Undergraduate and graduate programmes offered by the University iuav of Venice:

Iuav / Il Poligrafo

 

La casa editrice Il Poligrafo da sempre ospita nelle sue collane studi e pubblicazioni dedicate all’architettura e al territorio, in collaborazione con i docenti dell’Università Iuav.

 

pubblicazioni Iuav – Poligrafo 1999 > 2013 >>

 

A partire dal giugno 2013, Iuav ha avviato un accordo biennale di collaborazione con la casa editrice, regolato da un contratto, per realizzare una collana che desse seguito al progetto editoriale inaugurato nel 2006 con l’editore Marsilio.

Il programma editoriale Iuav / Il Poligrafo si articola in due differenti format: collana Saggi e collana Materiali.

 

Tutti i volumi della collana sono presenti anche in formato digitale (ebook) sulle principali piattaforme di vendita online.

 

 

collana saggi Iuav

 

 

La concretezza sperimentale

L’opera di Nani Valle

a cura di Serena Maffioletti

 

pp. 280

euro 30,00

isbn 978-88-7115-928-7

 

Il Poligrafo, 2016

 

Fernanda Nani Valle, a trent’anni dalla morte, resta, per profilo scientifico e tratto umano, uno tra i docenti indimenticabili, più amati e stimati dello IUAV, uno tra gli architetti protagonisti in molti campi della disciplina progettuale, espressione di quella sinergia tutta italiana, in quei decenni, tra teoria e prassi, tra architettura e urbanistica. La recente donazione all’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia del fondo archivistico di Nani Valle e di Giorgio Bellavitis consente per la prima volta di delineare e ampiamente documentare questa protagonista del Novecento. Gli scritti qui presentati (di Anna Bellavitis, Donatella Calabi, Rosa Chiesa, Manolo De Giorgi, Serena Maffioletti, Federico Marconi e Maria Pellarin, Paolo Morachiello, Silvia Moretti, Barbara Pastor, Valeriano Pastor, Nullo Pirazzoli, Joseph Rykwert, Franca Semi, Luka Skansi) rivelano questa complessità, che si dipana dal precocissimo impegno nello studio udinese con il padre Provino e il fratello Gino, per intrecciare poi la ricerca con quella del marito Giorgio Bellavitis: nuovi edifici, restauri, allestimenti, sperimentazioni a fianco di altri protagonisti come Franco Basaglia. Ed è l’indagine che questa pubblicazione offre a far emergere, entro le trame di scelte e significative relazioni personali, il magistero culturale e l’impegno professionale di Nani Valle, celato nell’affabilità di una donna dialettica e aperta.

 

Serena Maffioletti, architetto, laureata presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dottore di ricerca in Composizione architettonica, è professore associato in Composizione architettonica e urbana all’Università Iuav di Venezia. Presso la stessa istituzione è coordinatrice dell’Archivio Progetti: attraverso questa attività prosegue la sua esplorazione delle relazioni tra teorie dell’architettura, in particolare del Novecento italiano, e progetto contemporaneo, svolta attraverso numerose pubblicazioni, tra cui si menzionano quelle dedicate a Ernesto N. Rogers e ai BBPR (Ernesto N. Rogers, Architettura, misura e grandezza dell’uomo. Scritti 1930-1969, Il Poligrafo, Padova 2010; BBPR, Zanichelli, Bologna 1994). Attraverso la didattica, la ricerca e la professione sviluppa un costante processo di riflessione sul progetto architettonico per la rigenerazione urbana e territoriale: aree industriali dismesse, periferie interne e aree di limite, centri minori abbandonati, infrastrutture obsolete, patrimoni architettonico-culturali, in particolare archeologici. A questi temi ha dedicato indagini critiche, elaborazioni teoriche, esperienze progettuali, documentate in mostre e in pubblicazioni nazionali e internazionali.

 

 

Design e immaginario.

Oggetti, immagini e visioni fra rappresentazione e progetto

a cura di Paola Proverbio e Raimonda Riccini

 

pp. 315

euro 26,00

isbn 978-88-7115-940-9

 

Il Poligrafo, 2016

 

presentazione del libro

22 ottobre 2016

Padova, Galleria Civica Cavour

ore 17.30

 

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Gli oggetti sono strutture immaginarie. Lo sono soltanto perché producono significati e simboli e culturali, aprendo mondo impensati, ma anche perché l’immaginario è insito nella formulazione e nella progettazione di nuovi oggetti. Si potrebbe dire che l’immaginario è un produttore di oggetti, tanto quanto gli oggetti sono produttori di immaginario.

 

E in questa circolarità il design ha fissato un punto storicamente essenziale facendo, di questa circolarità, la sua caratteristica peculiare, il suo connotato saliente: dar forma agli artefatti e, attraverso la forma, dar vita a immaginari. Grazie alle voci di autori di diverse discipline, il volume analizza il ruolo che il oggetti hanno nella costruzione sociale dell’immaginario, con contributi provenienti da ambiti produttori di potenti immaginari, come il cinema, la letteratura, la fotografia, l’editoria, l’arte. Ma si interroga anche su come si forma l’immaginario nel mondo della progettazione, scandagliando le dinamiche che governano l’iter immaginativo: da un lato ricostruisce gli elementi fondanti e la storia di questo processo, dall’altro documenta le sue innumerevoli sfaccettature nei percorsi progettuali dei designer stessi.

 

Paola Proverbio, architetto e dottore di ricerca in Scienze del design all’Università Iuav di Venezia, tiene corsi su teoria e storia del design e dell’architettura contemporanea in diversi atenei milanesi. Membro di AIS/Design – Associazione italiana storici del design, è stata consulente scientifico per la digitalizzazione degli archivi storici Danese, Flos, Arteluce e per l’archivio iconografico della rivista “Domus”. Per il CASVA - Centro di Alti Studi sulle Arti Visive del Comune di Milano, ha studiato e catalogato archivi di design e architettura. Tra le sue pubblicazioni La Danese 1957-1991. Un paradigma del design senza tempo (“Arte Lombarda”, 161-162, 2011) e le monografie Alberto Meda, Denis Santachiara, Antonio Citterio (Hachette, Milano 2012-2013). Lucia Moholy, fotografa del Moderno (“Ais/Design. Storia e Ricerche”, 1, 2013); La fotografia di design a Milano. Note per una storia fra gli anni Cinquanta e Sessanta (in Milano 1945-1980. Mappa e volto di una città, a cura di E. Di Raddo, FrancoAngeli, Milano 2015).

