Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

per Gigi Dall’Aglio

 

5 dicembre 2020

 

Immagine che contiene uomo, persona, parete, interni

Descrizione generata automaticamente

 

 

Carissimi,

quest’anno terribile non smette di portarci brutte notizie. Alla notizia della morte di Gigi Dall’Aglio che ci è appena giunta si aggiunge ora anche quella della scomparsa di Paolo Morachiello. Ho avuto modo di conoscere poco il primo, se non in qualche discussione “trasversale” in cui ho potuto apprezzare l’intelligenza e la passione ma la sua figura era pubblica e conosciuta e tutti coloro che l’hanno frequentato, e che gli erano amici, hanno espresso un dolore e un rimpianto veri, che solo le persone di valore lasciano dietro di sé.

 

Ho conosciuto invece bene Paolo, al quale mi univano molti comuni interessi e che per lunghi anni è stato una presenza importante ad Architettura. I suoi libri e i ricordi di studenti e colleghi rimarranno a testimoniare il suo valore scientifico e didattico ma a noi mancherà soprattutto il suo carattere, la sua dolcezza e la modestia di persona che sapeva ascoltare. Entrambi, in ambiti diversi, a Teatro e ad Architettura, hanno costruito un pezzo importante di questa nostra Scuola così come è oggi, complessa e unica. A entrambi va il nostro ringraziamento.

Alberto Ferlenga, rettore Iuav

 

 

Un altro amico, Gigi Dall’Aglio, ci ha lasciato. Gigi è stato un attore e regista che ha operato con successo e prestigiosi riconoscimenti in teatri italiani e internazionali. Ma non è stato soltanto questo. Importante è stato anche il suo ruolo nelle istituzioni teatrali, soprattutto Teatro Due di Parma che ha collaborato, insieme a un gruppo di giovani artisti, a fondare, di cui è stato direttore artistico e a cui ha dato con continuità il suo intelligente apporto. Questa esperienza è particolarmente significativa, al di là delle produzioni teatrali di rilievo che l'hanno caratterizzata, perché è riuscita a mantenere viva nel tempo, in un contesto istituzionale, la riflessione sul teatro e sulla sua funzione sociale. Gigi ha saputo anche far sì che i giovani di oggi raccolgano il testimone dei giovani di allora e questo è stato l’inestimabile contributo che, insieme a molti altri artisti e professionisti, ha offerto ai nostri studenti di teatro nei lunghi anni del suo insegnamento. Di questa sua capacità di trasferire nella didattica la ricchezza delle sue esperienze e la sua passione per il teatro gli siamo particolarmente grati. 

Medardo Chiapponi

 

 

Gigi Dall’Aglio si è dedicato con passione e grande energia all’insegnamento, nei laboratori di regia teatrale tenuti al corso di laurea in Arti visive e dello spettacolo, presso l’allora Facoltà di Design e Arti.

Ho avuto il piacere di conoscerlo e apprezzare il suo straordinario talento di attore, oltre alla grande umanità.

Davvero una grande perdita

Massimiliano Ciammaichella

 

 

Le notizie ferali non smettono di arrivare in questo anno terribile. 

Mi addolora moltissimo sapere di Gigi Dall'Aglio, che ho conosciuto come una persona di grande cuore. 

Lo contattai qualche anno fa per chiedergli di collaborare con la sua sapiente abilità a una fortunata occasione per un "reading" ariostesco al Festival della Letteratura di Mantova, poi riproposto anche nel chiostro dei Tolentini. Da allora siamo diventati amici. 

Recentemente lo ho sentito a radio3 in una bella intervista a proposito della sua nuova produzione teatrale: mi pareva in gran forma. Che disdetta! 

Renato

Renato Bocchi

 

 

Terribile, ancora una notizia che non ci voleva. 

A Gigi Dall’Aglio mi legava la conduzione parallela dei nostri due Laboratori finali, quello di Arte e quello di Teatro,

quando i nostri studenti fino a quel momento frequentavano ancora assieme tutti i corsi. Per l’ultimo laboratorio si decidevano in che direzione andare.

Ma c’era tuttavia sempre una forte sensazione di appartenenza reciproca, comunque. Seguivamo con curiosità i sforzi reciproci. 

Questo ha anche fatto nascere una bella amicizia tra noi due, oltre alla normale stima tra colleghi. 

Una volta Gigi è venuto all’inaugurazione di una mostra curata da me a Udine, semplicemente così, come sorpresa e per sincero interesse.

L’ho incontrato per l'ultima volta neanche tanto tempo fa, in un vaporetto Girocittà, e infatti - abbiamo fatto quasi un “giro” intorno alla città 

per raccontarci le nostre reciproche vicende. 

Sono molto triste

Agnes Kohlmeyer

 

 

Gigi Dall'Aglio ci mancherà moltissimo, personalmente e a tutta la comunità teatrale di cui faccio parte. Sono arrivata a Iuav per la prima volta con lui, anni fa, per lavorare con le sue studentesse e studenti.

Condivido qui con tutt* alcune parole scritte per lui, per il web – visto che probabilmente non potremo fargli il funerale che si sarebbe meritato: gioioso e collettivo.

