Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Spazialità minima.

Fotografie di Francesco Barasciutti

 

mostra

a cura di

Renzo Dubbini e

Angelo Maggi

 

 

5.10 > 17.11,2017

Tolentini, aula Magna

Ore 10.30 > 17.30

 

inaugurazione

5.10.2017 ore 17

 

guarda le foto dell’inaugurazione >>

________________________________________________________________________

 

Spazialità minima è un progetto inedito del fotografo veneziano Francesco Barasciutti dedicato ai temi della rappresentazione di luce e ombre per la creazione dello spazio. Egli da trent’anni lavora a Venezia come noto ritrattista e fotografo di aziende vetrarie veneziane. Le sue immagini a colori dei vetri di Carlo Scarpa ed Ettore Sottsass per Skira e le fotografie in bianco e nero dei lavori di Ritsue Mishima lo hanno reso noto nel mondo. In questa nuova sperimentazione, Barasciutti abbandona il linguaggio classico della documentazione visiva per addentrarsi nella lettura d'interazione tra carta, fotografia, colore e luce, rendendo omaggio alle qualità intrinseche della materia fotografica e reintroducendo l'imprevedibilità della composizione attraverso materiali semplici verso quella che potremmo definire una nuova idea di spazialità.

 

Le immagini di Barasciutti, qui presentate per la prima volta al pubblico, nascono da un processo manuale e da un attento esercizio dello sguardo: l’uso delle carte colorate, il ritagliare, il modellare, torcere le superfici e piegarle conduce al purismo della materia e della luce. È un processo inizialmente semplice che via via diviene più complesso, affascinante e rivelatore. Questo modo di utilizzare la fotografia risale alla tradizione della camera obscura, alle silhouettes, ai teatri d’ombre, alla Sciography, alle ricerche sulle immagini proiettate che costellano la storia della visione occidentale.

 

Queste nuove opere di Francesco Barasciutti da un lato rifiutano il loro essere solo fotografie, dall’altro sfuggono all’inesorabilità prospettica connessa al mezzo tecnico impiegato dall’autore. Infatti esse ci appaiono come immagini inclassificabili tout court, ricorrendo a un linguaggio espressivo che le approssima più a certe esperienze pittoriche De Stijl che ad un set di nature morte, quali effettivamente sono. La scelta poi di riprendere questi origami di cartoncino colorato da una distanza assai ravvicinata, quasi azzera il loro scorcio prospettico, offrendoci immagini fortemente “parallele”, in cui la convergenza forzata verso l’orizzonte si attenua. Il risultato è perturbante, pur nella sua assoluta semplicità, e nel minimalismo delle scelte espressive. Oggetti osservati “sotto l’angolo della totalità”, in cui colori puri e soprattutto ombre proprie e portate giocano il loro ruolo iconografico di secondo grado: immagini nel cuore di altre immagini.