 

Raimonda Riccini, professore associato all’Università Iuav di Venezia, dove coordina il curriculum di Scienze del design del dottorato Architettura, città, design. Ha ideato e curato il Forum nazionale dei dottorati in design (Venezia 2013 e 2016). Dal 2013 è direttore della rivista on line “AIS/Design. Storia e ricerche” (www.aisdesign.org), organo dell’Associazione italiana degli storici del design, di cui è co-fondatore e attuale Presidente. Attiva nella ricerca storica e teorica sul design, di recente ha pubblicato Artificio e trasparenza. Il corpo sulla scena degli oggetti, in Il corpo umano sulla scena del design, a cura di M. Ciammaichella (Il Poligrafo 2015). Suoi libri sono entrati nella selezione finale per il premio Compasso d'Oro, rispettivamente nel 2013 e nel 2014.

 

 

PierAntonio Val

Verso una nuova costruttività.

Frammenti per un linguaggio della rigenerazione del passato prossimo

 

pp. 160

euro 25,00

isbn 978-88-7115-894-5

 

Il Poligrafo, 2016

 

Centocinquanta progetti, dodici aree di intervento, cinque punti strategici che rappresentano altrettanti campi di sperimentazione e riflessione: sono questi i numeri dell’operazione avviata dall’ateneo Iuav in collaborazione con l’ATER della provincia di Venezia, nell’ambito dei quartieri residenziali a basso costo. Rigenerazione, riqualificazione e innovazione sono parole chiave che hanno guidato la ricerca, per il recupero della preesistenza più rilevante e problematica oggi: l’architettura del “passato prossimo”.

 

I progetti di rigenerazione edilizia fanno da sfondo al tema della mutazione odierna dell’abitare, rispetto a una plurima questione: alla luce della profonda trasformazione delle forme di abitare; in relazione alla rivoluzione del mondo della costruzione; in rapporto alla tradizione del moderno; in funzione di una crisi che è crisi economica, ma anche crisi di indirizzo. Da qui l’autore si chiede se non possano prendere forma dei nuovi paradigmi per un linguaggio costruttivo della rigenerazione del presente. Si delinea così un’oscillazione dai progetti concreti all’elaborazione teorica. L’elaborazione teorizzante trova fondamento nella realtà costruita e nella necessità dell’architettura di dare risposta in termini di cultura e di tecnica alla domanda del presente. Emerge da qui una tassonomia di cinque forme tipologiche di approccio, nella dialettica tra topos tipo e tettonica.

 

Il libro promuove così una nuova idea di costruttività come necessità e finalità politica del progetto. Tale finalità avvalora l’interesse per misurare le metamorfosi rispetto ad alcuni slogan della tradizione del moderno. Lo scopo è quello di indicare un indirizzo verso una possibile linea analitica e didattica del progetto architettonico, tra presente e futuro prossimo.

 

PierAntonio Val insegna Progettazione architettonica presso l’Università Iuav di Venezia. Dal 2000 al 2003 ha insegnato alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Ha svolto attività didattica e conferenze in Italia e in diverse università straniere. I suoi interessi di studio hanno approfondito il rapporto tra architettura e contesto, teoria e prassi, intenzionalità didattica e concretezza della pratica, confrontandosi con la pluralità delle descrizioni offerte dalle varie discipline e, contemporaneamente, con una tradizione architettonica in rapida trasformazione. Ha partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali, oltre che a diverse esposizioni di architettura in Italia e in Europa. Tra le sue principali pubblicazioni: Venezia città del moderno («Rassegna», 22, Bologna 1985), Quale architettura all’interno della prassi (Venezia 1989), Relazione e distanza (Pa­dova 2007), Per una architettura della Costruzione (Padova 2011), Il progetto costruito (Padova 2015).

 

 

Bruno Dolcetta, Michela Maguolo, Alessandra Marin

Giovanni Astengo urbanista

Piani progetti opere

 

pp. 399

euro 37,00

isbn 978-88-7115-922-5

 

Il Poligrafo, 2016

 

Giovanni Astengo (1915 -1990 ) è uno dei padri riconosciuti dell’urbanistica italiana. Progettista di esemplari piani redatti in Italia nel dopoguerra, fondatore del primo Corso di laurea italiano in Urbanistica, ideatore e realizzatore di importanti iniziative per la tutela e lo sviluppo dei centri storici, redattore e direttore per oltre vent’anni della rivista «Urbanistica». Astengo ha dedicato grandi energie allo studio e alla proposta di fondamentali testi legislativi in materia urbanistica e ha svolto un’intensa azione politica e amministrativa, prima al Comune di Torino, poi come consigliere e assessore alla Regione Piemonte. Nei primi decenni della sua attività si è inoltre misurato con la progettazione architettonica, cimentandosi sperimentalmente in più contesti e su differenti temi e realizzando interessanti edifici legati all’edilizia sociale.

 

Il presente volume ha il compito di consegnare – non solo alla memoria ma anche al vivo interesse degli studiosi e di quanti vogliano comprendere l’urbanistica della seconda metà del Novecento in Italia e in Europa – il profilo di Giovanni Astengo documentando, descrivendo, interpretando le diverse componenti del suo magistero, e offrendo, al tempo stesso, ampi materiali per discutere dei temi che la scena italiana presenta, ancora oggi, del tutto irrisolti.

 

Due le fondamentali componenti che caratterizzano il volume: l’ampia documentazione archivistica concernente i diversi contributi progettuali del Maestro (conservata presso l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia e altri archivi istituzionali o privati); il profilo critico che, a partire da tale documentazione, integrata da ogni altra fonte disponibile, ne delinea il lascito etico, civile e progettuale.

