Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Premio miglior tesi di laurea 2017

 

 

 

Cesare Benedetti

Ricercare la complessità: il micro/macro cosmo dell'ex Italcementi

 

area tematica: pianificazione

relatore: Giulio Ernesti

 

Ricercare la complessità: Il micro/macro cosmo dell’ex Italcementi, può essere considerato un tentativo narrativo del paesaggio urbano e delle sue storie.

Dai racconti della gente del quartiere di Piedicastello alle esperienze “romanzate” dei diversi attori che operano oggi sul luogo, dai racconti di cronaca ai documenti ufficiali del Governo territoriale: l’ex Italcementi, suolo deserto di otto ettari nel centro storico di Trento simbolicamente rappresentato da due grosse ciminiere ai piedi di Sardagna, appare oggi come un luogo, o un insieme di essi, dove convergono interessi differenti e conflittuali.

 

Il “fil rouge che lega le parti di questo lavoro è il metodo di ricerca storiografica e analisi delle microstorie, metodo che cerca di raccontare l’esistenza di due principali sfere culturali: la classe culturale egemone e quella subalterna.

Per comodità l’indagine è stata suddivisa in due ricerche. Nella prima si sono descritte le fasi urbanistico/politiche succedute nell’ultimo ventennio, individuando gli attori principali coinvolti, le fasi che l’ex cementificio ha vissuto, le riflessioni urbanistiche che sono emerse e i relativi progetti. Nella seconda, diversamente, sono state messe in primo piano alcune singolari “voci narranti” con lo scopo di raccontare, attraverso alcuni dialoghi, immaginari e metodologie possibili di riutilizzo dell’area.

 

L’intreccio fra le due ricerche ci porta, in conclusione, a riflettere sulle possibili forme di circolarità e dialogo fra i molteplici attori, nonché a come intervenire nell’area.

Il progetto si trova oggi in una fase di profondo ripensamento in quanto tecniche e strumenti tradizionali del progetto e del governo del territorio si devono misurare con una società e, più in generale, con un paesaggio in continuo cambiamento. Una società liquida, priva di riferimenti comuni, discontinua e mobile. Di fronte a questa società, radicata attorno al concetto di pluralità, il progetto si trova spaesato, tanto incapace di risolvere conflitti quanto in grado di crearne. In questo paesaggio, dove nulla è chiaro e distinto e tutto diviene permeabile, occorre cambiare radicalmente l’oggetto di attenzione, soffermandosi non tanto sul senso ultimo del progetto, quanto invece sull’esperienza del progettare, intendendo quest’ultima come vera forma di crescita e sviluppo della società,  momento esperienziale collaborativo, formativo e di costruzione del consenso politico, inteso come patto sociale e impegno comune fra amministrazione e cittadinanza attiva nella cura e gestione del territorio.

 

In questo senso, l’obiettivo ultimo è stato quello di introdurre gli strumenti partecipativi  come possibili approcci, anche culturali, che mettano a confronto i differenti saperi (esperti e ordinari) nel tentativo di cucire e strutturare una circolarità di pensiero fra essi, in quanto vivono e si relazionano con uno spazio comune, influenzandosi reciprocamente nella sua possibile trasformazione nel corso del tempo e della storia. Strumenti fondamentali che rischiano di essere inutili se non si riflette sul ruolo dell’urbanista e sulla funzione dell’urbanistica. Più precisamente, se non cambia la cultura urbanistica e non si supera l’approccio tradizionale.

 

L’urbanista non può tentare di realizzare un sogno da solo, né un sogno si può realizzare solamente attraverso l’urbanistica. Se così fosse, saremmo inesorabilmente persuasi dalla volontà di controllare e decidere sugli altri, assumendoci un dominio che renderebbe ogni operato cieco rispetto al mondo che ci circonda.

L’urbanista non può essere “colui che sogna da solo”, rappresentazione della figura tolkeniana di Eriol il viaggiatore solitario. Come egli, incappato nei suoi viaggi nella Casetta del Gioco Perduto, dove scoprirà il valore della condivisione delle esperienze, anche l’urbanista ha oggi il dovere di uscire dal percorso segnato dai tradizionali schemi e dal suo campo del sapere per perdersi e, infine, aprirsi alle curiosità del mondo e, con esso, misurarsi.