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Il riemergere del fatto a mano, del riuso e dell’artigianalità diffusa nella maglieria

autrice: Maria Cristina Falsone

relatrice: Elda Danese

Questo elaborato ha come oggetto una riflessione sulla maglieria per indagarne il tema del riuso e della lavorazione manuale soprattutto in connessione al riemergere, negli ultimi anni, del fenomeno del craftivismo - neologismo che unisce le parole inglesi - craft + activism - che ha avuto rilevanti conseguenze nel fashion system.

Il mio approccio a questi temi è suddiviso nell’elaborato in una parte teorica, una tecnica e progettuale. Nella parte teorica, il lavoro manuale della maglieria viene affrontato attraverso l’analisi della produzione di artisti e designer contemporanei, partendo dal fenomeno del guerrilla knitting, mettendo in rilievo l’aspetto rivoluzionario e sociale della maglia.

Nel momento storico in cui viviamo, contemporaneamente al riemergere dell’artigianalità, il consumo della moda è diventato più veloce. Martin Margiela, Marine Serre e Congregation Design, sono tre designer che attraverso il reuse e l’upciclyng, delineano e definiscono nuove pratiche di moda sostenibile.

La parte progettuale si concentra su una mia operazione di redesign su maglie di seconda mano, ovvero azioni di riuso e montaggio con interventi manuali diretti e lavori di rimaglio, al fine di decontestualizzare sia le caratteristiche di prodotti finiti e sia le peculiarità comunemente attribuite agli indumenti in maglia. Per progettare i capi, mi sono servita delle mie conoscenza tecniche sul riuso e sulla progettazione di knitwear, a partire dalla ricerca iniziata per la collezione “Metallurgico 7.2” sviluppata per il Laboratorio di Design dell’Abito, fino alle esperienze maturate nel contesto torinese come lo stage presso l’azienda Serie Numerica e la partecipazione ad un progetto del comune di Torino, “Diritto e Rovescio” della realtà di “InGenio-Bottega d’arti e antichi mestieri”.

Documentando le mie esperienze dirette in questi progetti, intendo dimostrare come la maglieria sia una pratica che – ancora oggi – ha un’importante valenza sociale e culturale, trasmissibile anche attraverso il suo utilizzo nella progettazione della moda contemporanea e in contesti artistici ed iniziative culturali.

Attraverso la riflessione, le documentazioni e le esperienze progettuali di maglieria, ho dimostrato come questo valore sia intrinseco alla sua pratica di lavorazione. L’azione stessa del lavoro ai ferri può infatti essere considerata forma di esecuzione, di espressione e di azione.

Come negli gli Anni '70, il movimento femminista si riappropriava del lavoro ai ferri per rivendicare l’indipendenza femminile, contestare l’ideale attribuzione delle mansioni domestiche alle donne e soprattutto mostrare il valore e la qualità del lavoro ai ferri, allo stesso modo, i nuovi gruppi sociali, in linea al cambiamento storico in cui viviamo, si servono di questi strumenti pratici per rivendicare i loro diritti. Attualmente l’azione del lavoro a maglia si sta manifestando non solo attraverso le azioni di artisti e designer contemporanei ma soprattutto attraverso un nuovo fenomeno mediatico di video tutorial -do knitting- che documentano come questo hobby non sia più un hobby, poiché può veicolare altri significati.

L’attuale sistema economico della moda si basa sull’elevata e immediata disponibilità di capi e sul fatturato di abbigliamento a basso costo e qualità -fast fashion-, offre al consumatore ogni possibilità di scartare vecchi indumenti e comprarne di nuovi. L’azione di riuso di capi in maglia, mi ha portato a riesplorare le pratiche di moda “fai-da-te” maturate negli Anni ’70 come metodo per costruire, modificare o riparare un oggetto senza l’aiuto diretto di macchine progettuali specializzate attraverso un montaggio e riuso alternativo.

L’azione DIY è stata innescata da varie motivazioni classificate a partire da criteri analitici di selezione, per migliorare l’identità e il valore delle maglie di seconda mano che ho selezionato nei mercatini dell’usato della città di Torino.