 

Schede illustrative delle opere di Astengo forniscono quindi un quadro articolato e il più possibile esaustivo di oltre cinquant’anni di attività; i saggi posano invece uno sguardo analitico e critico sulla sua produzione intellettuale, culturale, professionale.

 

Bruno Dolcetta (Venezia, 1937) si laurea in Architettura presso Iuav, relatore Luigi Piccinato, di cui diviene, subito dopo, assistente alla cattedra di Urbanistica e collaboratore per il PRG di Pisa (1963-1964). Dal 1965 diventa assistente di Giovanni Astengo e nel 1969 è incaricato del corso di Arte dei Giardini. Nel 1970-1971 è tra i fondatori del Corso di laurea in Urbanistica diretto da Giovanni Astengo ed è prima titolare del corso di Analisi delle strutture urbanistiche e poi, come professore ordinario, della cattedra di Progettazione urbanistica. È stato direttore del Corso di laurea e poi del Dipartimento di Urbanistica. Ha elaborato piani e progetti alle varie scale, condotto e pubblicato studi e ricerche sui temi della pianificazione e del paesaggio.

 

Michela Maguolo (Venezia, 1963), laureata in Architettura, si occupa di Storia dell’architettura moderna e contemporanea con ricerche e pubblicazioni, fra cui l’opera completa di Afra e Tobia Scarpa (Electa, 2009), di cui è stata curatrice e coordinatrice editoriale. Per molti anni collaboratrice alla didattica e cultrice della materia all’Università Iuav di Venezia, ha partecipato a progetti di ricerca sulla storiografi a dell’architettura contemporanea e sull’architettura italiana del secondo dopoguerra. Ha contribuito a Officina Iuav 1925-1980 (Marsilio, 2011), Architettura paesaggio fotografia. Studi sull’archivio di Edoardo Gellner (Il Poligrafo, 2015).

Alessandra Marin (Venezia, 1965), architetto, è PhD in Pianificazione territoriale e sviluppo locale ed è ricercatrice confermata in Urbanistica presso il dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste, dove insegna Progettazione del territorio e del paesaggio e fa parte del collegio docenti del dottorato in Ingegneria e Architettura. La sua attività di ricerca, svolta anche presso l’Università Iuav di Venezia, il Politecnico di Torino, l’Università di Sassari e altri soggetti pubblici e privati, è focalizzata sia sugli studi urbani e la storia della città e dell’urbanistica, sia sugli strumenti e progetti per la rigenerazione urbana, con particolare attenzione all’approccio partecipativo.

 

 

Lo Iuav e la Biennale di Venezia

Figure, scenari, strumenti

a cura di Francesca Castellani, Martina Carraro, Eleonora Charans

 

pp. 168

euro 24,00

isbn 978-88-7115-926-3

 

Il Poligrafo, 2016

 

Nella stessa temperie di rinnovamento che tra Otto e Novecento impegna Venezia in un intenso progetto di modernizzazione, la città vede la creazione di una grande esposizione internazionale d’arte, la Biennale, e della Scuola superiore di architettura. Le due istituzioni poggiano su un comune sedime culturale e si dimostrano strettamente connesse fin dal 1925, anno di fondazione di quello che diventerà l’Università Iuav di Venezia. Col tempo le occasioni di dialogo si intensificano, in uno scambio che vede docenti ricoprire incarichi di rilievo in Biennale e – viceversa – artisti, architetti e curatori prestare la loro esperienza all’università. Riflesso evidente di tale legame è la collezione dei progetti presentati ai concorsi di architettura, importante segmento della memoria della Biennale, oggi custodita all’interno dell’Archivio Progetti Iuav. Agli intrecci, emersi e sommersi, di questa storia in filigrana e agli interrogativi che ne vengono sollecitati sono dedicati i saggi di questo volume, che dopo anni di silenzio storiografico ripercorrono con sguardo trasversale il fruttuoso rapporto tra due delle maggiori istituzioni veneziane.

 

Francesca Castellani, è professore associato di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università Iuav di Venezia. I suoi studi riguardano principalmente l’arte francese e italiana dell’Ottocento e Novecento: in particolare l’impressionismo, l’orientalismo, la decorazione, i rapporti tra arte e letteratura, la storia del gusto e delle istituzioni.

Si occupa da molti anni della storia della Biennale di Venezia ed è coordinatore del gruppo di ricerca “Visualizing Venice Biennale” all’interno del progetto internazionale “Visualizing Venice – Visu” (Duke University, Università Iuav di Venezia, Università degli Studi di Padova), dedicato alla ricostruzione storica e visiva di mostre e padiglioni della Biennale attraverso l’uso delle tecnologie digitali.

 

Martina Carraro, si è laureata all’Università Iuav di Venezia, dove svolge attività di collaborazione alla didattica. È dottore di ricerca e, in qualità di assegnista di ricerca, è impegnata nel riordino della collezione di disegni e documenti dell’architetto Pietro Nobile, conservata al Castello di Miramare a Trieste. Si occupa da tempo di archivi di architettura e di storia dell’architettura tra Otto e Novecento. Ha pubblicato saggi in opere collettanee e ha curato, con Guido Zucconi, il volume Officina Iuav, 1925-1980. Saggi sulla scuola di architettura di Venezia (Venezia 2011) e recentemente, con Riccardo Domenichini, il volume Architettura, paesaggio, fotografia. Studi sull’archivio di Edoardo Gellner (Padova 2015).

 

Eleonora Charans, storica dell’arte, consegue, nel maggio 2012, il titolo di dottore di ricerca in Teorie e storia delle arti presso la Scuola di Studi Avanzati di Venezia. Nel novembre dello stesso anno pubblica il suo primo libro su un caso controverso nella storia della Biennale di Venezia: la Seconda soluzione di immortalità di Gino De Dominicis, esposta in occasione della 36a edizione (Milano 2012). È stata collaboratore alla didattica presso l’Università Iuav di Venezia per il Laboratorio di allestimento di Carlos Basualdo (2007; 2008) e project coordinator in occasione della mostra “Bruce Nauman. Topologica Gardens” (2008; 2009).

