LE FIGURE DEL COMPORRE

Laboratorio di progetto 1D
Armando Dal Fabbro,
Valerio Paolo Mosco

Lavori degli studenti del corso di Elementi di Composizione, Armando Dal Fabbro

Collaboratori:
Camilla Donantoni, Anna Fabris, Vincenzo D’Abramo

L’esperienza didattica da cui traggono origine i lavori esposti di seguito, ha coinvolto gli studenti del primo anno, primo semestre, del corso di Elementi di Composizione, all’interno del primo Laboratorio di progetto, nell’a.a. 2019/2020.
L’esercizio compositivo richiesto consisteva nel porsi in relazione alle dieci Vatican Chapels realizzate per la Santa Sede in occasione della Biennale d’Architettura 2018 da dieci architetti di diversa origine e formazione, presso l’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia.

All’interno di tale suggestivo e delicato contesto, doveva inserirsi la nuova Cappella elaborata dagli studenti, che avrebbe dovuto collocarsi in un’area triangolare all’estremità del bosco di San Giorgio, dove si trovano tuttora disseminate le altre cappelle. Il pretesto era dato dal tema particolarmente emblematico che assumeva il progetto, la cui funzione si piegava sul valore simbolico dell’oggetto progettato.

Si è scelto di partire dalle tre figure elementari del triangolo, del quadrato e del cerchio, per provare a riflettere sul tema della costruzione di un piccolo edificio, privo di una funzione specifica, da interpretare come un padiglione della memoria, “luogo-spazio” riconducibile a un’idea di architettura primordiale.

L’esperienza progettuale si è articolata in tre fasi del processo compositivo, ovvero l’assunzione delle forme prime, la conoscenza, attraverso la smaterializzazione delle figure negli elementi archetipici dell’architettura, e l’interpretazione, mediante scomposizione e conseguente ricomposizione, fino al raggiungimento dell’astrazione plastica.

La prima fase di assunzione, imprescindibile passaggio propedeutico, prevedeva un’analisi delle tre forme geometriche attraverso il loro carattere simbolico, da cui si è potuto evincere come il triangolo -origine di ogni forma- assuma un particolare valore ontologico per la peculiare ed elementare stabilità, riscontrabile già nell’archetipo della capanna primitiva; si è percepito come il quadrato, statico se poggiato su un lato, dinamico se ruotato su uno spigolo, rappresenti metaforicamente la primordiale suggestione del recinto, della casa, dello spazio delimitato; infine si è dedotto come invece il cerchio rappresenti una dialettica antinomia rispetto alle figure precedenti, manifestando valori polissemici di dinamicità, fluidità ecc. Tuttavia, sebbene le figure si differenzino per carattere ontologico e geometrico, si relazionano sinergicamente tra loro, producendo innesti e figure ibride, come si evince dai modelli riproposti nel lavoro degli studenti.

Attraverso l’assunzione delle tre figure prime, si è giunti alla seconda fase del processo compositivo, che mirava a condurre gli studenti a una piena conoscenza degli archetipi attraverso la smaterializzazione delle figure negli elementi primi dell’architettura, quali la superficie, il muro e la colonna, introducendoli così ai temi della luce e dello spazio.
La relazione tra figure elementari e forme architettoniche ha consentito agli studenti di acquisire consapevolezza sul valore compositivo degli elementi dell’architettura, in continua contrapposizione tra volumi e superfici, pieni e vuoti, trasparenze e opacità. Così pure, le reazioni tra aspetti materiali e immateriali dell’architettura hanno permesso di approfondire l’approccio figurativo dell’opera progettata: per esempio, a partire da un immaginario volume solido, da scolpire e liberare dalla materia in eccesso -come in un’opera michelangiolesca- lavorandolo tra opacità e trasparenza, tra continuità e discontinuità degli elementi architettonici primari.

Comporre, scomporre e ricomporre rappresentano i tre momenti dell’ultima fase, l’interpretazione, ovvero la sintesi del processo ideativo che, a partire dall’identificazione degli elementi primi, passa attraverso la smaterializzazione delle forme elementari per enuclearne gli archetipi, ed infine, ricostruire per giustapposizione, innesto o sottrazione lo spazio.

Composizione, scomposizione e ricomposizione confluiscono nell’interpretazione, che raggiunge massima espressione nel tentativo di astrazione della forma: come ultima fase, infatti si è scelto di enfatizzare la plasticità volumetrica dei modelli dipingendoli monocromaticamente, esercizio che ha portato alla preziosa consapevolezza di come il carattere cromatico più chiaro esaltasse più le forme rarefatte, vibranti, fragili e di come, invece, le forme più spigolose e assolute pretendessero dei toni più intensi e profondi.