 

 

Gigi. ciao, ciao. Ti saluto qui, in un dolore profondo, perché qui è questo surrogato di spazio pubblico che abbiamo a disposizione, ed è nello spazio pubblico che bisogna dire il tuo nome, tu che non hai fatto altro che creare spazi e condividerli con altr*. Ho imparato moltissimo da te. Mi hai insegnato Brecht. Mi hai insegnato a chiudere le battute (in un momento in cui andava così di moda tenerle apertissime!). Mi hai proprio insegnato la tecnica, come fare a mettere i punti, e poi mi hai spiegato che al testo, alla parola bisogna restituire concretezza, materialità – era un approccio materialista alla parola, al fiato, all'intonazione. Era politica fin nelle finali. 

Leggo moltissimi commenti di altre e altri, di tante generazioni diverse – e mi rendo conto che è facile celebrare un* artista attraverso i suoi lavori, le opere, i titoli. Ma tu hai fatto molto altro oltre questo, un lavoro spesso invisibile e senza nome: di cura, di disseminazione, di trasmissione. Un lavoro capillare e delicato, di nutrimento continuo, un lavoro artistico ma senza autore – parte di questo lavoro senza nome è ora opera viva nei nostri corpi, nei nostri pensieri sul teatro, nel nostro fare. Ne sento addosso la vibrazione, e la responsabilità. Eri un "maestro", ma in minuscolo, come piace a noi, senza alcuna aura o culto o corte da creare intorno (che disprezzavi), ma piuttosto a sostenere quell'uguaglianza delle intelligenze di cui parla Rancière. Nei sistemi di relazione che creavi non ci sono mai state dinamiche tossiche o di potere, che invece nel nostro ambiente sono pervasive, e difficili da nominare; per noi, con noi – che eravamo più giovani, artiste, e talvolta dunque più esposte* – costruivi degli ecosistemi sempre protetti, sicuri, paritari, nutriti di profondo rispetto, cura, potenziamento dell'altr*. Così dovrebbero essere gli spazi di trasmissione e di creazione. La pratica di cura delle relazioni che ti ho visto mettere in atto è stata di una qualità altissima. Ho ritrovato questi scatti di te al Teatro Valle occupato, nell'agosto del 2011. Ti avrò chiamato e tu sarai venuto, come accadeva spesso o forse eri a Roma a fare qualcosa e abbiamo organizzato così, improvvisando. Volevo lo vedessi questo teatro occupato, questa lotta di artist^ del palcoscenico, perchè era anche tua. E infatti l'hai riconosciuta subito. Negli anni, mi/ci hai raccontato tantissimo – del collettivo, dell'esperienza dei festival universitari nei Settanta, delle lotte e dell'impegno, delle regie. Ma – a differenza di tant* altr* che hanno vissuto quel tempo – nel tuo raccontare non c'era mai aneddoto, non c'era mai nostalgia o passione triste del ricordo che paralizza il presente. Era anzi un riattivare, e un trasmettere: idee, possibilità, azioni. Non ti lasciava la sensazione di essere stata esclusa da qualcosa, ma anzi di averla ancora a disposizione. È una qualità preziosissima, che rifiuta il compiacimento reazionario del passato, ma nutre l'immaginazione del futuro. Anche per questo si sono raccolte intorno a te tante generazioni diverse. E le temporalità erano intrecciate, fino ai viaggi di ricerca fuori dall'Europa (ci sarà un archivio bellissimo da attraversare), il festival a Teheran, gli esperimenti in giro per l'Italia e fuori. Uno sguardo critico e acuto il tuo, anche verso ciò che avevi contribuito a creare, e che ti ha portato a generare un percorso nomade, autonomo, libero. Nessuna autonomia dell'estetico o separatezza dell'arte, è anche nei modi di produzione e nelle pratiche che il teatro e le poetiche prendono corpo. Scherzavamo insieme degli attori e delle attrici che si fanno domande psicologiche, o sulla vita passata dei personaggi, che scambiano per realtà o autenticità ciò che è meraviglioso artificio. Parlavi dei tuoi lavori restituendone sempre la dimensione collettiva – il lavoro delle attrici e degli attori in scena, Paolo, Roberto, e Tania (di cui ripetevi l'incredibile potenza), le soluzioni sceniche trovate per dare corpo alle idee, il fazzoletto sul volto che in "La giungla delle città" si impregna d'acqua e quasi soffoca l'attore steso in scena. "L'Istruttoria", una scrittura scenica che rimane vivissima, frutto anche di una pratica collettiva. 

Mi hai parlato di un lavoro in cui mi avresti voluto in scena, poi non è andata così – ma me lo ripetevi ogni volta, e questo per me vale tantissimo, quasi come averlo fatto davvero quel lavoro. Hai creduto in me e nelle mie capacità sulla scena più di quanto sapessi fare io stessa. Che fortuna immensa, aver avuto il tuo sguardo – tutt* dovremmo averlo uno sguardo così, che ti dà forza e potenza di agire, dovrebbe essere un diritto universale. Mi hai scritto, un mesetto fa, di un sogno che avevi fatto. Ora penso che ci siamo saluti lì, già in un altrove.

un abbraccio a Laura, a Cristina, a Paola Donati e a tutto il Teatro Due.

per Gigi Dall'Aglio, regista, attore, pedagogo, compagno.

Ilenia Caleo

 

 

dolore – e un (altro) buco nel mondo
Monica Centanni

 

 

Una grande tristezza mi unisce a voi per la perdita di Gigi che ha reso gioiosi, vitali e appassionati tutti gli incontri con i suoi amati studenti e i colleghi tutti. L'avevo sentito recentemente e la sua generosità, anche nella nostra ultima telefonata, mi aveva profondamente toccata. La sua vitalità mi faceva pensare che non se ne sarebbe mai andato. Una fortuna averlo incontrato.

Rosaria Ruffini