 

 

Gianmario Guidarelli

I patriarchi di Venezia e l’architettura

La Cattedrale di San Pietro di Castello

nel Rinascimento

 

pp. 296, ill. bn e colore

euro 25,00

isbn 978-88-7115-898-3

 

Il Poligrafo, 2015

 

presentazioni del libro

15 gennaio 2016

Padova, Aula Magna di Ingegneria

ore 14.30

 

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8 gennaio 2016

Venezia, Seminario Patriarcale, Dorsoduro 1

ore 17

 

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1 dicembre 2015

Venezia, Ateneo Veneto, sala Tommaseo

ore 17

 

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Nell’architettura del Quattro e Cinquecento il patriarcato veneziano si erge a protagonista, al pari delle committenze statali, patrizie, confraternali o cittadine, della trasformazione urbana della città di Venezia. Il suo ruolo, tanto determinante quanto sfuggente, a lungo rimasto escluso dagli studi, è qui definito con una particolare attenzione per il contesto, gli intrecci tra i diversi interlocutori urbani e il retroterra culturale. È nella monumentalizzazione del complesso patriarcale dell’isola di San Pietro di Castello che si coglie, in particolare, il compito affidato all’architettura nel tradurre in immagine urbana il senso di un’istituzione nata soltanto nel 1451 con Lorenzo Giustiniani. Tale complesso appare l’esito di una precisa strategia che i patriarchi del Rinascimento perpetuano, trasformando un insieme incoerente di edifici medievali in uno dei maggiori centri in città di elaborazione dell’architettura “all’antica”, nel tentativo di legittimare una memoria identitaria che compensi l’assenza di una tradizione consolidata. Attraverso il coinvolgimento di artisti come Vittore Carpaccio e di architetti come Mauro Codussi, Andrea Palladio, Giovanni Grappiglia e Baldassarre Longhena, la disciplina architettonica diviene uno strumento privilegiato nell’invenzione e nella risignificazione della imago urbis, che denuncia una comunanza di obiettivi con lo Stato veneziano e soprattutto con l’élite patrizia di cui gli stessi patriarchi facevano parte.

 

Gianmario Guidarelli, laureato in architettura presso l’Università Iuav di Venezia e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e della città, ha collaborato con diverse università ed enti di ricerca nazionali e internazionali. Attualmente insegna Storia dell’architettura all’Università di Padova ed è direttore del progetto internazionale “Chiese di Venezia. Nuove prospettive di ricerca” (Studium Generale Marcianum). Le sue ricerche sono rivolte alla storia dell’architettura, soprattutto religiosa, tra XV e XVII secolo, con particolare attenzione al rapporto tra dinamiche di cantiere, cultura progettuale e liturgia. Ha pubblicato saggi e monografie sull’architettura civile e confraternale veneziana, sulla cattedrale di Napoli e sull’architettura degli ordini monastici nel Rinascimento.

 

 

Gundula Rakowitz

Gianugo Polesello

Dai Quaderni

 

pp. 278, ill. bn e colore

euro 30,00

isbn 978-88-7115-883-9

 

Il Poligrafo, 2015

 

presentazione del libro

9 gennaio 2016

Udine, Libreria Einaudi, via Vittorio Veneto 49

ore 18

 

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L’attenzione alla geometria progettuale, il rigore metodologico, il confronto con esperienze internazionali e la capacità di rileggere la tradizione alla luce del problema dell’invenzione hanno contraddistinto negli anni l’operato di Gianugo Polesello (1930-2007), allievo di Giuseppe Samonà e Ignazio Gardella, personalità eminente della Scuola di Venezia, architetto, docente universitario di grande impegno civile e politico. Ripensare senza costrizioni temporali il problema della composizione architettonica in relazione alla città e al territorio rappresenta il nodo principale che emerge dalla lettura dei suoi Quaderni, oggi conservati presso l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia. La stesura di queste preziose testimonianze, collocabile tra il 1963 e il 2005, coincide con un momento significativo della Scuola di Venezia; i 121 quaderni, che accompagnano e rendono visibili le riflessioni di Polesello lungo gli anni della ricerca e dell’insegnamento, gettano luce su alcuni aspetti di essenziale importanza. Il rapporto tra teoria e pratica, la costruzione di architetture per mezzo di architetture, la relazione tra i singoli elementi in un processo di ripetizione, combinazione, montaggio, la ricerca di un sistema generale, la traduzione di nuovi equilibri compositivi in paradigmi, l’attenzione allo spazio fisico della città rappresentano alcune delle tematiche principali. All’indagine su questi aspetti si aggiungono schizzi e disegni, appunti scaturiti da letture, viaggi, esperienze didattiche e di ricerca, nonché alcune riflessioni sulla dimensione civile dell’architettura, in modo particolare nella serie di autoritratti, di architetture in corpore. Queste pagine consentono al lettore di scoprire alcuni risvolti, rimasti finora inediti, del “pensiero di ricerca” di Polesello, offrendo una rinnovata chiave interpretativa della sua opera.

 

Gundula Rakowitz, architetto, dottore di ricerca, è ricercatrice in Composizione architettonica e urbana presso l’Università Iuav di Venezia e membro del Consiglio del curriculum in Composizione architettonica della Scuola di dottorato Iuav. In collaborazione con le strutture dell’Archivio Progetti cura l’ordinamento e l’inventariazione del Fondo Gianugo Polesello. Tra i temi affrontati in vari scritti e ricerche ministeriali, partecipando a convegni nazionali e internazionali: mimesis et inventio in Aldo Rossi, Otto Wagner, Bruno Taut, Roland Rainer, Margarete Schütte-Lihotzky, Emilie Winkelmann, Guido Canella, Oscar Niemeyer e Johann Bernhard Fischer von Erlach. L’attività progettuale testimonia l’impegno sul versante del progetto urbano e su quello del progetto architettonico, tra cui la collaborazione alle ultime opere di Gianugo Polesello. La sua ricerca è attualmente rivolta sia al tema urbano dei theatra mundi di Istanbul, Venezia e Vienna, sia al tema compositivo dello Zwischenraum nel suo carattere pluriscalare. Vive e lavora tra Venezia, Vicenza e Vienna.

