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Panoplia del ciclonauta

autore: Ludovica Imperato

relatori: Alessandra Vaccari, Paolo Franzo

 

“Panoplia del ciclonauta” è una tesi raffinata che studia il lento ma sicuro affermarsi della bicicletta quale nuova protagonista del paesaggio urbano in alcune grandi città europee, tra le quali Bruxelles, Amsterdam, Barcellona e, soprattutto, Copenaghen.

Come viene subito chiarito, “il ciclonauta è colui che naviga sull’energia prodotta da se stesso” (p. 7), e la bicicletta, con il suo design tipicamente modernista, è per lui, o lei, prima ancora che mezzo di trasporto, moltiplicatore delle potenzialità degli arti,  estensione del corpo, e anche del corpo rivestito, così come lo era il cavallo per l’antico guerriero. Dire “panoplia” equivale infatti a evocare uno scenario di guerra, o per lo meno di forte resistenza agli agenti esterni. Che sono quelli propri dello stile di vita urbanizzato cui tutti siamo assoggettati.

Sicché, fermare l’attenzione sui vari aspetti che compongono l’equipaggiamento di questo singolare “oplita” dei nostri tempi che è il ciclonauta, comporta lo sforzo cognitivo – qui pienamente riuscito - che consiste nel saper cogliere il nesso strutturale tra lo specifico design del bike-commuter clothing e le varie problematiche funzionali, estetiche, ergonomiche, e più in generale di sostenibilità, che l’inserimento di qualsiasi elemento nuovo – in questo caso la presenza sempre più massiccia della bicicletta quale mezzo di trasporto – immediatamente solleva. Opportunamente la tesi pone tra i propri testi fondatori il grande libro di Jane Jacobs, Morte e vita delle grandi città americane, ormai vecchio di più di cinquant’anni, ma più che mai attuale nell’intuizione della città come organismo vivente.

Fedele a questa impostazione, la tesi attraversa trasversalmente i campi dello sportswear, dell’active wear, della mobilità urbana, dell’urbanistica vista in relazione all’arredo urbano e la pedonalizzazione delle aree commerciali. Tutte aree contigue e reciprocamente influenzantesi. A risultare “dinamici” e “permeabili” non sono perciò soltanto i confini terminologici tra specifici stili d’abbigliamento genericamente “sportivo”,  ma anche e soprattutto tra questi stili e i diversi usi spaziali e temporali della città da parte dei suoi ciclonauti. Viene a questo proposito sottolineato come lo sport progressivamente esca di scena, e come, nel corso del tempo, l’activewear tenda a farsi casualwear o leisurewear. O persino formalwear. “Casualizzato”, lo sport resta nel nome, ma non necessariamente sopravvive nella pratica.

Nel frattempo, l’abbigliamento sportivo è investito da un immaginario che non è più quello dello sport, ma semplicemente quello del tempo libero, o della vita di tutti i giorni. “È evidente” – leggiamo a p. 32 –“che i ciclisti urbani hanno bisogno di una panoplia per proteggersi, ma essa può essere resa esteticamente attraente senza farci sembrare obbligatoriamente Gino Bartali.”

Vi è dunque una permeabilità nei due sensi, tra il desiderio di essere eleganti quando si va in bicicletta e quello di indossare capi funzionali al massimo comfort ciclistico. Un aspetto scivola nell’altro: la ricerca è interminabile e sempre più sofisticata. Si tratta di una permeabilità che coinvolge la città e l’arredo urbano, come dimostrano le numerose fotografie di dettagli allo stesso tempo meccanici e “umanizzati”. Molto ben scelte quelle che documentano la differente “vitalità”, anche commerciale, di alcune strade, prima e dopo la pedonalizzazione, a Utrecht e a Bruxelles.

Particolare attenzione è rivolta, in questa tesi, allo studio e alla progettazione dei materiali con i quali indumenti e accessori sono confezionati. Si mostra come vengano “rubate” e incrociate caratteristiche derivanti da settori differenti: a creare vestibilità, comodità e comfort, sono necessarie qualità tecniche come elasticità, impermeabilità, silenziosità, luminosità notturna. Allo stesso tempo, originalità ed eleganza di design non possono essere trascurate.

A tutti questi complessi aspetti progettuali la tesi - curata anche nella sua veste grafica - dedica i resoconti in prima persona relativi a stage e soggiorni studio svolti dal/la candidata/o soprattutto a Bruxelles, Utrecht, Barcellona. Si tratta di un work in progress iniziato con la designer Françoise Pendville di Bruxelles, progetto il cui valore, già di per sé notevole, ci si augura possa essere confermato dagli sviluppi futuri.

 

Paola Colaiacomo