Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Premio miglior tesi di laurea 2017

 

 

 

Marco Bolsieri, Gian Maria Casadei

Legge e Caso. Riuso dell'archeologia industriale lungo il fiume Sile

 

area tematica: architettura

relatori: Carlo Magnani, Giovanni Marras

 

Alla luce dall’assunto “la legge genera il caso”, scaturito dall’osservazione del territorio, dalla comprensione delle normative dell’Ente Parco Naturale Regionale del fiume Sile e dei comuni rivieraschi, dall’esperienza concreta dei luoghi, si prende in considerazione il fiume Sile quale evidenza geografica da valorizzare, considerando il territorio all’interno dei confini dell’Ente Parco, secondo un’accezione fisica e non giuridica, in senso opposto a quanto avviene oggi, come evidenziato da Carlo Olmo: “Vale solo forse la pena di sottolineare come nel corso del Novecento il confine diventi sempre più da fisico a giuridico. Sempre più raramente i due confini coincidono (aiutando a spiegare forse l’odierna, scarsa comprensione dello spazio persino tra autorità)”.

 

Come è possibile immaginare una città futura se il presupposto da cui partire è quello del caso?

A tale casualità contribuisce in modo determinante la normativa urbanistica, priva di una matrice progettuale e distaccata dai problemi locali, incapace di una visione generale, che tenga conto del fiume quale infrastruttura geografica. Una normativa ossessivamente tassonomica nel descrivere un paesaggio che andrebbe invece considerato attraverso l’incrocio tra visione zenitale e prospettica.

 

Per chiarire meglio vale la pena rileggere quanto scrive Antonio De Rossi a proposito dell’incrementalismo: “[...] Un primo fattore di crisi è indubbiamente determinato dall’incrementalismo, e dalla stessa velocità delle trasformazioni. La costruzione incrementale del territorio mina alla base un’idea di progetto che ha nel suo codice genetico come primo obbiettivo il compimento e l’autorealizzazione del proprio disegno formale [...]”.

Parimenti la filosofia dello sfruttamento ha inevitabilmente guidato le dinamiche economiche del XX secolo, secondo una visione miope, fondata sull’inesauribilità delle risorse di questo territorio.

Presa coscienza dell’infinitezza dei problemi, appare necessario un restringimento del campo di analisi, elaborando un pensiero selettivo, in grado di proporre, a partire da una visione generale, una strategia che prediliga un intervento per punti discontinui.

L’attenzione è posta in particolare nel brano di paesaggio delimitato a nord dal nucleo urbano di Treviso ed a sud dalla laguna.

La casualità, la visione incrementale e lo sfruttamento intensivo sono i tre “setacci” attraverso i quali l’area del Sile viene messa al vaglio, delineando l’immagine della “maceria”, emblematica per comprenderne il carattere frammentario e di abbandono.

Il carattere di maceria si manifesta in tre configurazioni spaziali differenti: capannoni, aree pubbliche e cave.

Le cave, attive ed inattive, costituiscono un’evidenza fisica che ha profondamente segnato il territorio; i capannoni, oggetti fuori scala, spettro di un particolare periodo economico, impediscono l’accesso al fiume; gli spazi aperti pubblici, casualmente collocati ed a volte inaccessibili, risultano scevri da un disegno sistemico.

 

Il progetto propone il riuso dei manufatti di archeologia industriale e delle cave, considerando la collocazione e l’importanza del reperto, l’accessibilità, le relazioni intrattenute con il fiume e con le aree pubbliche: un’idea che rigetta il concetto di rifondazione, volgendo piuttosto, nella direzione della ricostruzione di un mondo già esistente, ma frammentario, pensando il progetto come strumento d’interrogazione puntuale dei luoghi.

Le tre aree oggetto di approfondimento si trovano nei comuni di Silea, Casier e Casale sul Sile.