 

 

Architettura, paesaggio, fotografia

studi sull’archivio di Edoardo Gellner

 

a cura di

Martina Carraro e Riccardo Domenichini

 

pp. 246, ill. bn e colore

euro 30,00

isbn 978-88-7115-856-3

 

Il Poligrafo, 2015

 

 

Architetto di fama internazionale, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, più volte al centro di polemiche e dibattiti per la forte carica innovativa delle sue opere, Edoardo Gellner (1909-2004) rappresenta una figura di primo piano nel panorama architettonico del Novecento italiano. I saggi proposti in questo volume, che nascono dai recenti lavori di ordinamento del suo archivio professionale e personale – oggi conservato presso l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia –, analizzano tappe significative della sua intensa carriera, con particolare riferimento al rapporto con la progettazione, alle relazioni culturali e professionali, alle interazioni con la terra d’origine e con Cortina d’Ampezzo, città in cui visse e per la quale ideò numerose opere, ma al tempo stesso gettano luce sull’amore mai sopito per la fotografia, coltivato con passione, talento e rigore metodologico. Il paesaggio, la difesa dell’ambiente, l’attenzione alle peculiarità del territorio rappresentano temi di riflessione imprescindibili nell’attività dell’architetto istriano. I materiali che costituiscono il suo ricchissimo lascito documentario testimoniano la meticolosità, lo scrupolo professionale e l’attitudine alla sistematicità che hanno contraddistinto l’opera di questo grande professionista, capace di cogliere gli stimoli provenienti dalle esperienze più disparate e di trasformarli in progetti e realizzazioni unici.

 

Martina Carraro, laureatasi all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Scuola Superiore di Studi Avanzati in Venezia. Attualmente è impegnata nel riordino della collezione di disegni e documenti dell’architetto Pietro Nobile, conservata al Castello di Miramare a Trieste. Ha curato, con Guido Zucconi, il volume Officina Iuav, 1925-1980. Saggi sulla scuola di architettura di Venezia (Venezia 2011).

 

Riccardo Domenichini, laureatosi all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dal 1991 lavora presso l’Archivio Progetti dove ha coordinato i lavori di ordinamento e schedatura dei fondi archivistici e di cui dal 2011 è responsabile. Ha curato i volumi Giuseppe Torres 1872-1935. Inventario analitico dell’archivio (Padova 2001) e, con Anna Tonicello, Il disegno di architettura. Guida alla descrizione (Padova 2004). Ha pubblicato inoltre saggi su aspetti della storia architettonica di Venezia fra Otto e Novecento.

 

 

Il corpo umano sulla scena del design

 

a cura di

Massimiliano Ciammaichella

 

pp. 288, ill. bn e colore

euro 30,00

isbn 978-88-7115-880-8

 

Il Poligrafo, 2015

 

presentazione del libro

11 ottobre 2015

Padova, Galleria Civica Cavour

ore 17.30

 

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Nella società odierna, perennemente connessa, contraddistinta da una fitta rete di relazioni virtuali, in cui le macchine si sostituiscono sempre più all’uomo nello svolgimento di molte attività, emerge un quesito fondamentale: qual è il rapporto intrattenuto dalle nuove tecnologie con il corpo umano? Queste tecnologie prendono forma di oggetti, abiti, protesi, tessuti, superfici, interfacce, in un processo di contiguità e ibridazione con il corpo stesso, incidendo pesantemente sulla definizione dell’identità di ogni singola persona. Maschera, abito, travestimento, chirurgia estetica, pelle artificiale, interfaccia costituiscono molteplici risvolti del medesimo fenomeno, affascinante e spaventoso al tempo stesso: lo sconfinamento dell’identità originaria in un doppio, in un avatar, in un nuovo sé.

 

In questo spazio di riflessione si situa la ricerca qui condotta, in cui i linguaggi di diverse discipline – storia, arte, semiotica, psicologia, teatro, moda, scienza, medicina – concorrono alla definizione di questo complesso rapporto, secondo un approccio storico, analitico e progettuale. In tale contesto il design, che si avvale degli spunti provenienti dagli altri ambiti di studio legati al tema del corpo, può contribuire a migliorare il rapporto tra le tecnologie e gli utenti, realizzando una progettazione calibrata e consapevole.

 

Massimiliano Ciammaichella, (Roma 1973), architetto, professore associato, insegna Laboratorio di disegno e modellistica e Rappresentazione digitale presso l’Università Iuav di Venezia. È autore di vari articoli, saggi e monografi e sui temi della rappresentazione, tra i quali: Disegno Digitale per la moda. Dal figurino all’avatar (Roma 2012), La pelle dell’architettura contemporanea (Roma 2012), Il modello ideale e il disegno di progetto. La tettonica della rappresentazione nell’opera di Coop Himmelb(l)au (Roma 2012). Partecipa a diversi progetti di ricerca d’interesse nazionale (PRIN), a convegni nazionali e internazionali. La sua attività di ricerca negli ultimi anni si è concentrata sugli estremi dell’evoluzione dei processi di rappresentazione, sul progetto degli artefatti e la loro comunicazione; la si può sintetizzare nei seguenti due temi: Teorie, metodi e processi innovativi; Recupero, codifica e rilettura dei fondamenti della Scienza della Rappresentazione.

 

 

Aldo Rossi, la storia di un libro

L’architettura della città, dal 1966 ad oggi

 

a cura di

Fernanda De Maio, Alberto Ferlenga,

Patrizia Montini Zimolo

 

pp. 400, ill. bn e colore

euro 35,00

isbn 978-88-7115-851-8

 

Il Poligrafo, 2014

 

 

Pubblicato nel 1966 da Aldo Rossi, allora poco più che trentenne, L’architettura della città si è da subito rivelato una pietra di paragone con cui la cultura architettonica avrebbe dovuto confrontarsi negli anni a venire, diffondendosi nelle università di tutto il mondo e contribuendo in modo decisivo alla crescita di una generale consapevolezza sull’importanza dello studio della città, non solo nei suoi aspetti economici e politici, ma, soprattutto, in quelli architettonici e formali.

