenale, navigò su una chiatta sulle acque della laguna per tre giorni, dal 28 al 30 settembre, producendo inattese performance sulla Riva degli Schiavoni e alle Zattere.

Il visionario architetto, dialogando con l’amico Decavéle, si era posto uno dei suoi spiazzanti interrogativi: “perché non costruire una montagna nella laguna veneziana?”.

Ne era nato un progetto, subito raccolto dal programma “Dell’immateriale” promosso da Chiara Bertola e da me per l’iniziativa congiunta della Fondazione Querini Stampalia e dell’Università Iuav di Venezia (curatori dell’evento Giuliano Sergio e la stessa Chiara Bertola; promotrice l’associazione per l’arte contemporanea Zerynthia di Mario Pieroni).

La proposta univa, come consueto nel lavoro di Friedman, l’ironia e la leggerezza del gioco alla volontà di coinvolgere la gente in un ben più serio impegno sui problemi impellenti della società contemporanea e quindi alla consapevolezza che solo un’azione architettonica partecipata può attivare nuove dinamiche urbane.

Costruire una montagna a Venezia significava cambiarne il paesaggio, modificarne la visione, permettere un nuovo punto di vista su quanto ci circonda. Fu un’opportunità offerta ai cittadini e ai turisti di vedere e vivere con altri occhi una città troppo spesso ridotta a stereotipo da cartolina (peraltro lo stesso Friedman già aveva prodotto nel 2009 una serie di non-convenzionali “cartoline postali” di Venezia, che furono esposte nella Galleria Minini di Brescia).

 

L’opera di Yona Friedman ha conosciuto in anni recenti un rinnovato interesse da parte degli architetti e ancor più dei critici d’arte. La casa editrice Quodlibet, a seguito degli studi dedicati a Friedman da Manuel Orazi, ha pubblicato una serie di preziosi contributi.

È certamente un segno dei tempi: la crisi climatica epocale suggerisce la necessità di trovare sponda in una visione del futuro come quella da tempo proposta dal visionario architetto, che è fondamentalmente socio-politica e sommamente ecologica, prima ancora di essere artistico-architettonica.

“In una prospettiva globale, e in debito con i giorni gloriosi del Moderno – ha scritto William Harris - Friedman è salito di nuovo alla ribalta soprattutto perché insiste sulla necessità di approntare infrastrutture pubbliche democratiche che tengano conto dell’indeterminatezza dei processi e della lucida registrazione della necessità di soluzioni economiche, in quanto teorico di un progetto di autocostruzione, flessibile e prefabbricato, pensato secondo principi di indeterminazione spaziale” .

Le idee di Friedman hanno infatti saputo coniugare sorprendentemente una potente visione “futuristica” e assolutamente “democratica e partecipativa” con processi di costruzione semplici, a tecnologia povera e con tecniche di riciclo ecologico. Erede dell’etica progettuale del Team X e delle sperimentazioni tecnologiche di Fuller o di Wachsmann, la sua opera ha interpretato le istanze di un nuovo paradigma progettuale “sostenibile”.

 

L’evento “Montagne de Venise” – con la sua carica ludica e spiazzante, utilizzando materiali di riciclo per costruire inattesi spazi-rifugio, e con il suo approccio evidentemente prossimo alle pratiche di cittadinanza attiva – costituì anche un’eccellente occasione per aprire il 29 settembre 2016 il convegno finale della ricerca «Re-cycle Italy», da me coordinata per tre anni con docenti di 11 università italiane. Il video che qui si propone, in omaggio al grande Yona Friedman a due mesi dalla sua morte, è la registrazione di quel suo lucido intervento.

 

Renato Bocchi

 

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