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Agostino De Rosa: tesi di laurea

 

Nelle facoltà di architettura le discipline afferenti all’area della Rappresentazione hanno assunto, soprattutto nell’ultimo decennio, un peso sempre più crescente nella formazione del futuro progettista, stimolandone, attraverso la Geometria Descrittiva, le capacità di comprensione e di immaginazione dello spazio e delle mutue intersezioni tra le superfici che lo configurano; sviluppandone l’attitudine analitica condotta sul manufatto esistente, attraverso il Rilievo nelle sue più innovative modalità applicative garantite dai recenti strumenti digitali; potenziando nello studente, con il Disegno tout court, la piena cognizione dei rapporti esistenti tra rappresentazione e costruzione, tra disegno e edificio, uno degli scopi principali nell’educazione architettonica contemporanea.

 

Tuttavia, la funzione della Rappresentazione va bene al di là della semplice descrizione di edifici esistenti o solo progettati: a fronte delle implicite e ovvie limitazioni del linguaggio grafico nel prefigurare in due dimensioni ciò che in realtà ne ha possedute, ne possiede o ne possederà tre, esso nasconde al suo interno illimitate potenzialità espressive e comunicative. Così, se le immagini planimetriche di un edificio sollecitano la scoperta delle sequenze spaziali e dei rapporti tra le parti che lo costituiscono, mentre le sezioni, e in genere gli elevati tutti, mostrano come si gerarchizzano reciprocamente gli spazi, la rappresentazione digitale consente oggi di innescare processi complessi di modellazione formale, complice anche la possibilità di animare le più disparate superfici nei più impensati regimi luministici.

 

Se, allora, il compito dell’architetto è quello di prevedere gli edifici futuri attraverso la costruzione di disegni, appare ancor più rilevante che i futuri architetti apprendano non tanto come disegnare edifici, quanto come progettare i propri disegni.

Le tesi di laurea di seguito elencate e illustrate hanno accettato questo presupposto ‘ideologico’, mostrando come l’interpretazione sub specie geometrica, e la conseguente rappresentazione configurativa degli spazi e delle immagini studiate dai giovani laureandi scateni una consapevole creatività nella ricerca, sempre inserita nella rigorosa cornice fornita dal rigore dei metodi di studio adottati. Così dipinti rinascimentali, esempi di stereotomia, pannelli nipponici classici, forme sofisticate di ‘quadraturismo’ italiano, indagini su preziosi edifici storici etc., sono tutti temi che, pur nella loro diversità e specificità, risultano associati dalla comune volontà di usare le enormi potenzialità dei metodi scientifici della Rappresentazione per svelarne l’intima natura geometrica e il recondito potenziale simbolico.

 

Il tenore dei lavori presentati, seguiti con lodevole cura, dedizione e competenza dai relativi correlatori, è vario e i livelli di approfondimento commisurati alle finalità specifiche e alle capacità individuali; eppure si scorge in ciascuno di essi una sorta di comune riscatto, da parte dei laureandi, delle ‘antiche’ e forse rimosse inclinazioni che li avevano portati, anni prima, a scegliere la facoltà di architettura. Il potenziamento delle capacità progettuali, così sollecitate durante il loro cursus studiorum, mostra, in queste occasioni, lo sviluppo di una potenzialità di ricerca animata dalla sincera scoperta di un universo esplorato per lo più in funzione ancillare rispetto ad altre discipline, e che appare ai loro giovani occhi come un terreno in cui è possibile fare ancora una scoperta, o, se non altro, tentare un azzardo.

 

Le tesi incentrate su tematiche di rappresentazione architettonica sono spesso, nei casi migliori, effettivamente ‘dimostrazioni’ di un percorso di ricerca: come l’etimo greco del termine suggerisce, thésis allude infatti a un’affermazione, a un enunciato difeso onestamente con i propri strumenti culturali e intellettuali. Così, messi a nudo di fronte alle Commissioni di valutazione, ma ancor prima difronte a loro stessi durante la stesura del lavoro, i laureandi – oggi felicemente laureati – hanno vinto la vera scommessa, implicita in quell’azzardo, con la vera tesi: dimostrare di essere capaci di elaborare idee complesse, di strutturare la loro presentazione, fra mille ripensamenti e dubbi, ripetute verifiche e disillusioni, e infine di saperle ‘rappresentare’ in modo non banale. Il valore di ogni lavoro è allora nel loro carattere autografo, nel far parlare le opere d’arte esaminate in fin dei conti di loro stessi, dei propri sogni e delle proprie visioni.

 

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