 

I contributi raccolti in questo volume ripercorrono e illuminano, a quasi cinquant’anni dalla sua prima edizione, il contesto storico e culturale da cui il libro trae origine, e delineano lo specifico apporto di Aldo Rossi alla ridefinizione di una teoria dell’architettura, rivelando come i temi e le questioni da lui portate in luce siano ancora la base di discussioni ampie e attuali.

 

Ed è proprio in questa “attualità” del testo – nei suoi effetti diretti, indiretti o collaterali –, che si valuta la portata innovativa di un lavoro intellettuale che è anche racconto autobiografico: il tentativo esaltante, ma allo stesso tempo complesso, di rinominare un mondo dopo che i presupposti teorici delle passate letture sono venuti meno.

 

Alberto Ferlenga, professore ordinario di Progettazione architettonica presso l’Università Iuav di Venezia, dopo esserlo stato per dodici anni all’Università “Federico II” di Napoli, è stato visiting professor in diverse università del nord e del sud America. È stato a lungo redattore di «Lotus» e poi di «Casabella». Dal 2008 dirige la Scuola di dottorato dell’Università Iuav di Venezia. Fonda e anima molti seminari e workshop internazionali, il dottorato internazionale di architettura Villard d’Honnecourt e diverse collane editoriali. Curatore di importanti mostre, tra cui quella su Aldo Rossi al Beaubourg del 1991 e le successive alla Triennale di Milano e al Maxxi. Sue sono, tra le altre, le monografie Electa su Aldo Rossi e Dimitri Pikionis. Progetti e realizzazioni sono pubblicati sulle principali riviste internazionali.

 

Patrizia Montini Zimolo, è architetto e professore di Composizione architettonica e urbana all’Università Iuav di Venezia, dove è stata assistente di Aldo Rossi dal 1987 al 1997 e attualmente è membro del collegio docenti del Dottorato in Composizione architettonica. La sua attività di progetto e di ricerca, centrata sul rapporto architettura/città e sulla registrazione dei differenti fenomeni urbani, è stata ampiamente documentata in esposizioni di architettura, tra cui la Biennale di Architettura di Venezia del 1985 e la Triennale di Milano del 1995, e in pubblicazioni italiane e straniere. Negli ultimi anni sta sviluppando esperienze di progettazione sull’architettura sostenibile in territorio africano.

 

Fernanda De Maio, laureatasi presso la Facoltà di Architettura di Napoli, è stata borsista dell’Akademie Schloss Solitude di Stoccarda dove ha condotto una ricerca su Paul Bonatz, i cui esiti sono poi confluiti nella monografia Wasser-Werke (Edition Solitude, Stuttgart). È dottore di ricerca in Progettazione urbana e dal 2005 professore associato presso l’Università Iuav di Venezia. Come componente dello studio Na.o.Mi. ha partecipato a diversi concorsi di architettura nazionali e internazionali esposti in mostre, tra cui l’8° Biennale di Architettura di Venezia e La Biennale di Arti Visive di Venezia del 2001, ottenendo segnalazioni e premi. Suoi saggi e progetti sono stati pubblicati in libri e riviste internazionali di settore.

 

 

Ship & Yacht Design. Forme e Architetture

 

a cura di

Carlo Magnani e Caterina Frisone

 

pp. 196, ill. bn e colore

euro 28,00

isbn 978-88-7115-873-0

 

Il Poligrafo, 2014

 

presentazioni del libro

3 luglio 2015

Trieste,  Civico Museo del Mare

ore 21

 

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1 luglio 2015

Venezia, Compagnia della Vela

ore 18

 

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“Il problema dell’arredamento navale va al di là della semplice questione di comodità, di eleganza, di gusto. Esso è, attraverso l’opera degli artisti e degli esecutori, una viva testimonianza del tenore della civiltà della Nazione che sulla nave esercita l’ospitalità”. Così scriveva Gio Ponti nel 1931 su “Domus”, commentando gli allestimenti di Gustavo Pulitzer Finali per la Victoria, prima nave passeggeri italiana. In quegli anni, e fino al secondo dopoguerra, il mondo dell’architettura, con i suoi più alti esponenti, collaborava attivamente – anche sulle pagine delle riviste e nei padiglioni delle esposizioni internazionali – con un’industria navale che accoglieva il codice moderno adattandolo alla consolidata tradizione artigianale italiana.

 

Da allora molto si è andato perdendo di questo fruttuoso rapporto: anche in ambito accademico, per anni le uniche sedi depositarie del sapere tecnico-scientifico del campo sono state le facoltà di Ingegneria navale. L’avvio di nuovi corsi universitari, tra i quali il Master in Architettura della Nave e dello Yacht dell’Università Iuav di Venezia dal 2008, intende rilanciare il dialogo tra mondo della formazione e mondo dell’industria, promuovendo la ricerca universitaria al servizio delle aziende di settore e favorendo l’incontro tra queste ultime e i giovani designer e project manager.

 

Il volume, a metà tra saggio e manuale, raccoglie gli interventi teorici di alcuni tra i maggiori esperti italiani nelle materie navali, tutti docenti del Master Iuav, che affrontano molteplici temi d’interesse: dalla rinnovata progettazione navale alla costruzione sostenibile dei mezzi marini, dall’ingegneria costruttiva al disegno degli interni, alla formazione e all’insegnamento dell’architettura navale oggi, soffermandosi anche sui regolamenti dei Registri Navali, sulle marine e i porti commerciali, sull’aggiornamento delle normative in continua evoluzione, anche a causa dei gravi incidenti navali degli ultimi anni, fino alle tendenze del mercato e della moda. Chiude il volume un excursus di progetti di workshop e tesi di master dell’ateneo veneziano, che si afferma come luogo ideale per il rilancio dello Ship & Yacht Design, recuperando dalla città che lo ospita un privilegiato legame con il mare.

 

Carlo Magnani (1950), professore ordinario di Composizione architettonica, è direttore del Dipartimento di Culture del progetto e responsabile scientifico del Master in Architettura della Nave e dello Yacht presso l’Università Iuav di Venezia. È stato preside della Facoltà di Architettura dal 2001 al 2006 e rettore Iuav dal 2006 al 2009.

 

Caterina Frisone (1961) è responsabile del progetto e del coordinamento del Master in Architettura della Nave e dello Yacht presso l’Università Iuav di Venezia. Laureata in Architettura nel 1986 presso il Politecnico di Milano e nel 1987 presso la Syracuse University (NY, USA), dal 1980 al 1984 lavora come praticante presso lo Studio di Progettazione Navale Yankee Delta a Monza. Figlia di un ufficiale dell’Andrea Doria e autrice del libro L’Andrea Doria. Storia, architettura, fascino di una nave (Marsilio, 2006), lavora presso il suo studio di Marghera (Venezia) e insegna in Italia e in USA.

 

 

Gli Uffici Tecnici delle grandi aziende italiane. Progetti di esportazione di un fare collettivo

 

a cura di

Sara Marini e Vincenza Santangelo

 

pp. 174, ill. bn

euro 22,00

isbn 978-88-7115-869-3

 

Il Poligrafo, 2014

 

 

Durante il XX secolo all’interno degli Uffici Tecnici delle grandi aziende italiane disegnatori, capi progetto, direttori dei dipartimenti, tecnici, architetti, ingegneri, geometri hanno esplorato contesti e situazioni molteplici, ibridando i saperi, contribuendo alla trasformazione del territorio, disegnando luci e ombre di un’idea di mondo-azienda.

 

Da allora si è assistito a una generale e progressiva dismissione immateriale di competenze specifiche e, insieme all’attività progettuale di questi laboratori, si è andato perdendo il loro impegno nella diffusione di progetti e idee sul territorio.

 

La vicenda degli Uffici Tecnici delle aziende italiane è qui ripercorsa con un’attenzione particolare al periodo che va dal 1950 al 1970, quando più intensa è stata l’attività di esportazione di progetti e idee e l’Ufficio Tecnico era luogo di produzione collettiva di nuove realtà sia per il territorio nazionale, oltre i terreni dell’azienda, sia per quello oltre confine.

 

Attraverso la ricostruzione della vicenda storica, il confronto con i testimoni diretti, la collezione di materiali d’archivio, ma soprattutto grazie a una lettura critica interdisciplinare, vengono restituiti in queste pagine la complessità del fenomeno e gli intrecci, insiti in queste strutture, tra progettazione dei luoghi del lavoro, politica ed economia. Il recupero di esperienze provenienti da un passato ciclo produttivo è quindi funzionale al ripensamento di possibili laboratori progettuali contemporanei, al rilancio di un impegno fattivo delle aziende nel territorio e alla riflessione sul ruolo dell’architetto.

 

Sara Marini, architetto, dottore di ricerca, è professore associato in Composizione architettonica e urbana presso l’Università Iuav di Venezia. È stata membro del team curatoriale della mostra “Re-cycle. Strategie per l’architettura, la città e l’ambiente” che si è tenuta presso il museo MAXXI di Roma (2011-2012). Co-direttore, con Alberto Bertagna, delle collane editoriali “In teoria” (Quodlibet, Macerata) e “Carte Blanche” (Bruno, Venezia). Principali pubblicazioni: Nuove terre. Architetture e paesaggi dello scarto (Quodlibet, 2010), Architettura parassita. Strategie di riciclaggio della città (Quodlibet, 2008); con Alberto Bertagna, In teoria. Assenze, collezioni, angeli (Quodlibet, 2012), The Landscape of Waste (Skira, 2011).

 

Vincenzo Santangelo, architetto, dottore di ricerca, ha conseguito il dottorato internazionale Quality of Design coordinato dall’Università Iuav di Venezia con una tesi sulle opere pubbliche interrotte nel territorio italiano. Attualmente è assegnista presso l’Università Iuav sul tema del recycle, all’interno del PRIN “Re-cycle Italy”. Ha svolto attività di didattica e di tutoraggio presso diverse università italiane e straniere e all’interno di workshop nazionali e internazionali. Ha partecipato a progetti di ricerca, a concorsi e mostre di progettazione.

 

 

Rappresentazioni alle soglie del vuoto

Estetiche della sparizione

 

a cura di

Agostino De Rosa e Giuseppe D’Acunto

 

pp. 280, ill. bn e colore

euro 23,00

isbn 978-88-7115-857-0

 

Il Poligrafo, giugno 2014

 

 

Il tema dell’immagine nella cultura occidentale è centrale sin da epoche remote: il cardine prospettico e l’esigenza del realismo visivo hanno permeato di sé secoli di produzione iconografica, stabilendo un canone cui l’artista – e più in generale colui che rappresenta – si è sentito vincolato.

 

Ma l’immagine così costruita riesce ad assumere, nel complesso arco della storia della rappresentazione, un particolare significato obliquo quando si pone in una condizione liminare, in cui non sempre appare chiaramente il suo significato: scatenando meccanismi associativi, suscitando rimandi all’altro da sé, essa riesce a condurci in prossimità di una soglia oltre la quale compare epifanicamente il perturbante.

 

Fruizioni stenopeiche, deformazioni improvvise, viraggi cromatici o semplicemente riduzioni “ad arte” di alcuni elementi di riconoscibilità ottica stravolgono la narrazione lineare e continua, associabile criticamente alla prospettiva, introducendo uno iato fruitivo e percettivo che consente di scardinarne il senso.

 

Su questo gap semantico si misurano gli interventi raccolti in questo volume: da osservatori disciplinari diversificati, gli autori offrono spunti di riflessione che spaziano dall’uso della prospettiva nell’opera di Duchamp, alla dimensione immaginativa e percettiva dell’immagine; dal ruolo che assenza e ombra giocano come elementi attivi nell’opera di Jorge Oteiza e di Claudio Parmiggiani, all’estetica della sparizione nella land art contemporanea; dall’idea di percorso mistico nella luce, per concludersi con un esame critico sullo statuto delle depravazioni prospettiche e sulla natura liminale del vuoto nella cultura estremo-orientale.

 

 

Agostino De Rosa (Bari 1963), architetto, professore ordinario, insegna Laboratorio di Rappresentazione, Teoria e storia dei metodi di rappresentazione e Disegno presso l’Università Iuav di Venezia.

Tra i suoi libri più recenti Jean François Niceron. Prospettiva, catottrica e magia artificiale  (Roma 2013 ). Collabora con diversi artisti, tra i quali James Turrell e John Luther Adams. È coordinatore scientifico del gruppo di ricerca “Imago rerum” dell’Università Iuav di Venezia.

 

Giuseppe D’Acunto  (Salerno 1973), architetto, professore associato, insegna Disegno e Rilievo dell’architettura presso l’Università Iuav di Venezia e Laboratorio di Rappresentazione presso la Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano.

È autore di diversi saggi e monografie sui temi della rappresentazione e della storia dei metodi della rappresentazione. Ha curato diversi convegni e mostre in collaborazione con il gruppo di ricerca “Imago rerum” dell’Università Iuav di Venezia.

 

 

 

Jessica Gritti

Echi albertiani.

Chiese a navata unica nella cultura architettonica della Lombardia sforzesca

 

pp. 460, ill. bn

euro 25,00

isbn 978-88-7115-839-6

 

Il Poligrafo, marzo 2014

 

 

La chiesa di Sant’Andrea di Mantova ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione in area lombarda del linguaggio architettonico di Leon Battista Alberti, divenendo polo di significativa attrazione culturale per i territori limitrofi. Un riconoscimento unilaterale del magistero albertiano rischia tuttavia di occultare l’intrinseca ricchezza della cultura lombarda, nell’ambito della quale si stratificarono novità di rilievo già nel corso del XV secolo.

 

L’analisi di un piccolo gruppo di chiese edificate in territorio lombardo tra la seconda metà del XV secolo e il primo decennio del Cinquecento – lette in passato come testimonianze esemplari della “fortuna” del Sant’Andrea di Mantova, in virtù dell’impianto comune a navata unica – permette di riconoscere un linguaggio aperto a suggestioni e innovazioni eterogenee, consentendo una più ampia riflessione sul carattere variegato della cultura architettonica del ducato sforzesco.

 

Le chiese di San Sigismondo di Cremona, di Santa Maria Assunta di Maguzzano, di Santa Maria delle Grazie di Soncino e di Santa Maria delle Grazie di Castelnuovo Fogliani, edifici monastici situati al di fuori dei centri maggiori, sono qui contestualizzate e analizzate all’interno del panorama architettonico della loro epoca, guardando alla varietà di soluzioni e modelli di riferimento, al rapporto con la tradizione autoctona e con quelle istanze ereditate da Filarete, Alberti e Bramante che rappresentano una componente costitutiva del linguaggio architettonico del secondo Quattrocento lombardo.

 

Jessica Gritti, laureata in Lettere Moderne e specializzata in Storia dell’arte (Università Cattolica, Milano), è dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica (Università Iuav di Venezia, 2008) e svolge attività di ricerca e didattica presso diverse università, tra cui il Politecnico di Milano e l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le sue ricerche sono rivolte alla storia dell’architettura, con particolare attenzione al periodo fra XV e XVI secolo.

Ha pubblicato diversi contributi sull’architettura cremonese del Quattrocento, i modelli dall’antico, la plastica decorativa e i disegni di architettura; dal 2011 collabora alla realizzazione del Corpus dei disegni di architettura del Duomo di Milano.

 

 

Roberto Burle Marx

Verso un moderno paesaggio tropicale

 

a cura di

Barbara Boifava e Matteo D’Ambros

 

pp. 256, ill. bn e colori

euro 23,00

isbn 978-88-7115-834-1

 

Il Poligrafo, marzo 2014

 

 

Roberto Burle Marx (São Paulo 1909–Rio de Janeiro 1994) può essere considerato

uno dei maggiori esponenti del movimento artistico brasiliano del Novecento, rappresentante di quell’architettura del paesaggio che era anche peculiare espressione di un’arte globale.

 

I suoi progetti e le sue realizzazioni muovono da un’originale interpretazione della natura tropicale, inserendosi all’interno di una prospettiva di forte rinnovamento nella costruzione dell’architettura del giardino e di una nuova coscienza del paesaggio. Autore di oltre mille progetti nel suo paese e in diverse parti del mondo, Burle Marx mette in scena, attraverso una singolare capacità espressiva, una moderna estetica del paesaggio.

 

Profondamente radicata nella realtà brasiliana, la sua intensa attività multidisciplinare viene indagata in queste pagine da studiosi europei e brasiliani: un itinerario che si compie tra forme, colori, tessiture del giardino e dominio paesaggistico della città, tra la scala minore di un’estetica pittoresca, associata a un impiego rigoroso delle essenze autoctone, e la grande scala di un parksystem teso a ridefinire la nozione stessa di spazio pubblico e l’identità urbana. Un programma ambizioso, che si estende fino a comprendere la dimensione visionaria di un progetto territoriale ideato in virtù di processi ecologici per la difesa del paesaggio e dell’ambiente.

 

Barbara Boifava  si è laureata in architettura presso l’Università Iuav di Venezia, dove ha conseguito il dottorato in Storia dell’architettura e dell’urbanistica e dove attualmente insegna e svolge attività di ricerca. All’interesse per la cultura architettonica francese del XIX  secolo, affianca da sempre lo studio della storia del paesaggio. Da alcuni anni le sue ricerche sono concentrate sull’opera di Roberto Burle Marx e sul rapporto tra paesaggio e città contemporanea.

 

Matteo D’Ambros  ha studiato architettura alla Technische Universität di Dresda e all’Università Iuav di Venezia, dove ha conseguito il dottorato in Urbanistica e svolge attività didattica e di ricerca. I suoi studi si collocano all’interno del dibattito disciplinare su città e territorio, con particolare attenzione all’indagine delle trasformazioni urbane in Brasile e Germania.